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Quest'anno sono andata in vacanza a Londra e Berlino. Nella capitale inglese ho prenotato un hotel su Internet. In Germania ho affittato una casa vacanze. Ho scelto entrambe le soluzioni insieme a mio figlio di sette anni che è appassionato di quelle stelline che indicano l'indice di gradimento degli ospiti.
(La sua passione è nata con i videogiochi per telefonino. Mi fa scaricare solo quelli gratuiti che abbiamo almeno 3-4 stelline e che tra i primi dieci commenti abbiano un “favoloso” o un “fantastico”.)
Così, da esperto quale si vanta di essere, non mi consente di scegliere la stanza in base a criteri meramente estetici e geografici, vuole sapere se la stanza è pulita, rumorosa, se in reception sono gentili. Mi piace quest'atteggiamento. E infatti al rientro, quando abbiamo ricevuto due mail dai portali che gestiscono l' hotel e l'appartamento in cui ci ringraziavano per il soggiorno e si dichiaravano molto interessati a ricevere le nostre impressioni per pubblicare il commento online e aiutare nella scelta gli altri utenti, ci siamo di nuovo seduti insieme per inserire le nostre stellette. Lui si è un po' lamentato della colazione inglese: non è che uova e bacon tutte le mattine lo facessero impazzire. Io ho apprezzato il fatto che fossero stanze pulite e ben collegate aggiungendo che la cameretta risicatella non era però adatta ad un omone abituato al lettone king size.
Mi fa impressione sapere che qualche sconosciuto deciderà se andare o no in quei posti in base a quello che abbiamo scritto io e mio figlio. Questa condivisione di conoscenze sta cambiando il mercato e l'asimmetria tra produttori e consumatori. Non siamo più voci isolate. Entriamo nel prodotto e lo cambiamo. Le stelle le diamo noi in base anche alla simpatia con la quale siamo stati ricevuti. Così persino questa merce così rara e così preziosa (l'accoglienza) diventa parte integrante del pacchetto. Il mercato diventa più trasparente. Le nuove tecnologie hanno fatto nascere nuovi comportamenti e una nuova consapevolezza collettiva. Una timida ragazzina maltrattata in reception oggi può innestare una reazione a catena con esiti catastrofici per il gestore poco accorto.
I nostri figli sono dentro questo mondo sin dall'età prescolare. Riconoscono le stellette prima di imparare i numeri. E adesso, per loro, la nuova frontiera sarà lo sviluppo di un'intelligenza ecologica collettiva. Magari i nostri adolescenti per il momento non vanno su Good Guide per vedere se il loro skateboard o la loro consolle sia più “verde” di altri. Non sanno cosa sia l'impronta carbonica di un prodotto. Non si preoccupano se un prodotto sia o meno ecompatibile o se rilascia sostanze tossiche nelle fabbriche dove viene realizzato. Sono solo vagamente ambientalisti. Fanno la raccolta differenziata e studiano il buco dell'ozono. Ma le reti sociali, il social networking, una nuova coscienza sociale, l'appoggio di gruppi ambientalisti li sta spingendo pian piano in quella direzione. Per creare una vera nuova coscienza ecologica però serve altro: noi e la scuola. Noi, con l'esempio. La scuola, con l'insegnamento. Non è necessaria una rivoluzione, bastano nuove prassi e un po' di ecoentusiasmo. Magari domani ci stupiranno scegliendo lo shampoo in base al rating di health ed enviroment ( vedi http://www.goodguide.com/) costringendoci a rinunciare alla nostra marca preferita. Non è un po' quello che è successo con le sigarette? Vi ricordate quando nei film americani fumavano tutti languidamente per avere più carisma e sintomatico mistero?
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