Luca Bindi (dal sito UniFI)
La storia dei quasicristalli naturali è recentissima e affascinante, e uno dei protagonisti è l’italiano Luca Bindi, professore di mineralogia dell’Università di Firenze. Dopo avere scoperto il primo quasicristallo naturale, e averne identificato l’origine extraterrestre (vedi qui su Media INAF), Bindi e colleghi internazionali hanno ora annunciato, in un articolo pubblicato sull’ultimo numero della rivista Scientific Reports, l’individuazione del secondo quasicristallo esistente in natura, dotato di una composizione chimica fino a oggi ritenuta impossibile.
«I quasicristalli sono una particolare forma di solido nel quale gli atomi sono disposti in una struttura non periodica come avviene invece nei normali cristalli», spiega Bindi. «Fino a pochi anni fa si riteneva che questi materiali potessero essere solo artificiali, creati nei laboratori e utilizzati anche per oggetti di uso comune, come le pellicole antiaderenti delle pentole e le lamette da barba, grazie alle eccezionali caratteristiche di resistenza».
Questo particolare stato della materia esiste però anche in natura, come lo stesso Bindi aveva documentato nel 2009 quando, in collaborazione con un team di fisici dell’Università di Princeton e di Harvard, aveva individuato in un frammento di meteorite conservato nel Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze il primo quasicristallo naturale. Il minerale, poi riconosciuto dalla International Mineralogical Association con il nome di icosaedrite, presentava una simmetria icosaedrica (come quella di un pallone da calcio), ritenuta impossibile nei cristalli ordinari.
«In un altro grano di quella stessa meteorite – descrive il docente – abbiamo individuato un altro composto naturale con una simmetria finora proibita: una lega ternaria di alluminio, nickel e ferro, che presenta stavolta una simmetria decagonale».
La spedizione di Bindi e colleghi in Kamčatka. Crediti: UniFI
La storia di questo straordinario ritrovamento, che Bindi ha già raccontato a Media INAF in una precedente intervista, passa da Firenze e tocca l’estremo oriente della Russia, il territorio dei monti del Koryak, da dove proveniva il campione fiorentino. Là, nel 2011, ricorda il docente, “abbiamo rintracciato altri campioni di meteorite, un corpo extraterrestre datato circa 4.57 miliardi di anni (periodo in cui i primi condensati si andavano formando nella nebulosa solare), nei quali abbiamo individuato adesso il secondo quasicristallo.”
Il quasicristallo appena scoperto, a cui deve ancora essere assegnato un nome, ha una struttura che assomiglia a una pila di gettoni a 10 lati, impossibile nei cristalli ordinari, nei quali gli atomi sono fittamente impacchettati assieme in una maniera ordinata e ripetitiva.
La differenza tra cristalli e quasicristalli può essere visualizzata immaginando un pavimento piastrellato. Se si usano piastrelle esagonali, tutta la superficie verrà ricoperta, ma con pentagoni o decagoni resteranno dei “buchi” tra una piastrella e l’altra. Se i “buchi” non permettono di definire cristallo il mosaico così ottenuto, si tratta pur sempre di una composizione tutt’altro che casuale.
«Questa nuova scoperta – sottolinea Bindi – dimostra che la natura può formare oggetti con simmetrie finora considerate proibite, quali addirittura quella decagonale. Inoltre conferma che i quasicristalli riescono a rimanere stabili per scale temporali cosmiche. Conclusione estremamente importante – commenta il docente – non solo per le discipline mineralogiche/cristallografiche ma anche per la fisica e chimica dello stato solido e per le scienze dei materiali, viste le enormi applicazioni pratiche che questi solidi permettono».
Gli scienziati stanno ora tentando di capire come il minerale si sia formato. «Sappiamo che ci fu un impatto meteorico, che la temperatura era tra i 1.000 e 1.200 gradi Kelvin e la pressione centinaia di migliaia di volte superiore alla pressione atmosferica. Ma questo non è sufficiente a darci tutti i dettagli», spiega Paul Steinhardt, professore di scienze all’Università di Princeton e coautore degli studi sui quasicristalli naturali. «Noi vorremmo sapere se la formazione dei quasicristalli sia rara o relativamente frequente, come avviene, e se può verificarsi anche in altri sistemi stellari. Quel che troveremo potrà aiutarci a rispondere ai quesiti fondamentali riguardo ai materiali con cui è costruito il nostro universo».
Referenze:
- Bindi et al., 2015, Natural quasicrystal with decagonal symmetry, Scientific Reports
- Bindi et al., 2009, Natural quasicrystals, Science
- Bindi et al., 2012, Evidence for the extraterrestrial origin of a natural quasicrystal, Proceedings of the National Academy of Sciences
Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini