di Angela Argentino
L’11 gennaio 1693 un catastrofico terremoto distruggeva un terzo della Sicilia. Rasa al suolo anche l’antica gloriosa Netum ……
- La Cattedrale
Noto è la mia città .
Noto è… la mia città. Si trova alla fine dell’Italia ,32 Km sotto Siracusa. La città antica, chiamata Nea, fu fondata dai Greci e conobbe, attraverso i secoli ,grandissima gloria sotto tutte le dominazioni che passarono dalle nostre parti. La Sicilia non ha mai combattuto nessun conquistatore ,tranne poche eccezioni. Li ha accettati tutti ( più o meno passivamente ) e alla fine è sempre riuscita a trarne linfa nuova e grandi insegnamenti .Dai Greci agli Arabi ai Normanni .
Meno felice la dominazione francese . Poi arrivarono gli Spagnoli .
E fu durante la dominazione spagnola che la notte dell’ 11 gennaio 1693 ,un tremendo terremoto dell’11° grado della scala Mercalli rase al suolo la vecchia gloriosa Nea, poi diventata Netum.
Della vecchia città rimasero poche rovine e sopravvisse solo un terzo della popolazione . I fortunati si accamparono più a valle verso il mare e fu su una collinetta a 70 m dal livello del mare e a pochi km da esso, che scelsero di edificare la nuova Netum . Unico esempio al mondo di città nata dal nulla, per volontà dei reggenti politici e degli aristocratici di cui essa era ricca. I feudi delle famiglie aristocratiche netine coprivano un terzo della Sicilia già dai tempi in cui gli Arabi divisero territorialmente ed amministrativamente la Sicilia in tre valli ed elessero Noto a capitale di uno di essi.
Immediatamente dopo il terremoto del 1693,furono convocati ,dunque, i più grandi progettisti e architetti operanti allora in Sicilia , (tra cui spicca il Gagliardi), insieme alle maestranze locali e sotto la guida di uomini illuminati che Noto possedeva in gran numero ,si diede inizio al disegno della città .Essa fu disegnata adagiata sulla collina, a prendere il sole da est a ovest ,divisa in strade che corrono parallele sui diversi piani della collina e intersecata da salite scenografiche a tornanti o a scalinate che collegano i vari livelli dell’impianto urbano. Agli edifici religiosi posti al livello più alto, sistemati in modo da farci alzare lo sguardo verso il cielo, si ponevano dirimpetto a controbilanciare il peso di tanta spiritualità , gli edifici civili come il Comune e il Teatro. Sul Corso principale ( Il Cassero ), tutto un susseguirsi di chiese e monasteri dei vari ordini . Lì dove c’era il pieno di un edificio , di fronte o a lato ,si apriva il vuoto di una piazza, lo slargo dedicato alla vita collettiva di una città colta ,dotta, amante delle Lettere ,della Musica e dell’Arte . Una città ariosa ,conforme alle idee rinascimentali applicate all’urbanistica che altre città della penisola avevano già messo in essere qualche secolo prima. Una città che non poteva più somigliare alla citta medioevale distrutta , che girava a chiocciola dentro le sue mura di cinta al di là dei fossati dove scorrevano le acque dalle montagne .Doveva ormai essere una città nuova dove l’aria potesse danzare e il sole irraggiarla tutta, un luogo fatto per facilitare l’incontro ,secondo l’idea aristotelica della comunità civile che si incontra nell’Agorà .Quando ,soddisfatte del disegno, le maestranze procedettero alla realizzazione dei primi edifici , fu un trionfo di scalpellini che trassero dal tenero tufo delle cave locali ,la levità barocca che sarebbe diventata il marchio inconfondibile di Noto .Lungo la via alle spalle del Corso, fu tutta una teoria di palazzi aristocratici :i palazzi dei marchesi ,dei baroni e dei principi . E tutta la città era un continuo incanto ,una magia ,persino nei quartieri popolari che vennero creati a riempire una piccola superficie dimenticata tra due palazzi. Nel fermento della costruzione , tra i palazzi signorili e le stupende chiese barocche ,sorgevano queste casette senza pretese, di una sola stanza ,a volte senza finestre. I poveri operai e manovali impiegati per la costruzione dei palazzi aristocratici, ottenevano il permesso di erigere le loro casupole nel fazzoletto di terra che rimaneva tra i confini delle diverse proprietà .Venivano usati tutti i materiali di risulta :tegole rotte, blocchi di tufo su cui gli scalpellini ricamavano fregi barocchi e stemmi nobiliari ,marmi scheggiati. Esempio di riciclaggio edilizio ed esempio di coesistenza ( più o meno democratica) delle diverse caste sociali del Sud Italia . Ancora oggi questi piccoli “dammusi” sopravvivono nascosti dentro i ” bagghi” ( i cortili) e vengono oggi recuperati ,a volte solo illuminandoli con un colore vivace, specialmente là dove il sole non arriva ( vedi il quartiere dell’Agliastrello ).
Nel giro di 15 anni Netum fu portata a termine nelle sue funzioni vitali e la popolazione, sopravvissuta alla meglio nelle zone circostanti, andò ad abitarla e a farne un centro di cultura degno del suo passato. Negli anni successivi e comunque entro 50 anni dall’inizio dei lavori, tutta la città fu conclusa ,esempio unico al mondo di centro urbano costruito tutto in una volta. Un esempio simile possiamo trovarlo solo in San Pietroburgo, nata dalla volontà di Pietro il Grande che da tutta Europa chiamò architetti ed artigiani a costruirla.
Con una simile storia, dunque Noto merita ben altro che una visita .
La Bellezza e l’amore per la Bellezza di chi la costruì sembra abbia suggellato ogni pietra .
Io mi diverto a vedere con gli occhi della fantasia tutti gli scalpellini al lavoro mentre trasformano i blocchi di tufo in colonne rotonde come forme femminili . Mi sembra di vederli ancora tutti al lavoro come api che depongono il miele .Mi sembra di sentire i rumori che dovevano riempire ,dall’alba al tramonto , questa città ancora vuota in attesa che fosse pronta per i suoi abitanti che aspettavano ansiosi di iniziare una nuova vita.
Riesco a vedere la meraviglia dei miei concittadini di inizio ‘700 , quando entrati in città e sistemati nelle splendide o misere dimore ,si trovano a condividere gli spazi della vita sociale non più in una cinta urbana medievale chiusa da mura e da ponti levatoi su torrenti di acqua ,ma in un agglomerato urbano senza uguali , aperto verso il mare visibile dalla parte alta della collina. Chissà se intuirono che in un posto simile ,anche a viverci un secolo ,non finisci mai di stupirti ,come in un teatro in perenne rappresentazione ,dove anche le ombre e il sole sono uno spettacolo .
” Giardino di pietra” l’hanno chiamata. In tanti sono venuti. Michelangelo Antonioni vi girò scene memorabili del film ” “L’Avventura”, Tornatore ,di recente, vi ha girato “Malena”….
Ma Noto appartiene a me ,è la mia città e ci ritorno più spesso che posso perché mi aspetta . Essa mi ha dato la prima lezione di Armonia e di Bellezza. A me, bambina, ha insegnato senza parole , l’alfabeto della sensibilità poetica .La mia città mi aspetta sempre e sempre mi sa regalare la felicità che ,a piene mani, ho goduto fino a che sono andata via .