Da ben prima dell’insediamento del governo Letta abbiamo assistito a un valzer di (assai giustificati) appelli e sollecitazioni alla necessità di muoversi a «dare risposte al Paese» – che è poi grosso modo il motivo per cui lo stesso esecutivo ha visto la sua genesi.
Da allora è seguita una certa vaghezza sulle famose riforme (con la prematura morte della famigerata Convenzione bipartisan, peraltro), condita da accuse reciproche tra i due principali azionisti del nuovo governo. Ma qualche spiraglio d’azione c’è stato, a dirla tutta.
Sui media infatti hanno trovato molto spazio alcune iniziative parlamentari: la cosiddetta proposta di legge Finocchiaro-Zanda – che mirerebbe, sostanzialmente, all’esclusione dalle elezioni politiche nazionali di movimenti impostati come quello di Beppe Grillo; la proposta, sempre di Luigi Zanda, di votare a favore dell’ineleggibilità di Silvio Berlusconi; infine, il tentativo del Pdl di depenalizzare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa – poi ritirato – e quello venturo di punire chi impedisce il regolare svolgersi di una manifestazione (a possibile vantaggio, rispettivamente, dello sfortunato duo Dell’Utri-Cosentino e dei prossimi comizi di Berlusconi).
Quindi, a scanso di equivoci, le risposte al Paese qualcuno le sta dando.
Che siano le domande, ad essere sbagliate?
Articoli sull'argomento:
- Che fare?
- Il marketing elettorale targato Berlusconi
- Campagne elettorali all’italiana
- Qualcuno era bersaniano