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De Gregori e Dalla, un orso e una scimmia che per due ore e mezza hanno deliziato il pubblico areniano.
Due ore e mezza senza interruzioni a ritmi sostenuti, una catarsi collettiva.
Suono e amplificazioni allo stato dell’arte, da subito (fatto raro) e nessun problema di bilanciamento voci o altri fastidiosi inconvenienti.
Un orso e una scimmia come si sono definiti in una nuova canzone, che girano come vecchi saltimbanchi riempiendo le piazze di paese.
Un orso e una scimmia che fanno musica insieme, e che riescono senza alcuno sforzo a comunicare questo loro piacere al pubblico che lo sente, lo apprezza, lo gode.
Una sfilza infinita di ricordi eseguiti in modo impeccabile e appassionato.
“Anna e Marco” e mi commuovo da subito e il nodo alla gola mi farà compagnia altalenandosi tutta la serata e senza mai lasciarmi sul serio. “Titanic”, “La Storia”, “Viva l’Italia” con il pubblico che sottolinea applaudendo i passaggi più suggestivi della nostra situazione odierna, “Rimmel” canzone intimista per eccellenza che viene cantata in coro dal pubblico areniano.
Le emozioni si susseguono senza dare il tempo di sedimentarle, una struggente quanto poco conosciuta Henna ricorda quando la guerra ritornò dal vero in Europa con i caccia della NATO che bombardavano Belgrado…perché poi?
Un po’ di buonumore, un po’ di ironia con “Disperato, erotico stomp” e si coglie il lieve imbarazzo di De Gregori a cantare quel “e parte la mia mano” conclusivo con Dalla che lo soccorre.
“L’anno che verrà” come sempre attuale ,
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
porterà una trasformazione
e tutti quanti stiamo già aspettando
sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
ogni Cristo scenderà dalla croce
anche gli uccelli faranno ritorno.
E poi “Com’è profondo il mare”, “La Donna cannone” (vado in difficoltà e le lacrime scendono questa volta), “La leva calcistica del 68” e il suo calcio di rigore che sempre toglie la pelle di dosso, e poi “Caruso”, “Piazza Grande” “4/3/1943”, “Il bandito e il campione”, “Buonanotte Fiorellino” e poi non me le ricordo tutte, onde su onde di ricordi e sensazioni.
Dalla e De Gregori hanno raccontato la mia generazione e quella degli altri che erano lì ieri sera, dai ragazzi di 18 anni agli uomini e donne di 60 con tutte le gradazioni intermedie.
Onda su onda, hanno raccontato in musica, in canzoni in parole la storia dell’Italia, il suo vissuto poetico.
Non so se sia la maturità ma con il tempo che trascorre apprezzo sempre più l’aspetto emotivo della musica, la poesia che vi è in essa. Ricordo che a 20 anni ero molto più freddo e cerebrale e avevo delle categorie con cui declinavo tutto il mondo musicale, prima di tutte con la distinzione commerciale non commerciale, come se tutto ciò che aveva successo non fosse buono e di contro solo la musica per iniziati, impegnata, difficile avesse diritto di cittadinanza e qualità. Che visione ingenua e sciocca. Di più quando mi emozionavo ascoltando una canzone mi ricacciavo dentro in gola il nodo, ora invece trattengo le lacrime ma non mi nego più la capacità di commozione.
Grazie a Francesco De Gregori e Lucio Dalla che mi hanno regalato oggi le gioie che le circostanze mi negarono 30 anni fa. Un cerchio si è chiuso e sono felice. Sono consapevole di aver assistito a un grande concerto, ed ho solo un rammarico che i miei amici storici “di concerti un po’ ovunque” non siano venuti, facendosi vincere dal pregiudizio che quei due gran poeti del nostro comune vissuto non avessero più nulla da dire.
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