Presentiamo di seguito l’intervento pronunciato da Tiberio Graziani, presidente dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) e condirettore di “Geopolitica”, al 10o Forum di Rodi del WPF “Dialogue of Civilizations”, nell’ambito della tavola rotonda intitolata “Legacy of J.C. Kapur and problems of contemporary futurology”.
Egregi Signore e Signori,
è un onore per me intervenire a questa tavola rotonda, dedicata a uno straordinario pensatore, scienziato e guida spirituale come il fu Jagdish Kapur.
La futurologia è un utile strumento teoretico per implementare le prospettive geopolitiche in un mondo che cambia. La futurologia – secondo Jagdish Kapur una nuova teoria filosofico-spirituale che ricolloca l’essere umano nella giusta posizione entro il processo globale – ci permette di riflettere sulle tradizioni più profonde, usando tanto la prospettiva lineare quanto quella circolare del tempo. Tradizioni e identità costituiscono un aspetto fondamentale degli studi geopolitici, in particolare quelli incentrati sul continente eurasiatico, la più ricca massa continentale al mondo per retaggio culturale.
Come di certo siete consci, ci troviamo nel mezzo d’una fase di transizione (sotto alcuni aspetti, oserei dire, stiamo attraversando un cambio epocale) che riguarda molteplici aspetti dell’esistenza: geopolitico, con la transizione uni-multipolare; economico, con la crisi finanziaria e la dipartita della potenza dall’Occidente; culturale, con la perdita dei valori spirituali e culturali e i tentativi di riscoprirli; tecnologico, con l’impressionante influenza che la tecnica ha sulla storia (tema questo magistralmente trattato da Robert Curl nel suo discorso alla sessione inaugurale) e il problema connesso agl’idrocarburi e alle fonti d’energia rinnovabili. In questo particolare contesto di cambiamento a tutto tondo, la futurologia è lo studio non solo del futuro, ma anche del presente. Infatti, se consideriamo la nostra epoca alla luce dei punti suddetti, possiamo concludere che il futuro è il nostro presente.
L’emergere di nuovi poli geopolitici e geoeconomici – come Russia, Cina, India e Brasile – sta influenzando la struttura dell’emergente nuovo ordine mondiale. Quest’influenza diverrà sempre più forte nel futuro prossimo. Sarà un’influenza anche culturale e spirituale, grazie al vasto potenziale che questi paesi possiedono in termini di cultura, filosofia e religione. La transizione geopolitica dall’unipolarismo al multipolarismo probabilmente implicherà anche un mutamento di prospettiva che può rimodellare le nostre società. L’unipolarismo è caratterizzato da alcune caratteristiche fondamentali come neoliberalismo, individualismo e scambio ineguale neocolonialista. Molte di queste caratteristiche, credo, non si ritroveranno nel nuovo ordine multipolare, o per lo meno non rappresenteranno più la regola globale.
Dal sistema-mondo “centro-periferia” passeremo ad uno regionalizzato e multi-centrico: pensiamo a esempi di aggregati geoeconomici (e talvolta politici) come BRICS, Unione Eurasiatica, MerCoSur, ASEAN, Unione Europea e così via. Inoltre, come Alfred Gusenbauer ha sottolineato due giorni fa, l’ottica economica si sposterà dalla speculazione agl’investimenti, ossia dalla moneta in sé (moneta per creare più moneta) alla produzione (moneta per produrre ricchezza reale). A mio parere l’economia neoliberale sarà rimpiazzata da una più solidarista. Nel campo dell’educazione assisteremo all’aumento delle reti e dei centri di ricerca, in luogo del “drenaggio” di risorse intellettuali dei paesi poveri compiuto da quelli ricchi. Infine, dall’imposizione universale degli standard occidentali si passerà a un dialogo paritario di civiltà. Questo anche per evitare il rischio d’un ambiente conflittuale, da cui ci ha messo in guardia il professor Petito due giorni fa.