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Il libro: Leggendo le prime battute del romanzo il lettore ha la sensazione di trovarsi immerso nel racconto di una grande storia d’amore, di quelle belle e struggenti, dove due anime, che sanno di appartenersi da sempre, riescono sempre e solo a sfiorarsi. La realtà però è ben diversa. Su queste anime pesa un giogo, folle e crudele, inflitto non dal destino, come avviene nel più classico dei casi, ma dall’uomo. I protagonisti del romanzo, infatti, non sono venuti al mondo per caso, la loro vita ha uno scopo ben preciso e niente potrà deviare il percorso che devono percorrere. Kate, Ruth e Tommy sono cresciuti a Hailsham, un mondo evanescente e incantato, dove gli studenti venivano istruiti sugli usi e costumi del mondo contemporaneo, sul sesso e sulla natura dei rapporti umani. Hailsham, quindi, ci viene presentata come una scuola che preparava i suoi studenti ad affrontare il mondo e che cercava di istruirli senza la pretesa di farli troppo indugiare nella meravigliosa età dell’oro dell’infanzia, preparandoli quindi al meglio alla loro entrata nel “mondo”. Ma a mano mano che lo scrittore ci trascina nel vorticoso ritmo della storia ci rendiamo conto che Kate, Ruth e Tommy non sono altro che ombre, che si affacciano in punta di piedi sulla soglia della vita. La loro storia ci viene raccontata da una Kate ormai trentenne, che prima di iniziare il suo ciclo, ha deciso di rivivere l’unica vera cosa che ha e che nessuno le potrà mai portare via: i ricordi. Attraverso i suoi ricordi, quindi, impariamo a conoscere anche Ruth, Tommy e tutti gli abitanti di quel piccolo mondo. Il mondo che ci racconta Kate è fatto d’amore, amicizia e segreti, sussurrati la notte prima di dormire all’amica del cuore, ma sul quale pesa un giogo crudele. I nostri protagonisti, infatti, sono creature, concepite e create per l’uomo e lo stesso “mondo” che gli ha infuso la vita cerca di dimenticarle, perché non ritiene che abbiamo lo stesso diritto e la stessa dignità nel vivere, che i loro creatori credono ampiamente di possedere. “Non lasciarmi”, quindi, è un romanzo estremamente e, oserei dire, paurosamente visionario, ma grazie alla delicatezza dello scrittore il lettore non sarà mai attraversato da un senso di inquietudine, o peggio di disgusto durante la lettura, cosa che invece accade con il film.
Il film: Il regista Mark Romanek ha cercato di trasportare le atmosfere e la delicatezza di Ishiguro all’interno del suo film, ma a mio modesto parere, non è riuscito nell’intento. L’atmosfera rarefatta e asfissiante che si respira nel film, la recitazione affettata dei protagonisti (Keira Knightley, Carey Mulligan e Andrew Garflield), ma soprattutto il trucco e il parrucco, che rimandano più all’atmosfera di un campo di concentramento che a quella di un collegio, hanno il solo merito di aver allontanato lo spettatore della delicatezza del libro. Il film, visto senza aver letto il libro, è meritevole, ma chi approda al film dopo aver letto il libro non potrà dirsi pienamente soddisfatto. Romanek dimostra di aver capito il messaggio di Ishiguro, ma sceglie di rappresentarlo in modo troppo forzato e rarefatto.
La bellezza dei libri di Ishiguro, infatti, sta nella dolcezza, nella delicatezza e in quella cum-patior che lo scrittore riesce a muovere nel lettore. Ishiguro, infatti, grazie alla sua doppia natura anglo-nipponica riesce a trattare i temi più svariati e controversi in modo estremamente elegante e discreto.Gli aspetti più controversi e i sentimenti più angoscianti non verranno mai taciuti, ma verranno stillati pian piano nell’animo del lettore, che difficilmente lascerà andare tutte le emozioni che questo autore riesce a muovere in lui. In “Non Lasciarmi” Ishiguro, attraverso una storia paurosamente visionaria, ha cercato di dirci che anche se tendiamo spesso a negarlo, siamo tutti venuti al mondo per compiere un ciclo e che nonostante il fatto che sappiamo perfettamente come andrà a finire contiamo sempre sulla remota speranza di poter chiedere una proroga, un rinvio. Kate, Ruth e Tommy hanno sperimentato ciò vivendo da ombre, ma la loro situazione non è diversa dalla nostra. Alla fine del nostro ciclo, sia che abbiamo vissuto in attesa che si compisse, sia che abbiamo vissuto nell’ossessione di esorcizzarlo, ci ritroveremo ad avere un solo ed unico rimpianto: quello di non aver vissuto abbastanza. E voi? Cosa ne pensate?Alla prossimaDiana
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