Il brillante esordio di Dan Vyleta con questa Spy story densa di allusioni letterarie è ritratto avvincente di vincitori e vinti, delle miserie suscitate dalla guerra. Nella freddissima Berlino dell’inverno 1946 1947 le miserie umane abbondano, e l’autore con bravura riesce a tratteggiare il clima umano e storico di quei giorni, ricavandone una storia avvincente, sotto certi aspetti accostabile a quelle di Graham Greene.
Dan Vyleta , L’uomo di Berlino, Longanesi
Berlino, inverno 1946. La guerra è appena terminata e la città mostra al mondo tutte le sue ferite. Non c’è quasi edificio che sia rimasto in piedi e gli abitanti si aggirano come spettri, in attesa che il cielo plumbeo si apra e accada qualche miracolo che permetta loro di sopravvivere. Anche Pavel Richter non possiede quasi nulla, a parte i tanti libri che tappezzano le pareti del suo appartamento. Con lui c’è Anders. un orfanello che traffica nel mercato nero e procura a Pavel la penicillina di cui ha bisogno per una brutta infezione ai reni. In cambio. Pavel cerca di fare da padre e da insegnante al ragazzino. Al piano di sopra abita Sonia, una donna che come tante altre ha un solo bene da offrire in cambio di ciò che le serve per non morire di stenti: il proprio corpo. Che cosa la unisce a Pavel? Ma soprattutto, chi è veramente. Pavel Richter? Ha il passaporto americano e parla alla perfezione quattro lingue, compreso il russo: legge Dickens ad alta voce e cita a memoria Dostoevskij, ma non batte ciglio quando il suo migliore amico, Boyd White. di professione magnaccia, si presenta alla sua porta con una strana consegna: un cadavere…