Da qualche tempo circolano indiscrezioni in merito a una volontà dell’Unione europea di porre mano a una modifica dell’attuale regolamento sull’etichettatura dei vini, che supererebbe le denominazioni di origine locale dei prodotti, privilegiando la tipologia del vitigno. Una scelta di questo genere snaturerebbe decenni di promozione dei nostri prodotti agricoli, che si sono affermati nel mondo grazie alla loro qualità, ma soprattutto alla stretta connessione con il territorio.
Nelle scorse settimane ho chiesto un chiarimento in merito al Commissario all’Agricoltura Hogan, depositando una interrogazione a Bruxelles. Immaginare che in Lituania si possa produrre Barolo è un falso che non solo distruggerebbe una economia basata sul rapporto tra prodotto e territorio, ma genererebbe anche confusione nei consumatori.
Da sempre si parla di filiera corta, mentre questa scelta vanificherebbe il lavoro degli agricoltori a favore dell’industria e, di fatto, ci esporrebbe a una concorrenza mondiale, in cui l’imitazione dei nostri prodotti distruggerebbe l’identità stessa del made in Italy. Senza contare la profonda incongruenza con tutte le politiche che l’Europa ha sempre sostenuto con le Dop e le Igp, proprio per certificare la provenienza territoriale dei prodotti agricoli. Ho già segnalato i gravi rischi di questa ipotesi anche al presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue, Siekierski, e al presidente dell’Intergruppo Vino, Dorfmann.
In queste ore, invece, incontrerò il presidente del Partito Popolare Europeo Daul, il quale tra l’altro è un agricoltore: credo sia fondamentale che il primo partito d’Europa, lo stesso di appartenenza del commissario Hogan, prenda su questa vicenda una posizione chiara. Attenzione: ad oggi si tratta solo di indiscrezioni, che anche dovessero mai essere confermate, dovrebbero comunque passare prima al vaglio della Commissione Agricoltura di cui faccio parte e poi del Parlamento Ue. Quindi abbiamo tutti gli strumenti per bloccare questa follia. Non dobbiamo però perdere tempo ed essere compatti. In gioco non c’è solo il settore agricolo, estremamente importante per la nostra economia, ma anche tutto il filone del turismo enogastronomico che da esso scaturisce. Aver collegato i prodotti ai territori, in modo inscindibile, ha fatto sì che diventassero meta di un turismo che alimenta il tessuto economico. Di cui non possiamo più fare a meno.