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Dan Ettinger e gli Stuttgarter Philharmoniker – Carmina Burana

Creato il 20 ottobre 2015 da Gianguido Mussomeli @mozart200657
Foto ©Thomas Niedermueller / niedermueller.deFoto ©Thomas Niedermueller / niedermueller.de

Il secondo appuntamento con la stagione degli Stuttgarter Philharmoniker ha richiamato alla Liederhalle la folla delle grandi occasioni, sicuramente attirata dalla scelta del programma. Dan Ettinger, il nuovo Chefdirigent del complesso, ha voluto infatti proporre per la prima serata del ciclo Terzett i Carmina Burana, il grande affresco sinfonico-corale composto da Carl Orff negli anni Trenta del secolo scorso che è divenuto popolarissimo anche al di fuori dell’ ambiente della musica classica soprattutto grazie al coro “O Fortuna velut luna”, che apre e conclude la partitura e che, grazie al suo impiego in più di settanta produzioni conematografiche e televisive, si è trasformato negli anni in una sorta di icona pop, venendo addirittura impiegato in numerosi spot pubblicitari. Del resto, i Carmina Burana hanno goduto fin dalla prima esecuzione, avvenuta a Frankfurt l’ 8 giugno 1937, di un apprezzamento inversamente proporzionale alla scarsa considerazione con cui la critica e la musicologia hanno sempre riservato a Carl Orff, compositore che invece ci appare oggi come una figura tutt’ altro che trascurabile. Con molta probabilità, l’ ostracismo della critica nei confronti del compositore bavarese è stato influenzato dalla sua pretesa condiscendenza nei confronti del regime nazista, una tesi che però è decisamente smentita dai fatti. Orff non fu mai iscritto al NSDAP, si dimise dalla prestigiosa Münchner Bachverein nel 1933 all’ indomani dell’ avvento del governo nazionalsocialista, non assunse alcun incarico ufficiale durante gli anni in cui Hitler fu al potere (anche se la sua composizione “Einzug und Reigen der Kinder“ fu eseguita durante la cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Berlino nel 1936)  e venne anzi decisamente osteggiato dal regime per il suo stile compositivo e per l’ impostazione della sua attività didattica. Basta andare a rileggersi le recensioni della prima esecuzione dei Carmina Burana per trovare pesanti censure relative all’ “Unverständlichkeit der Sprache”, alle tracce di “Jazzstimmung” e agli “artfremde rhytmische Elemente”, oltre che alla licenziosità dei testi impiegati. La celebre pianista Elly Ney, lei sì una fanatica ammiratrice del Führer tanto da essere sarcasticamente definita come la “Reichsklaviermutter”, assistette nel 1942 alla prova generale di un’ esecuzione del brano a Görlitz e lasciò la sala dopo il coro introduttivo dicendo ad alta voce: “Kulturschande!”. Dopo questo episodio scandalistico, la rappresentazione venne ufficialmente proibita dalle autorità locali. In realtà, Carl Orff ebbe nei confronti del regime hitleriano un atteggiamento ambivalente. Da un lato, fu sicuramente un opportunista deciso ad approfittare fino in fondo della grande popolarità che, a dispetto dell’ atteggiamento degli alti papaveri governativi, la sua musica godeva in quegli anni. Dall’ altro, fu uno dei tanti artisti che, seguendo l’ esempio del grande Wilhelm Furtwängler, decisero di rimanere in Germania per preservare le radici della cultura musicale tedesca in quegli anni oscuri. Del resto, va ricordato che il musicista monacense era, tra le altre cose, amico personale di Kurt Huber, uno dei fondatori del movimento di resistenza antinazista Weiße Rose, e nessun processo di Entnazifizierung venne intentato contro di lui dagli Alleati dopo la fine della guerra, dopo le indagini ufficiali compiute sul suo conto.

Oggi, guardando i fatti con un atteggiamento più obiettivo, non si può fare a meno di riconoscere la rilevanza artistica di questo compositore colto e raffinato, la cui opera ha costituito un punto di partenza fondamentale per alcuni tra i musicisti tedeschi più importanti del nostro tempo come Hans Werner Henze, Wolfgang Rihm e Aribert Reimann, che da Orff hanno ereditato uno stile di scrittura finalizzato al recupero dell’ antica polifonia e delle forme musicali arcaiche. Non è questa la sede per occuparci a fondo delle problematiche musicali insite nella partitura dei Carmina, composta su testi poetici medioevali risalenti al tredicesimo secolo, del senso metastorico e metafisico di questa notevolissima operazione culturale o della raffinatezza di scrittura e della ricchezza onomatopeica della sua strumentazione. Possiamo al massimo sottolineare che l’ ascolto di questo lavoro rivela senza dubbio un’ originalità stilistica e una qualità di ispirazione tali da poter inserire a buon diritto i Carmina Burana tra i risultati artistici più rilevanti nel panorama musicale del Novecento.

Dan Ettinger e i solisti ringraziano il pubblico alla fine del concerto
Dan Ettinger e i solisti ringraziano il pubblico alla fine del concerto

Come abbiamo detto in apertura, per questa serata la Liederhalle era esaurita da diversi giorni. La musica di Orff ha sempre goduto di grande considerazione qui a Stuttgart, tanto che lo Staatsheater fu scelto dal compositore come sede per la prima esecuzione assoluta di due tra i suoi lavori del dopoguerra: Die Bernauerin, Ein bairisches Stück nel 1947 e Prometheus, nel 1968. L’ esito del concerto ha pienamente ripagato le aspettative del pubblico. Dan Ettinger ha interpretato i Carmina Burana in maniera incisiva e sobria, evitando tutti i retoricismi e i fracassi pompieristici con cui troppo spesso questa musica viene resa. Gli Stuttgarter Philharmoniker hanno realizzato con ottima precisione e compattezza sonora le intenzioni del loro nuovo Chefdirigent. Particolarmente ben riuscita mi è sembrata l’ esecuzione della terza parte, Cour d’ Amours, nella quale Ettinger ha sottolineato molto bene le atmosfere sensuali e la delicatezza della strumentazione. Ottima per amalgama, precisione di intonazione e varietà dinamica, la prova dei cori, che erano il Tschechischer Philharmonischer Chor Brünn, il Württembergischer Kammerchor Stuttgart e lo Stuttgarter Hymnus-Chorknaben. Per quanto riguarda le parti solistiche, buona la prova del soprano sudafricano Estelle Kruger e quella del baritono danese Lars Møller. Un po’ meno convincente il tenore Martin Nyvall, che è sembrato piuttosto a disagio nella tessitura acutissima della sua parte. Successo trionfale, con intense acclamazioni per tutti da parte di un pubblico che, una volta di più, si è lasciato catturare dal fascino di una musica che, a dispetto degli sproloqui di certa critica, affascina e cattura l’ attenzione come poche altre.



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