Dallas Mavericks: un bicchiere mezzo pieno

Creato il 14 maggio 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

San Antonio, At&T Center, ultimi minuti di Gara 7 di un primo turno tanto avvincente quanto complesso: l’uragano Tony Parker ha appena mandato in frantumi le barriere protettive che Rick Carlisle e il suo staff avevano pazientemente costruito nei primi episodi della serie e ha regalato ai San Antonio Spurs il biglietto per il loro ultimo grande ballo sul palcoscenico NBA. Dirk Nowitzki, Monta Ellis, Shawn Marion e Vince Carter non hanno seguito l’occhio del ciclone e hanno pagato a caro prezzo la sua furia: il 119-96 del tabellone li inchioda a una resa incondizionata, ma non spegne l’orgoglio dei loro occhi. La storia del derby parla per loro.

UNA SERIE AVVINCENTE – Alla vigilia del primo turno, lo scontro fra la migliore squadra della Lega e la sua storica rivale del Texas non offriva spunti statistici particolarmente interessanti: gli Spurs avevano vinto gli ultimi 10 confronti e arrivavano alla post season con tante certezze; i Mavericks avevano strappato la qualificazione nella volata finale e non sembravano capaci di reggere l’impatto con l’attacco più armonioso e fluido dell’intera NBA. La difesa di Dallas non aveva mai dato garanzie di affidabilità e, anche se l’eterna giovinezza di Nowitzki assicurava a coach Carlisle una straordinaria imprevedibilità offensiva, lo staff di Mark Cuban sembrava proiettato verso un’estate decisiva per le sorti della franchigia. Gara 1 ha smentito le previsioni più semplicistiche, il secondo atto ha fatto gridare alla lesa maestà: gli astuti piani difensivi dell’ex-allenatore dei Pistons, la furia agonistica di Monta Ellis e la taglia fisica di Carter e Marion hanno fatto saltare il fortino dell’At&T Center e hanno regalato agli appassionati di tutto il mondo una serie feconda di spunti tattici e risvolti agonistici. Gli esterni dei Mavericks hanno ostacolato il gioco perimetrale dei panchinari di Gregg Popovich e hanno trasformato il vantaggio tecnico dei tiratori in nero-argento in un preoccupante handicap fisico: Danny Green e Marco Belinelli non hanno trovato il ritmo offensivo e hanno pagato a caro prezzo i mismatch generati dalla prestanza di Carter, dall’atipicità di Devin Harris e dall’imprevedibilità di Monta Ellis. L’ex-Warriors e Bucks ha insinuato diversi dubbi nella psiche di Tony Parker: i suoi guizzi offensivi e il ritrovato genio di José Calderon hanno ridotto l’impatto di Patty Mills e hanno lasciato solo il franco-belga per i primi quattro episodi. Solo l’orgoglio di Manu Ginobili, l’eterna solidità di Tim Duncan e l’improvviso risveglio dell’MVP delle Finals 2007 hanno piegato l’ascesa di rendimento di Dirk Nowitzki e le resistenze dei Mavericks. Mark Cuban e la sua truppa hanno salutato i Playoffs, ma hanno dimostrato che San Antonio non è la corazzata invulnerabile che alcune sequenze della stagione regolare avevano proposto al mondo.

IL DILEMMA DELL’ANAGRAFE – L’estate di Dallas sarà decisamente calda: i Mavericks dovranno sciogliere diversi nodi e stabilire quale futuro attenderà Dirk Nowitzki e Rick Carlisle. Il decimo realizzatore della storia dell’NBA, Vince Carter e Shawn Marion hanno dimostrato che le loro faretre contengono ancora diverse frecce avvelenate, mentre Devin Harris non ha fugato tutti i dubbi legati alla sua fama di eterno incompiuto. Mark Cuban sarà chiamato ad aprire un nuovo ciclo senza trascurare l’esperienza degli ultimi reduci del trionfale 2011: mentre la dirigenza dei Mavericks valuterà le conferme dei veterani e degli esterni che hanno segnato questa stagione, WünderDirk attenderà la compagnia di un grande free-agent. Chi lo raggiungerà nella città più importante del Texas? Luol Deng e Marcin Gortat sono due free agent che potrebbero fare comodo per puntellare la squadra anche a dei costi accettabili, i media della Grande Mela hanno già parlato di un possibile ritorno di Tyson Chandler; gli analisti più audaci hanno avanzato l’ipotesi del clamoroso passaggio ai Mavs addirittura di Carmelo Anthony; i giornali di Milwaukee hanno accennato ad alcune trattative legate al trasferimento di Larry Sanders. Mentre Chandler e Sanders – che hanno sofferto parecchio per infortuni traumatici e non offrono particolari garanzie di continuità offensiva – meriterebbero esami più approfonditi poiché integrerebbero la front-line di Carlisle e concederebbero valide alternative a Dalembert e Wright, l’arrivo di ‘Melo altererebbe sensibilmente gli equilibri di una franchigia costruita intorno all’esempio di uno dei professionisti più esemplari dell’NBA.

Riuscirà Mark Cuban a restare alla larga dalle sirene mediatiche che accompagnano il talento di Baltimora? Ai mesi estivi l’ardua sentenza!


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