I dati dell'Istat sulle compravendite immobiliari nel terzo trimestre del 2012 certificano la crisi del settore, dopo i ripetuti allarmi lanciati dagli operatori negli scorsi mesi.
Uno scivolone ancora a due cifre rispetto allo stesso periodo del 2011 (-23,1%) e pari a a 134.984 passaggi di proprietà, che segue il calo del 23,7% del secondo trimestre e del 16,9% del primo.
Così nei primi nove mesi dello scorso anno il crollo accertato è del 21,4% (457.518 passaggi di proprietà), poco più di un quinto in meno rispetto all'anno precedente.TESTO DA PANORAMA.IT E VIDEO DI REPUBBLICA.IT
In dettaglio, le convenzioni di compravendite di unità immobiliari ad uso abitazione e accessori sono 125.903 e rappresentano il 93,3% di tutte le convenzioni rogate, spiega l'Istat, a fronte di un contenuto 6% per le convenzioni di compravendita di unità immobiliari ad uso economico (8.065) e di un residuale 0,7% per gli immobili ad uso speciale e le multiproprietà (1.016).
In ogni caso, sia che si tratti di una casa, di un ufficio o un negozio, l'andamento delle variazioni tendenziali dei passaggi di proprietà (anno su anno) è sempre negativo, anche a livello territoriale: per le abitazioni il calo è più accentuato nel Nord Est (-25,7%) e nel Nord Ovest (-24,5%) superiori a una media nazionale del 23%, mentre per gli immobili ad uso economico nelle Isole (-31,9%) e nel Nord Ovest (-24,5%) rispetto alla media nazionale (-25,7%).
Gli italiani, insomma, non riescono più a comprare casa. E la colpa non è solo della crisi economica che ha ridotto la capacità di spesa e di risparmio degli italiani.
A calare, infatti, non sono tanto le richieste di mutui da parte delle famiglie o delle imprese (-3,6% nel 2012 per un importo pari a 146.316 euro, secondo gli ultimi dati Crif), ma l'erogazione da parte degli istituti di credito: le concessioni di ipoteche immobiliari a garanzia di mutui verso le banche sono calate del 39,5% nei primi nove mesi del 2012, con una variazione tendenziale negativa più accentuata a livello ripartizionale nelle Isole (-50,6%) e al Sud (-42,8%).
La ragione è nei criteri sempre più stringenti adottati dalle banche nella valutazione del grado di affidabilità del potenziale cliente: gli istituti, sottolinea il Codacons , hanno deciso di porre "condizioni troppo restrittive per premunirsi dal rischio di insolvenze, specie considerando che le banche italiane in passato erano state, per fortuna, sufficientemente prudenti e che, quindi, il giro di vite nel valutare il rating non era necessario".
Se prima della crisi bastava che il mutuo fosse pari all'80% al valore dell'immobile, prosegue l'associazione dei consumatori, oggi le banche erogano con il 60%. Prima della crisi era sufficiente un rapporto rata - reddito famigliare non superiore al 30 %, mentre oggi viene richiesto un reddito di quattro volte la rata.
Insomma, lo scenario non è certo dei migliori, ma non per tutti. Chi ha liquidità disponibile (e voglia di investire) ha una speranza: la deflazione.DA PANORAMA.IT 15 Aprile 2013