Cambiamenti rapidi, crescita eccezionale all’Arvedi; molti si domandano, dopo incidenti gravi, se i macchinari sopportino un aumento di produzione così grande. La lettera di Gabriele Lazzari ha qualcosa di amaro e sereno al tempo stesso. L’aggiornamento dei dati di produzione dell’acciaieria, per autorizzare l’incremento di produzione, doveva essere discusso in una conferenza dei servizi in Provincia il 31 ottobre. E’ stato rinviato dopo un incendio.
L’acciaieria Arvedi è nata come sperimentale; un medio laboratorio di ricerca avanzato, per testare e perfezionare nuove idee, e allora solo teoriche tecnologie di lavorazione dell’acciaio. Per questo, inizialmente, fu definita tascabile. La sua produzione era adeguata al dimensionamento degli impianti, cavi elettrici compresi. Per diversi anni fece scuola: gli acquirenti dei brevetti venivano da tutto il mondo, a fare pratica di funzionamento. Poi cambiarono le esigenze, crebbe la necessità di triplicare la produzione, si aumentò il dimensionamento della struttura, delle siviere e quant’altro, sottoponendo a sovraccarico alcuni servizi, sottodimensionati, per il nuovo fabbisogno, diventando obsoleti. Risultato?… , bruciano i cavi, succedono gli incidenti, scoppiano i forni… , che altro ci dobbiamo aspettare? Leoni parla di sfortuna, io piuttosto, direi: colpa, presunzione, supponenza. La paura di perdere il lavoro se cade Arvedi, è un’altra cosa. Cremona era già tale prima di lui, e lo sarà anche dopo; il mio ex principale, prima di licenziarmi mi disse: “tutti sono necessari, … nessuno è indispensabile”. Arvedi poi, è tipo da non farsi molti scrupoli, se gli gira di lasciarti a casa; io ne so qualcosa. Se manca lui? Si farà come sempre, o come ho fatto io: dell’altro.
