Dal Regno Unito due nuovi esempi di laicità contro le pretese religiose.

Creato il 26 dicembre 2013 da Cagliostro @Cagliostro1743

“Tempi duri” per quei cristiani che vorrebbero far prevalere il loro sentimento religioso sopra ogni altro diritto.
Nel Regno Unito la battista Celestina Mba era stata licenziata a causa del suo rifiuto di lavorare la domenica. La donna, opponendosi al licenziamento, aveva portato il suo datore di lavoro, un’organizzazione che offre assistenza 24 ore su 24 a bambini disabili, in tribunale ma questo aveva respinto le sue richieste. Celestina Mba non si è arresa ed è ricorsa alla Corte d’Appello sostenendo che, in base alla sua religione, non avrebbe dovuto lavorare di domenica in modo da poter rispettare il quarto comandamento della Bibbia che prevede di dedicare la domenica al riposo.
Pur di non lavorare la domenica Celestina Mba ha detto al tribunale che sarebbe stata disponibile ad essere attiva nei turni di notte ed il sabato o avrebbe accettato uno stipendio inferiore. Ha inoltre sostenuto che il suo datore di lavoro non avrebbe trattato persone di altre religioni così come tratta i cristiani e che la sua fede cristiana non era stata rispettata.
Per questo motivo ha chiesto ai giudici della Corte d’Appello di ribaltare la precedente decisione del tribunale ma i giudici d’appello non hanno accolto il suo ricorso.
L’organizzazione che offre cure ai ragazzi disabili ha sostenuto che – pur cercando di venire incontro alle esigenze dei dipendenti – non c’era nessuna alternativa  valida e che è loro dovere assicurare ai bambini disabili ed alle loro famiglie un costante anche durante i weekend.
Secondo Andrea Minichiello Williams, del Centro legale cristiano, che ha sostenuto la causa della donna battista, Celestina Mba era molto popolare e rispettata dai colleghi e teneva molto ai bambini e si è trovata a pagare un prezzo alto a causa della sua fede cristiana.
Così come riporta il Guardian il tribunale a cui, in prima istanza, si era rivolto Celestina Mba aveva sostenuto che la domenica non fosse una componente fondamentale della sua fede religiosa e per questo motivo la sua richiesta era stata respinta. La Corte d’Appello ha invece accettato che la domenica fosse una parte importante della sua fede religiosa: ciò nonostante la Corte ha rigettato la sua richiesta.
Questo riconoscimento è stato una parziale soddisfazione per Celestina Mba: «È una vittoria. I cristiani hanno diritto ad avere la domenica come un giorno dedicato al riposo. Ora pregheremo e vedremo cosa Dio vuole che facciamo. Stavano cercando di violare la mia fede e vedere se davvero credevo al giorno del Signore».
Terry Sanderson, presidente della National Secular Society, ha dichiarato: «La vittoria della signora Mba avrebbe potenzialmente portato il caos nei posti di lavoro con coloro di altre religioni che vorrebbero ugualmente il giorno libero. Le richieste su base religiosa dovrebbero essere accolte nei luoghi di lavoro solo dove siano possibili e giuste. I datori di lavoro dovrebbero essere in grado di rifiutare tali richieste laddove si impedirebbe l’efficienza o la produttività delle loro attività o dove si andrebbe a discriminare altri lavoratori in questioni come ad esempio le vacanze o il lavoro durante il fine settimana».

Sconfitta totale invece per i coniugi Hazelmary e Peter Bull già condannati a pagare 3.600 sterline per essersi rifiutati di concedere una camera matrimoniale a Martyn Hall e Steven Preddy, una coppia omosessuale unita in una unione civile, nel loro bed and breakfast: dopo la condanna al pagamento di un risarcimento, la coppia aveva fatto ricorso alla Corte Suprema ma anche questa ha respinto all’unanimità le loro istanze.
Come riporta il Guardian i coniugi Bulls, anche nella prenotazione online, mettevano a disposizione le camere matrimoniali solo a coppie eterosessuali regolarmente sposate.
I coniugi – come rivela Reuters – aveva provato a giustificarsi che stavano discriminando gli omosessuali solo “indirettamente” perché avrebbero rifiutato una stanza anche alle coppie eterosessuali non sposate. Questa motivazione è stata respinta dalla corte che ha fatto notare come la coppia gay fosse unita in una unione civile, una unione per le coppie dello stesso sesso riconosciute ai sensi del diritto britannico che conferisce diritti molto simili a quelli di cui godono le coppie sposate eterosessuali: «Il matrimonio e l’unione civile esistono entrambe per riconoscere ed incoraggiare lunghe relazioni stabili ed affidabili. Ora che finalmente le coppie dello stesso sesso possono instaurare un impegno reciproco che è l’equivalente del matrimonio, i fornitori di beni, strutture e servizi dovrebbero trattarli nello stesso modo», ha affermato il giudice.
I giudici della corte suprema hanno affermato il principio che – nonostante i coniugi Bulls avessero il diritto di manifestare la loro religione ai sensi della Convenzione europea dei diritti umani – era giustificato e proporzionato limitare tali diritti al fine di tutelare quelli altrui.
I coniugi Bull hanno detto che considerano qualsiasi sesso fuori dal matrimonio come un “peccato” e che la loro decisione è una «obiezione di coscienza basata sulla religione».
Lady Hale, vicepresidente della Corte Suprema, ha detto: «L’orientamento sessuale è una componente fondamentale dell’identità di una persona che necessità di essere realizzata attraverso relazioni con altre persone dello stesso orientamento. Agli omosessuali è stata a lungo negata la possibilità di realizzare se stessi attraverso i rapporti con gli altri. Questo è stato un affronto alla loro dignità di esseri umani che la nostra legge ora (alcuni direbbero in ritardo ) ha riconosciuto. Gli omosessuali possono godere della stessa libertà e delle stesse relazioni come tutti gli altri. Ma non dobbiamo sottovalutare l’eredità continua di quei secoli di discriminazioni, persecuzioni che è ancora in corso in molte parti del mondo».
Il giudice Hale ha precisato che non si trattava di sostituire l’oppressione legalizzata di una comunità con quella di un’altra: «Se il signor Preddy e il signor Hale avessero gestito un albergo che  si trovava a negare una camera doppia al signor ed alla signora Bull a causa della loro fede cristiana o a causa del loro orientamento sessuale, si troverebbero nella stessa situazione in cui ora si trovano i coniugi Bull».
I coniugi Bull si sono detti profondamente addolorati dalla decisione della Corte Suprema: «Siamo profondamente delusi e amareggiati dalla sentenza. Siamo semplicemente dei cristiani che credono nell’importanza del matrimonio come l’unione di un uomo e di una donna. Il nostro B&B non è solo il nostro business, è la nostra casa. Tutto quello che abbiamo provato a fare è di vivere secondo i nostri valori, sotto il nostro tetto. La Gran Bretagna dovrebbe essere un Paese di libertà e tolleranza, ma sembra che le credenze religiose debbano svolgere un ruolo di secondo piano rispetto alla nuova ortodossia della correttezza politica. Abbiamo fatto appello alla Corte Suprema per introdurre un po’ più di equilibrio quando si tratta di diritti in contrapposizione come l’orientamento sessuale e la libertà religiosa. In qualche modo dobbiamo trovare un modo per consentire a diverse opinioni di coesistere nella nostra società. Ma i giudici hanno eluso questo grosso problema e rafforzato l’idea che i diritti dei gay debbano prevalere su tutto il resto. Che cosa significa questo per le altre persone in Gran Bretagna che credono nel matrimonio tradizionale e non solo i cristiani, ma anche per musulmani, ebrei, persone di tutte le fedi e di nessuna fede?».
Questa notizia non è sfuggita all’agenzia cattolica di informazione Corrispondenza Romana che titola “In Inghilterra un nuovo caso di discriminazione cristiana”. Secondo Lupo Glori: «Questa nuova, triste ed allarmante, vicenda, conferma il clima di repressione e intolleranza nei confronti di coloro che, in nome del loro credo religioso, si oppongono alla dittatura omosessualista rivendicando l’unicità del matrimonio tra un uomo ed una donna».
Resta il dubbio se è preferibile una “anarchia religiosa” che si fonda su testi sacri validi per pochi ad una “dittatura omosessualista” basata su leggi e sentenze valide per tutti.


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