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Dal taccuino: lezione di teatro

Da Flavialtomonte

Taccuino, lì 2 marzo 2011

Non è poi così difficile da capire.
La scorsa settimana devo aver avuto Venere avversa.
Venere è la dea bendata, dell’Amore e – ogni tanto – anche della Fortuna. Ma Amore e Fortuna non saranno mica la stessa persona?
Ogni mercoledì e venerdì ho lezione a Teatro, ma la scorsa settimana – appunto – c’ho provato a dire “Ho lezione a Teatro” ma non appena ero lì lì a proferirlo tutti gli dei, Venere compresa, fuggivano ai ripari. Una pioggia impetuosa e torrenziale cominciava a battere sulle strade trasformandole in fango.
In questo caso Venere ama nascondersi. Ho detto “ama”. E molto probabilmente ama anche prendersi gioco di me. A volte, ama non amare. Ecco.
Il pullman che mi sta portando a Teatro mi fa scarabocchiare il taccuino, ma bene o male qualcosa capirò anche perché “Chi non capisce la sua scrittura è un asino di natura” ripeteva sempre la mia maestra di italiano delle elementari a quel mio compagno al primo banco. Spostato forzatamente tra i primi posti  perché “così – magari – segue più volentieri le lezioni…” Macché!
Delle volte però, altro che scarabocchi, con lo sgarbo del pullman traccio delle lettere da far invidia ai fonts del Word. Il problema è riprodurle nuovamente nella stessa forma e dello stesso colore.
Avete mai provato a scrivere come i giapponesi? Al contrario. Io no, ed onestamente non ne vedo il divertimento soprattutto per le mie mani che finirebbero per imbrattarsi del nero di una biro non cancellabile. D’altronde non posso lamentarmi del pullman. Dove lo trovo un altro con la fermata di fronte al Teatro?

Oggi Venere deve aver fatto un incantesimo d’effetto. Il sole riposa beatamente le sue braccia sull’asfalto, dove le mie scarpe poggiano a stento il peso del corpo.

La lezione di oggi mi ha divertito abbastanza per la moltitudine di caratteri da improvvisare. Credo che l’improvvisazione sia la forma più sana di teatro – e di spettacolo magari. Ci penso sempre a uno spettacolo totalmente improvvisato, senza trama né canovaccio. E ho capito che per arrivare a questo bisogna lavorare molto con sé stessi, ma specialmente con gli altri. Ascoltarsi.
George Bernard Shaw, scrittore e drammaturgo irlandese disse che “L’unico grosso problema nella comunicazione è l’illusione che sia avvenuta“, ma l’aforisma più brillante – per cui è anche conosciuto – è sicuramente quello che Robert Kennedy utilizzò come slogan per la propria campagna elettorale del 1968:
«Alcuni uomini vedono le cose così come sono e dicono: “Perché?”
Io sogno le cose come non sono mai state e dico: “Perché no?”»

Dal taccuino: lezione di teatro


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