Sul Fatto Quotidiano del 19 agosto, Vauro Senesi prende le difese di Alessandro Di Battista, il deputato pentastellato che, in un articolato e lungo intervento sul blog di Beppe Grillo, esamina la complessa e pericolosa situazione mediorientale: un'analisi approfondita e pacata che mette in evidenza le gravi responsabilità dell'Occidente, con particolare riferimento all'Iraq dove oggi imperversa la guerriglia dell'ISIS, l'autoproclamato Stato Islamico, dopo la criminale guerra scatenata nel 2003 dagli USA contro Saddam Hussein, sulla base del finto pretesto di cercare le armi di distruzione di massa.
Quelle stesse armi, fornitegli in abbondanza a suo tempo proprio dagli Stati Uniti, che il dittatore iracheno non possedeva più avendole utilizzate quindici anni prima principalmente nel conflitto contro l'Iran e, per la parte residua, contro le popolazioni curde.
Ma, va sottolineato, in quelle due occasioni, nessuno in Occidente si era stracciato le vesti per l'utilizzo di armi chimiche.
La vicenda aveva fatto clamore solo dopo che gli Stati Uniti, vista l'ingratitudine di Saddam dimostrata con l'invasione del Kuwait, avevano deciso che colui che era stato fino ad allora una loro creatura, era divenuto all'improvviso troppo ingombrante e pericoloso: insomma, il loro nuovo nemico!
E, per la politica estera a stelle e strisce, si è continuato per decenni ad andare avanti così: i fidi alleati che diventano all'improvviso nemici per poi tornare ad essere amici, in un frenetico e azzardato rimescolamento di carte.
Una condotta schizofrenica che non poco ha contribuito a generare il caos odierno: nemmeno un anno fa Barack Obama voleva attaccare la Siria, sempre con la scusa delle armi chimiche, dando manforte proprio ai ribelli di Al Quaeda (un altro nemico a seconda delle stagioni) e ai jihadisti che, adesso, sono diventati di colpo il nuovo nemico da eliminare.
La mancanza di visione strategica e di totale fallimento della politica estera americana (anche al di là della gravissime responsabilità americane sulla ennesima crisi di Gaza, con oltre duemila morti uccisi dai bombardamenti israeliani) è sotto gli occhi di tutti.
Il ragionamento di Di Battista sottolinea proprio la necessità di evitare facili etichettature delle forze in campo, visto che vengono contraddette in primis proprio dagli etichettatori, gli USA, a cui l'Italia di Renzi oggi si accoda senza un minimo di autonomia e, quel che è peggio, di discernimento: per non parlare di interesse nazionale!
Quindi c'è la necessità, proprio per provare ad impedire l'estensione del conflitto a macchia d'olio, di iniziare a rinnovare le stesse categorie semantiche della politica estera. A partire dal significato da attribuire al termine terrorista.
Due gli argomenti chiave proposti da Alessandro Di Battista:
[...]"A questo punto mi domando quanto un miliziano dell'ISIS capace di decapitare con una violenza inaudita un prigioniero sia così diverso dal Segretario di Stato Colin Powell colui che, mentendo e sapendo di mentire, mostrò una provetta di antrace fornitagli da chissà chi per giustificare l'imminente attacco all'Iraq. Una guerra che ha fatto un numero di morti tra i civili migliaia di volte superiore a quelli provocati dallo Stato Islamico in queste settimane. La sconfitta del sunnita Saddam Hussein scatenò la popolazione sciita che covava da anni desideri di vendetta. Attentati alle reciproche moschee uccisero migliaia di persone. Da quel giorno in Iraq c'è l'inferno ma i responsabili fanno shopping sulla Fifth Avenue e vacanze alle Cayman."
[...]" Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto né giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde ad un'azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore. Compito difficile ma necessario, altrimenti non si farà altro che far crescere il fenomeno."
Su queste ultime parole, come i lettori sapranno, si è scatenato l'inferno: hanno preso subito la palla al balzo i farisei del PD (in primis la modesta Debora Serracchiani) che, dovendo coprire mediaticamente il dono di armi che il governo Renzi stava progettando per i curdi, hanno preso di mira Di Battista, estrapolando le parole che più facevano comodo, descrivendolo come amico dei terroristi, ignorando deliberatamente il ragionamento sottostante.
Ma la vera ciliegina sulla torta l'ha posta il giornalista Francesco Merlo con un commento su Repubblica così ignobile ed intimidatorio, una sorta di schedatura velenosa, che richiederebbe assolutamente una risposta del deputato pentastellato per vie legali. Si potrebbe chiosare: se questo è un giornalista...
Nemmeno gli ultras in curva, durante il derby, sanno fare di peggio: siamo arrivati al linciaggio bell'e buono, senza che nessuno dentro la cosidetta sinistra parlamentare abbia da subito avuto la dignità di tentare un ragionamento.
Maestro di cerimonie di questo scempio mediatico è stato addirittura il premier Matteo Renzi che ha rilanciato un vergognoso (o demenziale) tweet del presidente PD Matteo Orfini: "E i grillini rifiutano il confronto sulla riforma della giustizia...coi terroristi bisogna interloquire, ma guai a farlo col governo...".
Ormai la politica nel PD segue la logica del branco e viene fatta necessariamente soltanto con gli slogans: il ragionamento, la riflessione, sono rigorosamente vietati.
Ma intanto nella società civile qualcuno ha avuto il coraggio di leggere, finalmente, le parole di Di Battista, scoprendo che non contenevano nulla di sconvolgente e che, con diverse sfumature a seconda della personalità, la sua analisi poteva essere un buon punto di partenza per approcciare da Italiani il problema mediorientale.
Così l'intervento di Vauro cerca di rimettere a sinistra le cose un po' in ordine, smarcandosi radicalmente dai toni da crociata usati dal vertice piddino contro i 5Stelle.
La cosa ha sicuramente meravigliato, conoscendo i giudizi tutt'altro che generosi, che il disegnatore satirico ha rivolto da sempre contro il M5S.
Che Vauro cominci a pentirsi di avere fino a ieri astiosamente attaccato a testa bassa il M5S?
Però, non se la può cavare così facilmente! Di tutto quell'odio viscerale sono in molti da tempo a chiedergli lumi.
Perché in una famigerata vignetta, proprio alla vigilia delle amministrative vinte quest'anno dal M5S a Livorno, Vauro si rappresenta nell'atto di evirarsi piuttosto che votare il M5S.
Un attacco satirico evidentemente distruttivo, che non lascia vie di mezzo: una scomunica politica senza se e senza ma.
In una fase storica in cui è in atto un colpo di stato strisciante (che data almeno da tre anni, dal defenestramento di Berlusconi deciso da Napolitano, mesi prima dell'attacco speculativo contro l'Italia), tambureggiare in modo così esiziale l'unica forza politica che ha dato voce ai cittadini, nell'ambito di un panorama mediatico monopolizzato dalla sistematica disinformazione e dal quotidiano bombardamento di giornali, tv, rai, contro di essa, è un comportamento veramente vile e miope.
Poi si può dire tutto quello che si vuole sui limiti del M5S, sui problemi di democrazia interna, ecc. ma è chiaro che senza Grillo il miracolo di un movimento di cittadini che ha messo alle corde la Casta non solo non ci sarebbe stato ma non sarebbe stato neppure immaginabile.
Problemi di democrazia interna? Forse.
Sì, che, di enormi, non ce ne sono stati da sempre dentro il PD, caratterizzato da un modello di finto assemblearismo che ha assicurato ad libitum libertà di azione e di deragliamento politico alla nomenklatura, le cui scelte sono state subite dalla base senza alcun autentico spazio di confronto.
Basta aver bazzicato per qualche tempo le sezioni per rendersene conto: tant'è che ormai sono sparite e le poche rimaste sono semideserte, frequentate da pochi galoppini.
Non è un caso che il fenomeno Renzi è un'invenzione di matrice quasi esclusivamente mediatica!
Ma, si sa, la trave nel proprio occhio non risalta quanto la pagliuzza in quello altrui.
Se il M5S non avesse avuto una guida politica solida, ferma e coerente, al limite della durezza, con una comunicazione tanto brusca quanto alla luce del sole, oggi, nella migliore delle ipotesi, sarebbe la quintessenza della nullità o dell'irrilevanza politica, tipo il partito di Vendola, SEL.
Per la somma soddisfazione dei maggiorenti del PD che potrebbero continuare a fregare gli Italiani, infischiandosene pacatamente della loro reazione!
Ecco perché da Vauro si attendono, se arriveranno, spiegazioni più convincenti: che il suo atteggiamento demolitorio contro il Movimento sia riconducibile esclusivamente al suo sacro furore contro il presunto insufficiente tasso di democrazia interna, lascia davvero molto, ma molto perplessi.