Dalle pappe standard allo svezzamento naturale: il successo di crescere ghiottoni a suon di assaggi!

Da Piccolocuoco @piccolocuoco
di Laura Pantaleo Lucchetti
Dove eravamo rimasti? Stavo raccontandovi di come, meglio tardi che mai, al quinto figlio mi sono accorta molto precocemente che la tavola imbandita suscitava in lui un interesse molto particolare.
Non esagero quando dico che lo misi seduto sul seggiolone a tre mesi di vita. Certo, lo schienalino era reclinato di modo da sorreggergli senza fatica la schiena. Ma lui si sentiva perfettamente a suo agio a tavola con la famiglia riunita.
Mi ero infatti resa conto che farlo stare tranquillo nella culla accanto a noi che mangiavamo era diventato difficile – a quell’età si tirano già dritti con la testina e lui sembrava proprio un passerotto curioso del mondo esterno - e così mio marito mi aveva convinta a provare la carta del seggiolone.
Fu un successo inaspettato. Il primo mese si limitò ad annusare l’aria e a partecipare con piccoli gorgheggi. Dal quarto mese in poi, però, le cose cambiarono. Tenete presente che io, forte di quattro allattamenti andati a buon fine ma anche debole di svezzamenti precoci e a volte critici, avevo coltivato il fermo proposito di svezzarlo con la famigerata prima pappa non prima dello scadere dei sei mesi. Ero proprio irremovibile, anche se non riuscivo proprio a disarcionarmi dall’idea, appunto, delle pappe standardizzate.
Dal quarto mese, dicevo, improvvisamente mio figlio mostrò un interesse crescente proprio nei confronti di quello che mangiavamo. Io ho la passione dei fornelli, quindi era attirato dagli odori continui che provenivano dalla cucina, invadevano il soggiorno e finivano poi in tavola. Un giorno, vedendo che si agitava con gambine e piedini, sarà stato verso i quattro mesi e mezzo ed era ancora inverno, e guardava prepotentemente il passato di verdura che stavo distribuendo nei piatti, decisi che in fondo non sarebbe stato un gran danno farglielo assaggiare. Solo un pochino sulla punta del dito. C’era dentro di tutto: io il passato di verdura lo preparo con gli ortaggi di stagione, e quindi il cavolo e la cipolla non mancavano di certo, così come la crosta di grana che lo aveva insaporito e pure la pancetta nel soffritto. E il giro di olio buono. Mi ero astenuta giusto sul pepe…
Avete indovinato? Gli piaceva da matti!
I giorni successivi andai avanti a fargli assaggiare, ma veramente piccoli assaggi, tutto ciò che c’era di cremoso o morbido in tavola e che non fosse “critico” come ad esempio il sugo di pomodoro. Dal purè al gorgonzola, passando per la robiolina, alla puccia della pasta e fagioli alla vellutata di zucca, il mio bambino mostrava di apprezzare tutto ciò che gli proponevo, anche se non era certamente un vero e proprio pasto.
Fu così che arrivai al fatidico compimento dei sei mesi che mi venne spontaneo dire: oggi la pappa gliela preparo omogeneizzando quello che porterò in tavola per noi. Vi scandalizzate se vi dico che era polenta e coniglio? Per sommo scrupolo decisi di lessare un pezzo di carne assieme a due verdurine anziché proporgli la carne arrostita nell’intingolo. Non avevo mai preparato in casa un omogeneizzato di carne o di altro tipo ma per Agostino mi ero procurata l’omogeneizzatore e volevo sfruttarlo. Decisi di non cuocere la carne a vapore: avrei dovuto comunque preparare il brodo, quindi tanto valeva farci finire anche i succhi della carne. Feci l’omogeneizzato di carne e di verdura in un unico colpo e anche quello di polenta, già che c’ero, perché ero ancora un po’ invasata. Non calcolai le dosi proprio a piangere ma mi ricordo che era una discreta quantità per una prima pappa, e non ero così sicura che ne portasse a termine nemmeno la metà. Invece Agostino spazzolò tutto in cinque minuti secchi, sotto lo sguardo divertito dei fratellini che facevano il tifo per lui.
Questo fu il primo svezzamento naturale, in casa mia. Il secondo, quello di Giovanni, con i suoi sedici mesi, continua tuttora con grande successo. Non posso parlare di autosvezzamento, perché questa filosofia segue dei parametri un po’ diversi dai miei. Io sono tuttora convinta che la prima pappa e la seconda debbano essere casalinghe ma omogeneizzate (o frullate: nel caso di Giovanni ho adottato questa tecnica perché l’omogeneizzatore si era rotto e non avevo intenzione di comperarne un altro); che sia meglio aspettare una certa epoca prima di introdurre il glutine (per noi, omogeneizzati casalinghi di riso, risotti e polenta fino ai dieci mesi, quando ho cominciato con le primissime pastine); soprattutto che la tecnica degli assaggi, da associare alle pappe in maniera duratura, sia ottima per invogliare il bambino ai gusti di famiglia ma che non sia sufficiente a coprire il fabbisogno del pasto del bambino giunto in epoca di svezzamento. La riprova è che io ho allattato i miei ultimi due bambini a lungo (tre anni Agostino, allattamento in corso per Giovanni) e che comunque più nessuna “ciuccia” è stata sostitutiva della pappa, soprattutto dopo un certo periodo di assestamento, diciamo verso i sette – otto mesi. Voglio spendere due parole per altre due considerazioni spicciole: primo, i miei due ultimi figli a partire dall’introduzione della pappa non mi hanno fatto più perdere un’ora di sonno, al contrario di quanto leggo con diversi bambini che seguono l’autosvezzamento totale; secondo, sono diventati due ghiottoni e non c’è un cibo che rifiutino nemmeno a pagarli, nemmeno le zucchine grigliate nell’insalata di pastina. Ci sarebbe anche il terzo punto, ossia nessun problema digestivo o intestinale al contrario dei primi quattro. Concludo dicendovi che lo svezzamento naturale ha i suoi lati positivi anche dal punto di vista economico, e potete immaginarvi quali siano. Senza contare il vantaggio di un’educazione alimentare corretta ab ovo secondo le tradizioni di famiglia: prole numerosa o no, l’accordo generale in tavola è gratificante, credo, per tutte le mamme.

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