La vincente accoppiata composta da Tim Burton e Johnny Depp torna sul grande schermo con una pellicola che promette bene ma non mantiene, godibile e divertente ma lontana dai canoni a cui ci eravamo abituati.
Dark Shadows, questo il titolo del film, ha una trama parecchio interessante sostenuta da alcune scene veramente geniali e una fotografia eccezionale ma la sceneggiatura fa un pochino acqua e si perde in alcuni passaggi fin troppo forzati. Ci si passa una bella serata e ci si discute una mezz’oretta poi nient’altro.
Peccato, perchè il cast è di tutto rispetto. Depp è una sicurezza quando si tratta di interpretare personaggi surreali al limite della follia; Michelle Pfeiffer aggiunge una certa classe, Eva Green è come al solito spettacolare in quanto a bellezza ed espressività (a parte una tinta di capelli che non le fa onore) ed Helena Bonham Carter non è messa lì solo perchè è la moglie del regista ma perchè rappresenta il perfetto alter ego femminile per Johnny Depp. Particolare anche il cammeo dedicato al rocker Alice Cooper.
La storia è molto semplice nella sua linearità apparente (si ingarbuglia assai e inspiegabilmente nel finale). Barnabas Collins (Depp) è il giovane rampollo di una ricchissima famiglia di Collinsport, piccola località fondata dal padre del protagonista nell’America del periodo post-coloniale. La facoltosa famiglia vive nella splendida reggia di Collinswood dove Barnabas gestisce gli affari dell’azienda ittica di famiglia attirando su di se le mire delle donne che gli posano gli occhi addosso; fra tutte la più amata è la serva Angelique (Eva Green) che però non viene corrisposta come vorrebbe così, essendo una strega nel tempo libero, maledice Barnabas trasformandolo in vampiro e imprigionandolo in una bara. Dopo 2 secoli, cioè quando comincia la storia vera e propria, la famiglia Collins è in rovina e in balia della tremenda maledizione della strega quando, per un caso del tutto fortuito, Barnabas riesce a liberarsi e si mette in cerca della sua vecchia nemica.
Il tema del sovrannaturale viene trattato in maniera accattivante, dal punto di vista degli effetti speciali, ma anche confusa in quanto ad alcuni piccoli dettagli che saltano all’occhio e disturbano un poco. Il fatto che la condanna di Barnabas sia quella di farsi e rifarsi una strega immortale con le fattezze di Eva Green mi fa dubitare della validità del maleficio stesso. Povero Barnabas! Quello però che è più evidente è che non siamo di fronte al Tim Burton che conosciamo: dopo Alice in Wonderland ancora una volta il geniale regista esagera cadendo lui in una maledizione, quella del troppo che stroppia. Così come la deliranza nel precedente film, anche in questo caso alcune scelte vanno oltre la comprensione e comportano uno sforzo non indifferente da parte dello spettatore. Barnabas, ad esempio, sembra un Edward Mani di Forbice un po cresciuto con un pizzico di Jack Sparrow. Per la serie: caro Tim Burton la prossima volta non mi freghi..
Foto: CineMarcado