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Dalla Cometa di Servadac all'Erba del Diavolo
Creato il 17 dicembre 2012 da Alessandro Manzetti @amanzettiVale la pena approfondire la figura stessa di Jules Verne, che si staglia in modo nuovo e diverso rispetto alla classica "iconografia" che ci è stata addomesticata per molto tempo, grazie a nuovi studi e analisi delle sue opere. Si scopre uno scrittore davvero misterioso, che tra le righe delle proprie opere, molto popolari, parla un linguaggio in codice; si svela, inaspettato, un doppio testo a carattere esoterico, comprensibile solo per alcune particolari elite o ordini segreti, come la Massoneria e i Rosa Croce. Basti pensare, (per proporre un facile esempio) al titolo di una delle due storie protagoniste del post di oggi: Le Avventure di Ettore Servadac, invertendo le lettere del cognome del protagonista del romanzo si rivela un secondo significato: Cadaveres. Quindi ci troviamo di fronte, per questo grande autore, a due facce della stessa medaglia? Probabilmente si; mi viene in mente in proposito il leggendario Cabaret de L'Enfer a Parigi, distante solo venti metri (sulla Boulevard de Clichy) dal suo alter ego, Le Cabaret Le Ciel, un'altro noto locale della fine del XIX secolo. Due caratteri e immaginari opposti, per clienti diversi. Ma mi fermo qui, questo argomento, di grande interesse, meriterebbe un articolo a parte e l'analisi di molti nuovi saggi a riguardo, ma questo post vuole raccontare due storie sulla fine del mondo, per cui vi lascio solo qualche curiosità tramite le sintetiche informazioni che troverete nel video qui sotto. Magari seguirà anche qui, in futuro (se i Maya hanno fallito i loro calcoli), un articolo dedicato a questo argomento. Torno alla prima storia sulla fine (parziale) del mondo che oggi è protagonista di questo articolo: Le Avventure di Ettore Servadac, scritta nel 1887 da Jules Verne. La trama in sintesi: Verso la fine dell'Ottocento una gigantesca cometa sfiora la Terra, trascianando via con sé una parte dell'Algeria francese, interi villaggi con i loro abitanti, di varie nazioni ed età, compresi elementi degli eserciti turchi, francesi e inglesi che stanno combattendo una delle tante guerre coloniali. Questa piccola fetta di eterogenea umanità, strappata al pianeta Terra e alle sue dinamiche, sarà inizialmente coesa dal giovane tenente francese Servadac, per far fronte alle insidie del nuovo mondo: l'ambiente ostile, (in particolare il freddo), animali preistorici, insetti e creature gigantesche. Una alleanza forzata dalla necessità di sopravvivere per due anni di viaggio attraverso il sistema solare, finché la cometa non tornerà vicina alla Terra, consentendo il loro ritorno. Ma la pace, come accade nel mondo reale, non durerà a lungo. Una storia sulla fine del mondo, che riguarda solo una sua piccola fetta, in fondo è un "inno" alla stupidità umana, con notevoli sottotesti sociologici e antopologici. Una storia che ha ormai centoventicinque anni, ma che si dimostra molto più interessante e moderna di molte cose che sto leggendo in questo "periodo maya", che sembra anch'esso manifestarsi come un inno alla stupidità. Questo romanzo ha ispirato anche un film (L'arca del Signor Servadac, 1970) di uno dei maestri dell'animazione della storia del cinema, il regista ceco Karel Zeman (1910-1989). Il film (in Italia conosciuto anche con il titolo La Pazza Guerra) riesce a offrire, attraverso una satira affilata, la corretta interpretazione della storia di Verne, che usa lo scenario apocalittico come pretesto per raccontare la stupidità umana, in particolare attraverso l'inutilità della guerra. Il film, mai uscito nei cinema italiani, fu doppiato dalla RAI e trasmesso in televisione nel 1971. Ma anche in questo caso (mi capita di continuo) sarebbe il caso di approfondire a parte l'arte cinematografica di Karel Zeman, e i suoi capolavori, come Il barone di Münchhausen e I ragazzi del capitano Nemo. Ma lo spazio è tiranno e devo ancora parlare di un'altra storia "originale" sulla fine del mondo. Per chiudere l'argomento, sopra e sotto trovate due immagini dalle sequenze del film, e un breve video. Avrete almeno modo di percepire alcune delle caratteristiche del cinema di Karel Zeman, come le riprese live action con cartoni animati e stop-motion, ma anche ammirare i fondali dipinti sullo stile delle stampe di Gustav Doré. Ma ora torniamo agli argomenti principali di questo post. La seconda storia "apocalittica" che voglio segnalare è più giovane dell'opera di Verne, ma non recentissima. Si tratta di "Più verde del previsto" (Greener Than You Think, 1947) di Ward Moore (1903-1978), uscita anche in Italia per Urania-Mondadori (nel 1981). Ecco quanto riportato sulla quarta di copertina: "Nel 1957 John Christopher prospettò in Morte dell'erba la catastrofica ipotesi della fine dell'umanità per mancanza di verde, e il suo romanzo divenne subito ed è ancora una specie di Bibbia per gli ecologi di tutto il mondo. Ma tra gli stessi ecologi, da qualche tempo, si va facendo strada un terrore opposto. Nelle zone di più denso inquinamento - è stato notato - molte specie vegetali scompaiono, ma altre invece si trasformano, mostrando una tendenza a proliferare mostruosamente e inarrestabilmente... Che avesse ragione Ward Moore? Questo suo Più verde del previsto è del 1947 e finora era stato ignorato perchè troppo in contrasto con la dominante ideologia dei "punti verdi". Ma oggi?". Urania è sibillina sul contenuto del libro, cerco di darvi maggiori informazioni. "Più verde del previsto" è una storia apocalittica, questo è sicuro, se ci serve davvero "etichettare", ma il racconto della fine della civiltà umana viene inquadrato e narrato da Ward Moore con un obiettivo insolito, la catastrofe si compie lentamente, sotto i nostri occhi, senza comete, esplosioni nucleari o inarrestabili terremoti. Insomma, senza far tanto rumore. A prima vista questo romanzo, come anticipa Urania, sembra avere una certa natura antiecologista, altro elemento interessante, parlando di storie della fine del mondo, e di originalità. Siamo abituati a letteratura e cultura di tenore opposto, in questo senso; il nostro pianeta è in pericolo per il continuo oltraggio dell'uomo verso la natura, se il "verde" sparirà lentamente, come sembra accadere sempre più, spariremo anche noi. Quanti articoli avete letto, per fare un'esempio, sulla distruzione della foresta amazzonica? Ma Ward Moore decide di capovolgere il nostro immaginario, guidando uno strano veicolo sulla carreggiata sbagliata, a prima vista. Ce lo troviamo di fronte, folle e veloce, con i fari accesi sul nostro lunotto onirico, mentre ce lo saremmo aspettato dall'altra parte di una ipotetica autotrada narrativa. La civiltà rischia di sparire, in "Più verde del previsto", a causa di abbondanza di natura.... La colpa della minaccia al pianeta Terra in realtà è dell'Erba del Diavolo, un'erba davvero particolare (contagiata da una sostanza chimica creata in laboratorio dall'uomo) che si moltiplica a livello geometrico, straordinario, su qualsiasi substrato, ricoprendo e soffocando tutto in poco tempo. Anche in questa storia l'ironia, la satira, la fa da padrona, come per la Cometa di Servadac di Verne. La stupidità umana stavolta non viene raccontata attraverso l'illogicità e inutilità della guerra, ma con una rappresentazione, grottesca e teatrale, dell'avidità umana, materializzata nel protagonista del romanzo, tale Albert Weemer, che per arricchirsi commercializza una sostanza chimica ancora non testata, dedicata a favorire la coltivazione; da qui, dopo i primi facili successi personali di Weemer, è facile prevedere il disastro. Questa Erba del Diavolo crescerà in modo incontrollabile, tutti gli sforzi dell'uomo risulteranno inutili. In poco tempo perfino le catene montuose scompariranno dalla vista umana, coperte dall'inarrestabile mostro verde che mieterà molte vittime; un'erba che saprà adattarsi, pensare e ragionare, difendersi e contrattaccare. Ma non intendo svelarvi tutta la storia, magari trovate il modo, in qualche libreria o in rete, di leggerla e godervela. Se Le Avventure di Ettore Servadac di Jules Verne rappresentano un inno alla stupidità umana, "Più verde del previsto" di Ward Moore esplora altri elementi dell'animo umano, come l'opportunismo e l'egocentrismo. Comunque sia, queste due "vecchie" storie fanno riflettere sulla "originalità" di gran parte della recente produzione letteraria, per la narrativa di genere, e sulla scomparsa dei sottotesti a sfondo sociale sempre più ridotti, trascinati verso la vittoria dell'immagine, del marketing come motore del contenuto, ormai secondario e opzionale. Ci mancano tanto, però, le belle storie. Il countdown della fine del mondo adesso segna: 4 giorni, 5 ore e 43 minuti; l'articolo finito ed è bene che mi occupi di altro; mi resta poco tempo per fare troppe cose...
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