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È finito (o quasi) il festival Dal Mississippi al Po, ed è finito con il botto. Devo dire che il fatto di averlo spostato dalla città al paese di Travo, Valtrebbia, ha giovato moltissimo, ma forse io sono di parte perché da quattro anni mi sono spostato a vivere a Woodstock, Valtrebbia, e così ce l'avevo a un pugno di chilometri. Però un palco con i controfiocchi in mezzo ad una piazza così bella, con gli alberi colorati dalle luci sullo sfondo, ed un pubblico sempre numeroso ed attento, non capitato per caso, beh, è stato un gran bel vedere.
Quando un anno fa correggevo le bozze del mio "Long Playing, una storia del rock", non avrei mai immaginato di presentare il mitico Joe Boyd, a cui ho dedicato tanto spazio sul libro da considerare per un momento di intitolargli un capitolo, su un palco a qualche chilometro dalla mia big pink.
Di più: con Eleonora Bagarotti ed il regista Francesco Paladino (che ha diretto il film sul festival, che a breve sarà a disposizione del pubblico) abbiamo girato qualche ora di intervista in un posto davvero bucolico. Di sicuro ne salterà fuori un film, vedremo in che modo... Un pomeriggio tanto intenso e piacevole, quando Joe ha preso il volo e ha cominciato a raccontare con evidente piacere, che non è stato possibile purtroppo replicarlo alla sera di fronte al pubblico della piazza, per il poco tempo a disposizione e l'eccesso di invitati sul palco, tanto che ne è purtroppo risultato un racconto più ingessato ed accademico di quello invece assolutamente divertente del pomeriggio.
Quando si imparerà a trattare il blues senza maiuscole, per capire che alla fin fine è per divertimento che si suona e si ascolta? It's only Rock n Roll, but I like it!
Dei tanti musicisti che si sono alternati sul palco nelle tre serate (compresi i Nine Below Zero), il mio Blue Award va di certo a quelli dell'ultimo spettacolo.
Primo premio al grandissimo James "Super Chickan" Johnson, formidabile chitarrista nero del Mississippi, uno che di sicuro ha firmato un contratto con un big boss ad un crocevia dalle sue parti. Di un campionato differente da qualsiasi altro chitarrista del festival, eppure così modesto e disponibile, ben accompagnato dal gruppo di Davide Speranza. Un vero peccato (mortale) che i Brotherhood non lo abbiano invitato sul palco per una jam, ma chissà, forse era in programma.
Secondo premio (quasi a pari merito) al magnetico Cyril Neville, un personaggio di una bellezza unica, scuro come il diavolo e con un'espressione pericolosa, un duro abbigliato con tutti i colori dell'arcobaleno. Cyril, che ha personalità da vendere, è il frontman dei Royal Southern Brotherhood, un supergruppo di cui fanno parte anche Devon Allman, figlio del grande Gregg e nipote di Duane, del quale suona la Gibson elettrica color oro (ma ancora meglio una Fender Stratocaster), e il chitarrista Mike Zito. I Royal (di cui è imperdibile il disco appena uscito, intitolato heartsoulblood) sono una gran bella band, un cross over del sud fra i suoni di Santana, Traffic e Skynyrd, tanto per capirci. Da come la vedo io il fatto di essere un supergruppo è quasi un limite, perché l'equilibrio scivola via via su ognuno dei membri, quando i miei occhi erano tutti per Cyril, che a talento non ha rivali nella formazione. Ma in effetti la mia è un'osservazione ingiusta e da incontentabile, perché non si trattava di uno show dei Neville Brothers ma dei RSB. Più di così non si poteva chiedere. O forse sì, si sarebbe potuto chiedere che non piovesse, mentre più o meno al quinto pezzo (se la memoria non mi inganna) è arrivata una vera tempesta tropicale, con acqua a secchiate che non si è fatta mancare neanche un tappeto di grandine, probabile effetto della collisione fra l'umidità della Louisiana e il vento della Valtrebbia.
Non abbiamo potuto godere di tutto il concerto e non abbiamo potuto scoprire cosa il bis teneva in serbo per noi, ma, come si dice, che c'è di più romantico del fiore che non colsi, della voglia insoddisfatta che rimane dentro?
Ringraziamo il big boss (al crocevia) per tutta la musica che ha voluto portarci proprio sotto casa.
PS: quello che mi è dispiaciuto di più è stato di non aver avuto l'opportunità di conoscere di persona Cyril, Devon e gli altri. Dopo aver mancato l'appuntamento con l'intervista per il film, io & Eleonora non abbiamo voluto disturbare il gruppo durante il sound check né a tavola, sicuri che avremmo avuto modo di farlo dopo lo show. L'unica frase che mi è scappata, "You guys are wonderful", mi è sgorgata dal cuore tanto erano splendidi ed evidentemente fuori posto con i loro colori sgargianti, i cappelli, le giacche ed i gilet da sudisti... Cyril non ha neppure alzato gli occhi dal piatto (ma in effetti non mi ha neanche accoltellato...)
Poi la grandine ha lavato ogni ulteriore opportunità. Ci sarà una prossima volta.
Seba Pezzani, chi ci porti l'anno prossimo?
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