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Dal rito della tavola, recensioni su film incentrati sul momento del pasto in comune, conclusosi al momento con il capolavoro di Gabriel Axel, Il pranzo di Babette, e che potrebbe avere una svolta nel 2013, all'autobiografia di Elias Canetti, che nei prossimi anni sarà senz'altro integrata con altre letture (e riletture) e articoli relativi. L'interesse per Canetti è, a sua volta, un capitolo della mia ricognizione sulla letteratura mitteleuropea (con recensioni, tra le altre, su Franz Werfel, Robert Walser e Stefan Zweig), che - essendomi congeniale - è solo all'inizio. Ma è stato anche l'anno della scoperta di Roberto Bolaño e di due ritorni di fiamma: Gesualdo Bufalino (il pezzo su Diceria dell'untore è uno di quelli a cui tengo di più, tra quelli dell'intero blog) e Virginia Woolf (con Orlando ho fatto un esperimento di social reading, mentre alla permanenza della sua Mrs. Dalloway ho dedicato quattro post che si sono chiusi con la recensione del film di Marleen Gorris). Da un titolo di Virginia Woolf, poi, è scaturita l'idea di un esperimento narrativo che ho chiamato Le Onde. Va da sé che non sono uno scrittore, tuttavia tornerò ancora su queste paginette e cercherò di farle diventare qualcosa di più compiuto, per certi aspetti lo meritano, per altri aspetti me lo devo. Ho vissuto come una dolorosa recidiva l'infatuazione per gli aspetti umanistici del diritto, che non possono trovare lo spazio che vorrei nelle mie già affollatissime giornate, perché richiedono un impegno ben più corposo (anche a livello dilettantistico, il diritto va studiato con calma e con una dedizione pressoché assoluta); di contro, la mia passione per la cucina è cresciuta molto in concreto, con risultati altalenanti, sebbene mi renda conto che la sezione Cooking Jungle su questo blog stia languendo da un pezzo (però al momento non trovo ragioni per irrobustirla). Si è invece formalizzata la sezione dedicata alle riflessioni teoriche e didattiche su lingua e letteratura, compatibilmente (è ovvio) con la natura del blog e con lo spazio che gli assegno nella mia quotidianità e nell'ambito del mio lavoro. Il 2012 è stato anche l'anno della fotografia, della musica e in definitiva, quel che più conta, di una maggiore libertà nell'esprimermi, verbalmente e non.
Das Kabarett ha ormai trovato la sua strada e suona vano, ozioso, l'interrogativo sul valore che avrà nella mia vita in futuro: senz'altro, però, al momento ha un'incidenza che nei prossimi mesi dovrà essere rivalutata. È chiaro che reputo quel che scrivo degno di un sia pur minimo interesse, ma non ho mai scritto con la convinzione di essere bravo. Non opero in ragione di quel che sono, ma in ragione di ciò che voglio essere. In questo modo allontano sempre più l'orizzonte davanti a me, ma almeno così mi supero in continuazione (anche se il cammino tracciato dietro di me, alla lunga, è molto più significativo di quello che intraprendo di volta in volta). Non il singolo articolo o l'umore variabile di tempi difficili, ma l'intero percorso rende conto di ciò che c'è dietro lo schermo di un laptop. Spero che guardando un po' più in là, Das Kabarett restituisca per questo 2013 in partenza un'immagine più serena del suo autore e più audace del suo impegno.
Per il resto, auguro a tutti i miei lettori (e, ovviamente, a me stesso) un anno in cui i risultati superino di gran lunga ogni giusta ambizione: non parlo di vaghe velleità di afferrare con cupidigia beni e successi che si credono alla portata dei propri mezzi, come l'affamato, assetato, disperato Tantalo. Mi riferisco alla sincera e autonoma disponibilità a rinnovarsi, tracciando col proprio lavoro una strada davanti a sé, ma non solo per sé.
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