Dalle democrazie oligarchiche alla dittatura tecnocratica

Creato il 15 dicembre 2011 da Bruno

"... La prima fase prevede il passaggio da una democrazia in disfacimento ad una democrazia oligarchica; la seconda fase, attualmente in atto in Europa, coinvolge il passaggio dalla democrazia oligarchica ad una dittatura colonial-tecnocratica ..."
Estrapolo da un lungo ed interessante articolo di James Petras i punti salienti a descrivere il nuovo processo politico, attualmente in corso in Europa, destinato a condurci dalla fase della democrazia oligarchica alla più esplicita dittatura tecnocratica.
Salto la la prima parte, dove si descrive il processo fin qui verificatosi ( e che conosciamo fin troppo bene "dal vivo" ) attraverso il quale è stato sempre più corrotto lo schema democratico, fino a trasformare in oligarchie le democrazie rese sempre più decadenti.  Chi desidera può leggere l' intero articolo al link sopraindicato.



ESTRATTO da:
Il nuovo autoritarismo: dalle democrazie in decomposizione alle dittature tecnocratiche, e oltre ( di James Petras )
Traduzione di Curzio Bettio per Tlaxcala

... A lungo andare, la democrazia oligarchica non è più utile per l’élite finanziaria. Le sue pretese di rappresentanza democratica non possono più ingannare le masse. Il prolungarsi dello stato conflittuale tra le fazioni dell’élite erode la loro volontà di imporre a pieno l’agenda dell’oligarchia finanziaria.
A questo punto, la democrazia oligarchica come formula politica ha fatto il suo corso.
L’élite finanziaria è già pronta e decisa a scartare ogni pretesa di governo da parte di questi oligarchi democratici. Sono considerati sì volonterosi, ma troppo deboli; troppo soggetti a pressioni interne da fazioni rivali e non disposti a procedere a tagli selvaggi nei bilanci sociali, a ridurre ancora di più i livelli di vita e le condizioni di lavoro.
Arriva in primo piano il vero potere che muoveva le fila dietro le giunte esecutive. I banchieri internazionali scartano la “giunta indigena” e impongono al governo banchieri non-eletti – doppiando i loro banchieri privati da tecnocrati.

2) La transizione verso la Dittatura Tecnocratica

Il governo dei banchieri stranieri, alla fine venuto direttamente alla ribalta, è mascherato da un’ideologia che descrive questo come un governo condotto da tecnocrati esperti, apolitici e scevri da interessi privati. Dietro alla retorica tecnocratica, la realtà è che i funzionari designati hanno una carriera di operatori per- e- con i grandi interessi finanziari privati e internazionali.
Lucas Papdemos, nominato Primo ministro greco, ha lavorato per la Federal Reserve Bank di Boston e, come capo della Banca centrale greca, è stato il responsabile della falsificazione dei libri contabili a copertura di quei bilanci fraudolenti che hanno portato la Grecia all’attuale disastro finanziario.
Mario Monti, designato Primo ministro dell’Italia, ha ricoperto incarichi per l’Unione europea e la Goldman Sachs. Queste nomine da parte delle banche si basano sulla lealtà totale di questi signori e sul loro impegno senza riserve di imporre politiche regressive, le più inique sulle popolazioni di lavoratori di Grecia e Italia.
I cosiddetti tecnocrati non sono soggetti a fazioni di partito, nemmeno lontanamente sono sensibili a qualsiasi protesta sociale. Essi sono liberi da qualsiasi impegno politico ... tranne uno, quello di assicurare il pagamento del debito ai detentori stranieri dei titoli di Stato - in particolare di restituire i prestiti alle più importanti istituzioni finanziarie europee e nord americane.
I tecnocrati sono totalmente dipendenti dalle banche estere per le loro nomine e permanenze in carica. Non hanno alcuna infarinatura di base organizzativa politica nei paesi che governano. Costoro governano perché banchieri stranieri minacciavano di bancarotta i paesi, se non venivano accettate queste nomine. Hanno indipendenza zero, nel senso che i “tecnocrati” sono soltanto strumenti e rappresentanti diretti dei banchieri euro-americani.
I “tecnocrati”, per natura del loro mandato, sono funzionari coloniali esplicitamente designati su comando dei banchieri imperiali e godono del loro sostegno. In secondo luogo, né loro né i loro mentori colonialisti sono stati eletti dal popolo su cui governano. Sono stati imposti dalla coercizione economica e dal ricatto politico. In terzo luogo, le misure da loro adottate sono destinate ad infliggere la sofferenza massima per alterare completamente i rapporti di forza tra lavoro e capitale, massimizzando il potere di quest’ultimo di assumere, licenziare, fissare salari e condizioni di lavoro.
In altre parole, l’agenda tecnocratica impone una dittatura politica ed economica.
Le istituzioni sociali e i processi politici associati con il sistema di sicurezza sociale democratico-capitalista, corrotto da democrazie decadenti, eroso dalle democrazie oligarchiche, sono minacciati di demolizione totale dalle prevaricanti dittature coloniali tecnocratiche.
Il linguaggio di “sociale / regressione” è pieno di eufemismi, ma la sostanza è chiara. I programmi sociali in materia di sanità pubblica, istruzione, pensioni, e tutela dei disabili sono tagliati o eliminati e i “risparmi” trasferiti ai pagamenti tributari per i detentori di titoli esteri (banche).
I pubblici dipendenti vengono licenziati, allungata la loro età pensionabile, e i salari ridotti e il diritto di permanenza in ruolo eliminato. Le imprese pubbliche sono vendute a oligarchi capitalisti stranieri e domestici, con decurtamento dei servizi ed eliminazione brutale dei dipendenti. I datori di lavoro stracciano i contratti collettivi di lavoro. I lavoratori sono licenziati e assunti a capriccio dei padroni. Ferie, trattamento di fine rapporto, salari di ingresso e pagamento degli straordinari sono drasticamente ridotti.
Queste politiche regressive pro-capitalisti sono mascherate da “riforme strutturali”.
Processi consultativi sono sostituiti da poteri dittatoriali del capitale – poteri “legiferati” e messi in attuazione dai tecnocrati designati allo scopo.
Dai tempi del regime di dominio fascista di Mussolini e della giunta militare greca (1967 - 1973) non si era mai visto un tale assalto regressivo contro le organizzazioni popolari e contro i diritti democratici.
3) Raffronto con la precedenti dittature 
Alla attuale dittatura “tecnocratica” viene consegnato il potere dalle élites politiche della democrazia oligarchica - una transizione “pacifica”, almeno nella sua fase iniziale.
A differenza delle precedenti dittature, gli attuali regimi dispotici conservano le facciate elettorali, ma svuotate di contenuti e mutilate, come entità certificate senza obiezioni per offrire una sorta di “pseudo-legittimazione”, che seduce la stampa finanziaria, ma si fa beffe di solo pochi stolti cittadini. Infatti, dal primo giorno di governo tecnocratico gli slogan incisivi dei movimenti organizzati in Italia denunciavano: “No ad un governo di banchieri”, mentre in Grecia lo slogan che ha salutato il fantoccio pragmatista Papdemos è stato “Unione Europea, Fondo Monetario, fuori dai piedi!”
Le dittature in precedenza avevano iniziato il loro corso come stati di polizia del tutto vomitevoli, che arrestavano gli attivisti dei movimenti per la democrazia e i sindacalisti, prima di perseguire le loro politiche in favore del capitalismo. Gli attuali tecnocrati prima lanciano il loro malefico assalto a tutto campo contro le condizioni di vita e di lavoro, con il consenso parlamentare, e poi di fronte ad una resistenza intensa e determinata posta in essere dai “parlamenti della strada”, procedono per gradi ad aumentare la repressione caratteristica di uno stato di polizia... mettendo in pratica un governo da stato di polizia incrementale.

4) Intensità e metodo delle politiche applicate 
L’organizzazione dittatoriale di un regime tecnocratico deriva dalle sue politiche e dalla missione politica. Al fine di imporre politiche che si traducono in massicci trasferimenti di ricchezza, di potere e di diritti giuridici, dal lavoro e dalle famiglie al capitale, soprattutto al capitale straniero, risulta essenziale un regime autoritario, soprattutto in previsione di un’accanita e determinata resistenza.  
L’oligarchia finanziaria internazionale non può assicurare per tanto tempo una “stabile e sostenibile” sottrazione di ricchezza con una qualche parvenza di governance democratica, e tanto meno una democrazia oligarchica in decomposizione. Da qui, l’ultima risorsa per i banchieri in Europa e negli Stati Uniti è di designare direttamente uno di loro a esercitare pressioni, a farsi largo e ad esigere una serie di cambiamenti di vasta portata, regressivi a lungo termine. La missione dei tecnocrati è di imporre un quadro istituzionale duraturo, che garantirà per il futuro il pagamento di interessi elevati, a spese di decenni di impoverimento e di esclusione popolare.
La missione della “dittatura tecnocratica” non è quella di porre in essere un’unica politica regressiva di breve durata, come il congelamento salariale o il licenziamento di qualche migliaio di insegnanti. L’intento dei dittatori tecnocrati è quello di convertire l’intero apparato statale in un torchio efficiente in grado di estrarre continuamente e di trasferire le entrate fiscali e i redditi, dai lavoratori e dai dipendenti in favore dei detentori dei titoli.
Per massimizzare il potere e i profitti del capitale a scapito dei lavoratori, i tecnocrati garantiscono ai capitalisti il potere assoluto di fissare i termini dei contratti di lavoro, per quanto riguarda assunzioni, licenziamenti, longevità, orario e condizioni di lavoro.
Il “metodo di governo” dei tecnocrati è quello di avere orecchio solo per i banchieri stranieri, i detentori di titoli e gli investitori privati.
Il processo decisionale è chiuso e limitato alla cricca di banchieri e tecnocrati senza la minima trasparenza. Soprattutto, in base a regole colonialiste, i tecnocrati devono ignorare le proteste di manifestanti, se possibile, o, se necessario, rompere loro la testa.
Sotto la pressione delle banche, non c’è tempo per le mediazioni, i compromessi o le dilazioni, come avveniva sotto le democrazie decadenti e oligarchiche.
5 ) Le 10 trasformazioni storiche che dominano l' agenda tecnocratica  
  1. Massicci spostamenti delle disponibilità di bilancio, dalle spese per i bisogni sociali ai pagamenti dei titoli di stato e alle rendite 
  2. Cambiamenti su larga scala nelle politiche di reddito, dai salari ai profitti, ai pagamenti degli interessi e alla rendita.
  3. Politiche fiscali fortemente regressive, con l’aumento delle imposte sui consumi (aumento dell’IVA) e sui salari, e con la diminuzione della tassazione su detentori di titoli ed investitori.
  4. Eliminazione della sicurezza del lavoro (“flessibilità del lavoro”), con l’aumento di un esercito di riserva di disoccupati a salari più bassi, intensificando lo sfruttamento della manodopera impiegata (“maggiore produttività”).
  5. Riscrittura dei codici del lavoro, minando l’equilibrio di poteri tra capitale e lavoro organizzato. Salari, condizioni di lavoro e problemi di salute sono strappati dalle mani di coloro che militano nel sindacato e consegnati alle “commissioni aziendali” tecnocratiche.
  6. Lo smantellamento di mezzo secolo di imprese e di istituzioni pubbliche, e privatizzazione delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, della sanità, dell’istruzione e dei fondi pensione. Privatizzazioni per migliaia di miliardi di dollari sono sopravvenienze attive su una dimensione storica mondiale. Monopoli privati rimpiazzano i pubblici e forniscono un minor numero di posti di lavoro e servizi, senza l’aggiunta di nuova capacità produttiva.
  7. L’asse economico si sposta dalla produzione e dai servizi per il consumo di massa nel mercato interno alle esportazioni di beni e servizi particolarmente adatti sui mercati esteri. Questa nuova dinamica richiede salari più bassi per “competere” a livello internazionale, ma contrae il mercato interno. La nuova strategia si traduce in un aumento degli utili in moneta forte ricavati dalle esportazioni per pagare il debito ai detentori di titoli di stato, provocando così maggiore miseria e disoccupazione per il lavoro domestico. Secondo questo “modello” tecnocratico, la prosperità si accumula per quegli investitori avvoltoio che acquistano lucrativamente da produttori locali finanziariamente strozzati e speculano su immobili a buon mercato.
  8. La dittatura tecnocratica, per progettazione e politiche, mira ad una “struttura di classe bipolare”, in cui vengono impoverite le grandi masse dei lavoratori qualificati e la classe media, che soffrono la mobilità verso il basso, mentre si va arricchendo uno strato di detentori di titoli e di padroni di aziende locali che incassano pagamenti per interessi e per il basso costo della manodopera.
  9. La deregolamentazione del capitale, la privatizzazione e la centralità del capitale finanziario producono un più esteso possesso colonialista (straniero) della terra, delle banche, dei settori economici strategici e dei servizi “sociali”. La sovranità nazionale è sostituita dalla sovranità imperiale nell’economia e nella politica.
  10. Il potere unificato di tecnocrati colonialisti e di detentori imperialisti di titoli detta la politica che concentra il potere in una unica élite non-eletta.
 ( Continua nel prossimo post )
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