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Dall’homo sapiens all’homo degeneres

Creato il 21 agosto 2014 da Indian

Lezioni condivise 91 – Sulle origini della sinistra europea

Il socialismo è un’idea che è sempre stata nella mente degli uomini giusti, che si è evoluta con il tempo, sviluppandosi nei modi più svariati e con i nomi più vari, con più o meno fortuna. Marx non fu un inventore e il socialismo non è una scienza, è un’idea giusta che spesso ha avuto a che fare con uomini sbagliati. Ciò condanna gli uomini non l’idea. Non entriamo neppure, dunque, nei sentieri nefasti dell’anticomunismo e dei boia del socialismo (compresi quelli che hanno contribuito a screditarlo usurpandone il nome).

Quando dico socialismo, intendo nello stesso tempo comunismo, due fasi di uno stesso processo, utopistico solo perché l’evoluzione dell’homo sapiens ha preso due strade diverse: accanto a quella che ha per modelli un Gesù, un Francesco d’Assisi, un Marx, un Che, per intenderci, quell’altra purtroppo maggioritaria che ha per modelli Hitler, Stalin, i Bush, Netanyahu e tanti altri ancora, con tutto il bailamme che sta nel mezzo. Non me la prenderò mai con l’idea giusta, ma con la degenerazione del genere homo; non abbandonerò l’idea giusta, ma combatterò con i miei mezzi contro chi la osteggia: i fascismi, il capitalismo, la disuguaglianza, la violenza, gli armamenti e le guerre, l’inquinamento della terra…

Certo, l’idea socialista, passa attraverso complesse fasi, relative prevalentemente ad avanguardie, piccole comunità, e trova seguito di massa quando allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, si unisce la crescente consapevolezza degli sfruttati: dal forte impulso della Rivoluzione francese, alla nascita del movimento operaio a inizio Ottocento; ma c’erano già arrivati Platone, i Millenaristi (Sancta Nichilitate), Tommaso Moro, i Quaccheri, i Levellers e tanti altri, fino alle prime conquiste elementari come il suffragio universale, i monti di soccorso, le casse mutue, il diritto di sciopero, condizioni di lavoro più umane.

Base del socialismo è l’uguaglianza e la comunione dei beni tra tutti, ed è noto che la speculazione su questi principi elementari per la vita del genere umano ha portato i dittatori a far vivere negli agi una minoranza di favoriti e rendere il popolo “uguale” nella miseria e nell’oppressione. I seguaci di questi dittatori usano i loro stessi misfatti per infangare il socialismo.

Per approfondimenti cito i nomi di alcuni socialisti moderni: Robert Owen, Claude Henri de Rouvroy (Saint-Simon), Charles Fourier, Pierre-Joseph Proudhon, Alexander Herzen, Louis Blanc, Ferdinand Lassalle…

La classe operaia si era posta l’obiettivo di produrre senza sfruttamento, obiettivo generalmente fallito, perché alla base del profitto c’è l’homo degeneres

Le teorie marxiste, come qualsiasi buon insegnamento, possono non essere esenti da errori, specie quando non trovano nel procedere del tempo e della storia innovatori all’altezza, infatti gli errori sono soprattutto dei suoi interpreti e/o dei suoi mistificatori. Marx ed Engels, fosse per strategia a meno, alla fine ripudiarono la violenza, aspetto non colto da Lenin, benché la Rivoluzione russa non sia stata particolarmente cruenta, ma lo è stata la sua deriva stalinista, e ci vuole una bella faccia tosta a definirla socialista, idem dicasi per altre dittature che usurpano quel nome ancora oggi. Insomma non basta darsi il nome per essere davvero socialisti.

L’Associazione internazionale dei lavoratori (prima internazionale), anarchica, operò in un momento in cui la storia era ancora eurocentrica (Zenith of european power, 1840 – 1890), un’Europa ancora in via di industrializzazione e in rapida trasformazione. Si ebbe alla fine di questo periodo la prima di tante divisioni del movimento operaio, quella della Seconda internazionale 1889 (socialista). Le divisioni non hanno mai giovato all’idea.

Gli anarchici (Proudhon, Bakunin), che agli albori del movimento erano maggioritari, ritenevano, non a torto, che lo stato sociale fosse talmente compromesso da non poter essere emendato; teorizzavano così l’abbattimento dello stato (come nazione e organizzazione capitalista) affinché nascesse una umanità nuova, per questo si opponevano all’organizzazione in partiti e alla politica parlamentare. Essi crebbero particolarmente nei paesi latini e diffusero l’anarcosindacalismo.

Un’altra forma di Socialismo libertario e radicale fu quello teorizzato da Jean Jaques Rousseau, che sosteneva la fondazione di piccole comunità socialiste indipendenti, unite da patto federativo.

A metà Ottocento attivisti emergenti considerarono che il socialismo potesse raggiungersi attraverso la via democratica, in parlamento; non necessariamente marxisti, si rivolgevano anche alla borghesia, distanti dal radicalismo e dai suoi simboli.

Tra questi la Fabian Society – 1884 – con esponenti come George Bernard Shaw, Virginia Woolf, Charlotte Wilson, Emmeline Pankhurst, Annie Besant, Beatrice Potter, Wepp Morris.

Citazione merita anche l’individualismo utilitarista di Jonathan Bentham e John Stuart Mill, una forma di socialismo che tiene in grande considerazione le libertà individuali, care al movimento anarchico. Le azioni dovevano essere improntate a moralità e conseguire il benessere e la felicità collettiva senza causare l’infelicità di alcuno, eventualmente sacrificandone il necessario per il bene di tutti gli esseri umani, tenuto conto che il sacrificio non è un bene, semmai una necessità. Tesi vicine al positivismo quanto agli ideali socialisti.

Il socialismo democratico esplicava la sua azione soprattutto in ambito sociologico ed economico. Prima del revisionismo, della compromissione con ambienti reazionari e soprattutto corrotti, i socialdemocratici credevano in uno stato socialista che mantenesse la proprietà privata ed esercitasse un controllo democratico della ricchezza, con il settore produttivo guidato da esperti. Il socialismo rappresentava idealmente una meta da raggiungere a lungo termine (gradualismo), un’evoluzione della democrazia che avrebbe portato a un progressivo miglioramento dell’economia e dell’uomo: più benessere collettivo, maggiore buon senso.

Un’altra concezione della grande famiglia socialista, e neppure tanto trascurabile, era portata dal cosiddetto Socialismo cristiano, sviluppato in Inghilterra, Francia e Germania, ma anche in Italia, sebbene la presenza di papi conservatori e restauratori non lo favorisse (a papa Francesco, invece, il merito di aver affermato che essere definiti marxisti – riferito a se stesso – non è un’offesa; dovrebbe però chiarire cosa accadde in Argentina durante la dittatura di Videla e promuovere una vera riforma della chiesa per liberarla dalle sovrastrutture che la tengono lontana anni luce dal Vangelo). Gli ispiratori, oltre a quelli, evidentemente storici, dai Vangeli a Francesco d’Assisi e i fraticelli spirituali, sono generalmente considerati John Ludlow, Charles Kingsley e Frederick Maurice (1848). In Belgio, furono i S.C. a dare la spinta decisiva per l’indipendenza dalla Francia.

Essi ponevano l’accento sul messaggio del Vangelo, sul suo messaggio etico sociale: per la cooperazione, fratellanza, spirito di sacrificio, solidarietà.

Riporto un elenco non esaustivo di esponenti S.C., per chi volesse esercitarsi in una sorta di mantra, alla Battiato. Ho aggiunto tre donne come viva testimonianza di tutte le altre che meriterebbero di essere citate, avendo sempre lavorato all’ombra di qualcuno. Se vi esercitate nella chiama, abbiate cura di aggiungere gli altri nomi appropriati già citati nell’articolo che evito di ripetere: Maria di Magdala (0003-0063), Gioacchino da Fiore (1130-1202), Chiara Scifi (1193-1253), Pietro Angelerio da Morrone (1209-1296), Dolcino da Novara (1250-1307), Thomas Müntzer (1489-1525), Tommaso Campanella (1568-1639), Étienne-Gabriel Morelly (1717-1778), Claude Fauchet (1744-1793), Jacques Roux (1752-1794), Robert de Lamennais (1782-1854), Étienne Cabet (1788-1856), Philippe Buchez (1796-1865), Wilhelm Weitling (1808-1871), Thomas Hughes (1822-1896), Davide Lazzaretti (1834-1878), Henry McNeal Turner (1834-1915), Edward Bellamy (1850-1898), James Keir Hardie (1856-1915), Walter Rauschenbusch (1861-1918), Hermann Kutter (1863-1931), Leonhard Ragaz (1868-1945, autore di “Da Cristo a Marx, da Marx a Cristo”), Ernesto Buonaiuti (1881-1946), Jacques Maritain (1882-1973), Paul Johannes Tillich (1886-1965), Karl Barth (1886-1968), Ignazio Silone (1900-1978), Dietrich Bonhoeffer (1906-1945), Franco Rodano (1920-1983), Lorenzo Milani (1923-1967), Luce d’Eramo (1925-2001).

Nel mio concetto di socialismo non vi è una separazione netta con il comunismo e l’anarchismo storico, se devo fare delle scelte posso avvicinarmi di più a un pensatore o a un altro. E’ possibile che ne trovi di più radicali, di comunisti, anarchici e tutte le combinazioni che vogliamo, perché il termine di paragone del radicalismo (sinonimo di rigore e coerenza) non devono essere né le peculiarità, nè le conseguenze negative di un’idea, ma quanto bene essa riesce concretamente a fare all’intera umanità.

Un’idea socialista-comunista-anarchica è tanto più radicale, estremista, quanto più non ha effetti negativi nei confronti dei più deboli, sotto l’aspetto della libertà individuale e dell’equità sociale, quanto più ha effetti positivi rispetto all’abolizione di privilegi, demagogia, propaganda, disinformazione, quanto più riesce a togliere dalla mente dei vessati, emarginati, sfruttati, oppressi, l’idea della rassegnazione a un sistema radicato di iniquità e disuguaglianza.

Quella che il capitalismo ha chiamato utopia, la società senza classi, equa, la proprietà comune dei mezzi di produzione – che sono di tutti perché esistenti in natura -, è semplicemente quello che sarebbe un mondo giusto, umano e umanitario.

Chi porta avanti queste idee, quando tutto diventa, non solo inaccettabile, ma tocca limiti che superano la natura dell’uomo per divenire bestiali, alieni da qualsiasi forma di ragione, è spesso costretto a reagire alle provocazioni di un mondo sempre più elitario e discriminante.

L’idea socialista ha dovuto fare sempre i conti con un mondo già orientato in un certo modo e il passare del tempo ha solo mutato e fatto progredire l’ingiustizia, concedendo, grazie a lotte più o meno determinate, ampi periodi di respiro.

Riguardo allo stato attuale dell’universo socialista, lungi dall’essersi semplificate le cose, la situazione è piuttosto drammatica, sia per una sorta di appiattimento di una certa socialdemocrazia a ideali capitalisti e liberisti, mantenendo solo brandelli di socialismo che vanno affievolendosi sempre di più, sia per l’eccessiva frammentazione di quel che resta della sinistra di classe, incapace non solo di creare sintesi aggregative, ma anche di superare vizi leaderistici che esulano dai principi del socialismo e rientrano invece nelle sciagurate debolezze umane.

(Storia del risorgimento – 18.3.1997) MP

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