In questi giorni, coloro stessi che hanno incoraggiato il sedicente Stato Islamico a distruggere con i mezzi più barbari la Libia di Gheddafi e la Siria di Assad (due paesi di orientamento laico e all'insegna della tolleranza religiosa), ora sfruttano l'indignazione suscitata dall'attacco terroristico di Parigi per scatenare una crociata, essa stessa fondamentalista, contro il mondo arabo e islamico. In questo quadro si colloca la celebrazione e santificazione di Oriana Fallaci, i cui argomenti non fanno altro che rivolgere contro il mondo arabo e islamico gli argomenti classici dell'antisemitismo anti-ebraico.Già alcuni anni prima dell'11 settembre un autore statunitense di dichiarato orientamento conservatore, Samuel Huntington, era costretto a riconoscere:
"In Europa occidentale, l'antisemitismo verso gli ebrei è stato in larga parte soppiantato dall'antisemitismo verso gli arabi".
Sull'islamofobia ovvero sull'"antisemitismo verso gli arabi" della Fallaci riprendo un paragrafo dal mio libro Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana, Laterza (DL).
"In Europa occidentale, l'antisemitismo verso gli ebrei è stato in larga parte soppiantato dall'antisemitismo verso gli arabi" (Samuel P. Huntington)
L'odierna campagna anti-araba e islamofoba individua già nel Corano le radici dei misfatti addebitati all'odierno radicalismo islamico. Vale la pena allora di riflettere su un testo classico di uno dei più famigerati antisemiti (Theodor Fritsch): Le mie prove contro Jahvé. Al posto di Jahvé è ai giorni nostri subentrato Allah! Diamo la parola alla Fallaci: "Allah non ha nulla a che fare col Dio del Cristianesimo. Nulla. Non è un Dio buono, non è un Dio Padre. E' un Dio cattivo [...]. E non insegna ad amare: insegna a odiare". E ora apriamo il capitolo secondo del "classico" appena citato dell'antisemitismo. Balza subito agli occhi il titolo: "La crudeltà e la misantropia di Jahvé"! A dimostrare queste caratteristiche provvederebbe la sorte dall'Antico Testamento riservata agli abitanti di Canaan, sterminati al fine di far posto al popolo eletto. La conclusione è chiara: "lo spirito della vendetta e dell'odio", proprio dell'ebraismo, è in irrimediabile contrasto con "lo spirito della mitezza e della bontà", proprio del cristianesimo.
Ma vediamo come si sviluppa ulteriormente la requisitoria ai giorni nostri pronunciata contro Allah, questo "Dio Padrone": "Gli esseri umani non li tratta come figli. Li tratta come sudditi, come schiavi [...] Non insegna ad essere liberi: insegna a ubbidire". E di nuovo ci imbattiamo nella ripresa in senso anti-arabo e anti-islamico di un tema centrale dell'antisemitismo propriamente detto, che con Dühring rimprovera all'ebraismo di rappresentare Dio solo come "signoria", dinanzi alla quale al fedele non resta altro che assumere un "atteggiamento sottomesso". Il culto di Jahvé produce un "uomo servile per natura", il quale si prosterna tremebondo ad "un signore arbitrario"; il risultato è una "servitù teologicamente consacrata" ( göttliche Knechtschaft). In conclusione, l'ebraismo è "una religione servile", che ispira una "morale servile" e che non conosce "uomini liberi".
Sul banco degli imputati Allah ha preso il posto di Jahvé, ma per il resto non si notano grandi differenze. "Se questo Corano è tanto giusto e fraterno e pacifico, come la mettiamo con la storia dell'Occhio-per-Occhio-e-Dente-per-Dente?" - si chiede con appassionata retorica Oriana Fallaci, che ignora però di plagiare Marr: "'Occhio per occhio, dente per dente', afferma la religione di Jahvé". La portabandiera dell'odierna islamofobia si rivela meno informata del patriarca dell'antisemitismo: la legge del taglione il Corano la desume, in forma forse indebolita, da un testo sacro all'Occidente ebraico-cristiano, e cioè dall'Antico Testamento, dov'essa ricorre insistentemente: "vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, ustione per ustione, ferita per ferita, lividura per lividura" (Esodo, XXI, 23-5; cfr. anche Levitico, XXIV, 19-20; Deuteronomio, XIX, 21).
Così anche per la "guerra santa". L'Antico Testamento celebra le "guerre del Signore" (1 Samuele, XVIII, 17; XXV, 28; Numeri, XXI, 14). Il motivo, che oggi viene spesso evocato per mettere in stato d'accusa il mondo arabo e islamico, è stato a lungo agitato contro gli ebrei ad opera dell'antisemitismo propriamente detto. Riportando e sottoscrivendo il testo di un altro esponente di primo piano dell'antisemitismo tedesco (Adolf Wahrmund), Theodor Fritsch vede nell'ebraismo collocato in Occidente un esercito nemico pronto a condurre "la guerra santa" contro gli stessi popoli che lo ospitano.
La religione impedisce ai seguaci di Maometto di accettare lo Stato laico e moderno: è il cavallo di battaglia dell'odierna islamofobia: lo ritroviamo, con qualche variante, nei "classici" dell'antisemitismo. In Dühring possiamo leggere: come può lo Stato moderno, fondato sul principio dell'"uguaglianza", essere accettato lealmente da coloro che si considerano "gli eletti", ovvero "l'aristocrazia dell'umanità voluta da Dio"? Come possono i fedeli di una religione tutta attraversata dalla dicotomia popolo eletto/gentili obbedire con lealtà e sincerità alle autorità del paese in cui vivono e riconoscere realmente come loro concittadini i suoi abitanti? Ovvero, per dirla con Marr: l'"ebraismo" ha il torto di rivendicare "la partecipazione politica egualitaria alla legislazione e amministrazione di quello Stato che esso nega teocraticamente". Quest'ultimo termine ci fa sobbalzare. Ai giorni nostri non si contano le denunce contro la funesta teocrazia, che impedirebbe ad arabi ed islamici di comprendere le ragioni della modernità e della laicità. E di nuovo obbligata è la lettura di Dühring: per gli ebrei "la religione è tutto", ed essi sono ossessionati dal "culto della teocrazia", dall'"idolo di una teocrazia". Sì - incalza Marr - a caratterizzare il giudaismo è il " fanatismo teocratico" ovvero il " fanatismo veterotestamentario della religione di Jahvé".
Ci imbattiamo in un sostantivo che ci dà da pensare. Oggi, è divenuto una sorta di sport popolare denunciare l'intolleranza e il fanatismo del mondo arabo e islamico. Nulla di nuovo sotto il sole! Oltre a Marr conviene rileggere Dühring: "il maomettanesimo, e ancor più il giudaismo, deve opprimere o essere oppresso, non c'è una terza possibilità"; solo se rinnegassero se stesse, le due religioni "potrebbero essere tolleranti sul serio". Ed ora diamo la parola a Chamberlain: estranei alla modernità, i semiti non sono in grado di apprezzare l'idea di tolleranza cara ai "popoli indo-europei"; dove incontriamo "il divieto della libertà di pensiero, il principio dell'intolleranza nei confronti delle altre religioni, il fanatismo infuocato", possiamo esser certi che abbiamo a che fare con idee o stirpi semitiche (che si tratti degli ebrei o degli arabi). In modo analogo argomentano i circoli antisemiti inglesi i quali, subito dopo la rivoluzione d'ottobre, la spiegano con lo scatenarsi contro la Russia cristiana di un "fanatismo ebraico" così esaltato, da trovare paralleli solo tra "le sette più radicali dell'islam". Siamo in presenza di un motivo che, con lo sguardo ovviamente rivolto in primo luogo all'ebraismo, diviene in Hitler la chiave di lettura della storia universale. Sì, l'"impazienza fanatica" esprime l'"essenza giudaica": bisogna "dolorosamente prendere atto che nel mondo antico, molto più libero, il terrore spirituale è sopraggiunto con l'avvento del cristianesimo", esso stesso ebraico; d'altro canto, il fanatismo ebraico continua a manifestarsi con il marxismo e il socialismo.
In sintesi. La "tolleranza ariana" che Chamberlain contrapponeva all'"intolleranza semitica" è divenuta oggi la tolleranza occidentale che celebra i suoi trionfi sull'intolleranza islamica!