Dalle alghe la cura per l’infertilità maschile

Creato il 10 giugno 2013 da Yellowflate @yellowflate

Uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli e dall’Ospedale partenopeo Santa Maria delle Grazie sulla tradamixina, ingrediente di un composto naturale antiossidante, associata a un antiestrogeno, evidenzia il 46.1% di gravidanze in più, rispetto al solo utilizzo dell’antiestrogeno. Miglioramenti significativi anche per quanto riguarda il numero e la motilità progressiva degli spermatozoi.

 Lo studio è pubblicato sulla rivista scientifica The Journal of Steroids & Hormonal Science.

 L’infertilità è una patologia che affligge circa il 15% delle coppie in età riproduttiva, il 25% dei casi è dovuta a cause maschili.

 Torino, 3 giugno 2013. Diventare genitori non sempre è facile. Fino a poco tempo fa la causa del mancato concepimento era ricercata nella figura femminile. Oggi, invece, grazie all’evoluzione della medicina e allo sviluppo di nuove tecnologie, si è riscontrato che le cause di difficoltà di fecondazione sono da indagare in entrambi in partner.

 I dati sono preoccupanti. Circa il 15% delle coppie in età riproduttiva ha problemi di fertilità, una coppia su otto nel concepire il primo figlio, una coppia su sei a concepire il secondo. Il 25% dei casi è dovuta a cause maschili, il 20% a cause sia maschili che femminili. In Italia gli uomini con problemi di sterilità superano i 2 milioni.

 Ad evidenziare questa problematica, riconosciuta dall’OMS come una vera e propria patologia, uno studio condotto dall’Università di Federico II di Napoli e pubblicato sulla rivista scientifica “The Journal of Steroids & Hormonal Science”.

I ricercatori hanno studiato, per 6 mesi, l’efficacia di un trattamento con tradamixina, ingrediente di un integratore alimentare a base di Alga Eklonia Bicyclis, Tribulus Terrestre e Glucosamina, e un farmaco antiestrogeno. Il trattamento migliora significativamente l’infertilità idiopatica maschile.

 “Abbiamo selezionato 90 maschi con problemi di infertilità, spiega Giovanni Di Lauro, autore dello studio e primario urologo dell’Ospedale Santa Maria delle Grazie. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi. Il gruppo A è stato sottoposto a terapia a base di tradamixina, ingrediente di un integratore alimentare, associata a un farmaco antiestrogeno, il gruppo B solo con farmaco estrogeno, il gruppo C a placebo. Sono state valutate il numero delle gravidanze spontanee, il numero e la motilità progressiva degli spermatozoi. Il Gruppo A (tradamixina + antiestrogeno), dopo 6 mesi di terapia ha avuto 13 gravidanze, il 46.1% in più rispetto al gruppo B (solo antiestrogeno), 13 contro 6. Il Gruppo C (placebo) 2 gravidanze. Grazie a questo studio abbiamo individuato un nuovo trattamento naturale, il Tradafertil, senza effetti collaterali, che unisce le proprietà della tradamixina al Myo inositolo (osmolita che migliora la spermatogenesi) che agisce come antiossidante naturale a sostegno della fertilità maschile”.

 Sono molte le cause di infertilità maschile ma di tutte lo stress ossidativo sembra avere un ruolo chiave. Infatti lo stress ossidativo altera l’energia di cui lo spermatozoo ha bisogno per svolgere la sua funzione e riduce la capacità fecondativa.

 “Molti fattori ambientali possono esercitare un’azione ossidativa dannosa per la formazione e la motilità degli spermatozoi – continua Di Lauro. Sottoporsi, inoltre, ad un programma di fertilizzazione assistita può costituire uno stress psico fisico importante per l’uomo che incide sulla performance sessuale. Tradafertil, oltre a migliorare la capacità di fecondazione dell’uomo, potenzia la funzionalità sessuale maschile grazie alla tradamixina, ingrendiente che sta alla base dell’integratore per la fertilità. La tradamixina, infatti, è composta da Tribulus Terrestre che stimola la produzione di testosterone, l’ormone responsabile della libido, dall’Alga Eklonya Bicyclis, un potente antiossidante che favorisce la produzione di ossido di azoto, neurotrasmettitore dell’erezione, e dalla Glucosamina, induttore di ossido nitrico sintetasi (NOS) che aumenta i livelli di ossido di azoto – conclude Di Lauro”.



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