Daniele Capezzone non è bisessuale, non lo è mai stato: lo dichiarò a Eva Tremila, nell’ottobre del 2006, ma per autopromozionarsi. Posso dirlo con cognizione di causa, perché a quei tempi ero membro della Direzione nazionale di Radicali italiani e lo frequentavo con una relativa assiduità. Quell’intervista mi aveva stupito – dirò poi perché – e gliene chiesi ragione a modo mio: «Ottima mossa! – dissi – Hai alleggerito l’immagine seriosa con un tocco furbissimo sul piano politico e su quello dell’immaginario collettivo…». Sembrò assai soddisfatto del complimento, sicché pensai di poter buttare l’esca: «… tanto più azzeccato quanto più gestibile in futuro: dichiararti bisessuale era la scelta migliore per celare il tuo totale disinteresse per il sesso, che l’opinione pubblica solitamente considera con sospetto». Abboccò arrossendo come un bambino sorpreso a rubare la marmellata.Era stato sincero due anni prima: «Desidererei vivere in un paese desessualizzato» (Magazine, 5.8.2004), ma se n’era pentito, perché l’immagine accentuava ancor di più quel misto di freddezza e contegnosità nel quale fin dagli esordi della sua vita pubblica s’era rinchiuso per difendersi, ma dal quale ora cercava di liberarsi, e già da qualche tempo. L’occasione offertagli da Eva Tremila fu colta al balzo, con prontezza e lucidità.Forse non si aspettava tutto il rumore che ne conseguì, ma smentire sarebbe stato peggio, sicché decise che avrebbe confermato, ma smorzando i toni: «Credo a una cosa che ha detto lo scrittore Jorge Luis Borges: “Bisogna avere una mente ospitale”. Ho avuto rapporti di amicizia, e oltre, con ragazze e ragazzi» (Corriere della Sera, 27.10.2006). «E oltre» confermava, «Borges» smorzava. Per mesi e mesi, d’altra parte, non aprì bocca per smentire chiunque rilanciasse il “Capezzone bisex”. Passato al centrodestra, cambiava tutto ed ecco, per la prima volta, un Capezzone furioso nel sentirsi rammentare il passato. Mai mosso un dito o aggrottato un ciglio per chi gli ha rinfacciato il capovolgimento di opinioni e posizioni, anche quando il disprezzo arrivava alla condanna morale e all’insulto. Stavolta no.
Nel centrodestra la bisessualità non serve a niente, anzi, è un handicap. Sicché di tutto ciò che ha fatto e detto in passato, spesso con largo eccesso di piglio, nulla lo imbarazza: serviva allora, non serve più, può essere archiviato. Ma il dichiararsi bisessuale senza esserlo non gli è servito troppo allora (avrebbe fruttato se non avesse saltato il fosso) e adesso non gli serve a niente. È un peso intollerabile per questo. Solo per questo.Resta solo da spiegare perché quell’intervista a Eva Tremila mi avesse stupito. Ero convinto che Capezzone avrebbe lasciato i radicali e il centrosinistra: mi stupiva che azzardasse a mettere una così pesante ipoteca sul suo futuro politico in un’area culturale tradizionalmente ostile alla bisessualità, più ancora che all’omosessualità, perché più difficilmente “comprensione” dell’omosessualità, e a destra si condanna tutto ciò che non si “comprende”: meno lo si “comprende”, più lo si condanna (è un riflesso condizionato del conservatore e del conformista, pressoché sempre).
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