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Il sottosegretario Rossi-Doria (clic) ha rassicurato che non si tratta di un obbligo ma di un'adesione volontaria. Si sono levate alte le proteste, giuste da parte di chi il sostegno lo ha scelto, dopo essersi adeguatamente formato attraverso i corsi pluriennali, la pratica del tirocinio, con alle spalle anni di precariato irrisolto. Ma non è quello che preoccupa, o meglio anche quello, ma sicuramente non è l'aspetto più grave della questione. L'aspetto pessimo della questione è che in tanti aderiranno, in tanti dopo anni, qualcuno anche dopo molti anni, come insegnanti di classe. Abbracceranno il sostegno, anzi non lo abbracceranno per nulla, per evitare di finire in sedi più lontane e fra i pochi che prenderanno a cuore la missione che li aspetta, pagati a poco prezzo, in tanti lo faranno per far passare la giornata, la settimana, il mese e l'intero anno scolastico, in attesa di tornare in una classe. E' già accaduto e se la memoria non mi inganna, se mi inganna qualcuno corregga, toccò agli insegnanti di educazione tecnica e educazione fisica, riproporsi nella veste di insegnanti di sostegno.
La didattica di sostegno, perchè così andrebbe chiamata, è altro e oltre la normale attività di classe, e farsene carico significa sposare altri progetti di vita. E' vero che anche il docente perdente posto (perdente sede come sarebbe più corretto dire) ha un suo progetto, e cioè il diritto ad una sede vicina al luogo di residenza, ma questo lo si deve fare per forza passando sulle attività di sostegno destinate agli alunni e alle classi? Non possiamo fare tutto tutti, questo è il vero problema della scuola.
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