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Dall’illusione di governare il progresso alla complicata gestione dell’inquinamento (lettera di Ezio Corradi sull’acciaieria Arvedi)

Creato il 02 luglio 2014 da Cremonademocratica @paolozignani

L’ultima conferenza dei servizi dedicata all’acciaieria Arvedi è stata davvero convincente? Risponde Ezio Corradi con una lettera carica di passione. Cavatigozzi è un paese e un simbolo.

Due considerazioni da mettere di fronte alla situazione, che tutti possono vedere e giudicare con una propria opinione, della zona industriale fra le case di Cavatigozzi e di Spinadesco.
Ho chiesto di partecipare alle conferenze di servizi per cercare di capire cosa e come avvengono le decisioni, mentre nell’aria della sala gira invisibile l’immagine della gente che vive a Spinadesco, a Cavatigozzi, a Sesto Cremonese, a Cremona, a Castelvetro Piacentino, a Monticelli, a Crotta d’Adda.
Molte persone le conosco, per loro cerco di mettere a disposizione il mio tempo e le mie conoscenze per cercare di far capire, di informare, di smuovere altre coscenze.
Di tutti questi anni, dal 1998 ad oggi, si potrebbe scrivere un libro. Che parlerebbe di persone che hanno difeso il loro territorio, dell’indiferenza trasversale verso i cittadini di una classe politica che ha avuto e forse ha ancora solo orecchie ed occhi per delle lamiere luccicanti, senza mai pensare quali processi industriali ci sono dietro, senza mai guardarsi attorno e vedere la ealtà dell’oggi. Passando attraverso l’isolamento, l’emarginazione, le minacce, le intimidazioni per chi ha scelto di stare dalla parte dei più deboli contro una politica “ricca” che oggi arriva ad adorare un luccicante violino d’acciaio, un’emblema che stravolge una antica e saggia tradizione cremonese fatta di alberi, di legno lavorato, di intelligenze, di silenzioso lavoro umano…
Ecco nelle conferenze dei servizi aleggiano, invisibili ai più, queste immagini. Accompagnate dalla visione di un nastro d’acciaio luccicante che dalla cima di una collina si srotola prepotente fino a valle travolgendo tutto quello che trova sul percorso, fino a sbattere con la coda del nastro che ha ormai perso forza e violenza della discesa, contro un albero, l’ultimo albero di una valle, un albero che non si è mosso, attaccato alla sua terra da solide radici. Ecco oggi siamo in questa situazione. Dove i Sindaci dei piccoli Comuni intorno al mostro dal sigaro fumante con cronometrica precisone ad ogni scarto di colata gettata all’aria, dai tempi d’oro abnubilati dall’idea di poter gestire il progresso ed il futuro, ma costretti oggi a misurarsi con fumi, odori, rumori, polveri, montagne di scorie da piazzare ogni giorno sempre, comunque e dovunque, tutti elementi sfuggiti alla loro limitata fantasia, accecata dall’idea di poter cavalcare il futuro, di prendere al volo quella “opportunità”, devono oggi giustificare, convivere e dividere con i loro soccombenti cittadini. Cosa può fare la nuova amministrazione di Cremona con questa eredità alle spalle? Di fronte al fatto che dal 2006 ad oggi siamo di fronte ad un progetto e ad istituzioni che, ampiamente sottovalutando i problemi, non hanno mai voluto affrontare e risolvere il problema del rumore, dei fumi, degli odori? In pochi giorni dall’insediamento in Comune a Cremona, credo ben poco, più avanti vedremo. Rimane il fatto dei silenzi, dei tempi lunghi, lunghissimi per capire come e cosa si deve fare oggi, 2 luglio 2014 (…!) per attenuare rumori, fumi, polveri, dimenticando le persone, quell’immagine di persone che aleggiava nella sala, ma che per tanti dei presenti non sembrano neppure esistere. Tutti concentrati nel loro burocratico compitino da svolgere in un lindo e fresco ufficio, a volte forse roppo fresco per un sistema di areazione-condizionamento di vecchia generazione addirittura importato dall’America. Così il tempo vola via e chi abita là vicino al mostro dove una volta c’era silenzio e una verde campagna, dove i loro genitori avevano costruito una casa e scelto di abitarci prima che arrivasse il msotro, ecco, loro dovranno aspettare, aspettare. Aspettare che il mondo surreale dei burocrati e degli indifferrenti d’oro si decida a fare qualcosa per loro, a destinare qualche briciola di fatturato anche per far tacere la loro quotidiana “lamentatio”. Che, seppur tenue, soffocata dai rumori veri, quelli “operativi” che producono tanto “argent de poche”, a volte è più forte, perchè è come un fastidioso sibilo continuo che costringe il comandante a scendere nei bassi della cambusa per capire come mai la sua nave corre sì, ma fischia troppo, richiamando ancora altra gente disturbata dal suo sibilante passaggio. Cercando di stare sereni, di essere “umani”, ricordando gli amici che “sono andati avanti”, traditi da un’aria che a poco a poco li ha logorati fino alla fine.

Ezio Corradi


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