Dave St Pierre, Foudres, Photographe Wolgang Kirchner
Foudres, creazione conclusiva della trilogia iniziata con la Pornographie des âmes è andato in scena, in prima nazionale, martedì 12 febbraio a Teatri di Vita a Bologna, e sarà all’Auditorium Parco della Musica di Roma sabato 16 e domenica 17 febbraio 2013, all’interno del Festival Equilibrio.
Un’altra autopoiesi. Un’autonomia di metodo nell’invenzione di tecniche e forme per sostenere l’impatto della visione, che lascia il segno. Accalorando pubblico e critica. Ancora una volta. Un nutrito gruppo di angeli/cupidi con tanto di ali bianche, arco e frecce/ventosa sono già in scena e in azione all’arrivo del pubblico. Il caos inizierà di lì a poco, teso e sottile, come i lacci che immobilizzano e legano un uomo e una donna a proscenio. Una visione quasi apocalittica. Cataste di oggetti e sedie, l’uomo e la donna legati e con le bocche tappate da uno spesso scotch nero, e questi corpi adamitici continuamente intrecciati gli uni agli altri, sovrapposti, incastrati, nella loro condizione di lotta, di caccia di vittime da colpire.
Dave St Pierre, Foudres, Photographe Wolgang Kirchner
Il colpo di fulmine è un escamotage, i cupidi “aulici” (si fa per dire) svelano la loro vera natura nel prendere, svestire, rivestire e manipolare l’uomo e la donna a proprio piacimento; le frecce – per altro sminuzzate, alcune sboncoccellate – come i cliché del languido, del romantico rispetto alla stereotipata visione dell’amore, si rivelano per quello che sono: fandonie. Perché i cupidi alati, corpi/carne, inquieti e disperati, precipitano in modo rovinoso, nel senso anche letterario del termine, e si espongono su tavoloni neri – ogni volta mutanti nelle forme, nell’uso e nel significato – su cui sono ammannite ogni volta le carni, fatte di sangue, lacrime e sudore, che bramano la relazione con l’altro. Perché l’uomo e la donna, tra lanci, cadute e salti nel vuoto, dichiarano la realtà delle cose e dei sentimenti. Non stiamo parlando dell’innamoramento, semplice e banale, non stiamo parlando di amori e passioni senza senso, forse non stiamo nemmeno parlando della sola relazione di coppia ma di tutti i rapporti e legami in cui ami davvero, fino in fondo, sicuramente non stiamo parlando dei luoghi comuni sull’amore.
Dave St Pierre, Foudres, Photographe Wolgang Kirchner
Stiamo parlando del desiderio. E Dave St Pierre considera il corpo la “mappa geografica del desiderio”. De-siderare. Una dimensione fisica, piena, violenta, nell’accezione positiva di un impeto travolgente … che si manifesta, certo, a volte, anche con forza distruttrice. Stiamo parlando del darsi completamente all’altro, meglio ancora, della volontà di concedersi completamente all’altro, di mettersi nelle mani dell’altro, dandogli tutto, anche il cuore, proprio come un pezzo di corpo sanguinolento. Lo sguardo di Dave St Pierre è cinico e crudo. Per tutta la durata dello spettacolo, con questo occhio e consapevolezza, ti smarrisci e identifichi nella potenza vitale e primaria del corpo, che parla, nella sensualità selvaggia, nella corporeità violenta, nell’ironia e nello humor. Cupido ne esce carbonizzato, come il desiderio e l’amore carbonizza i corpi tesi alla ricerca dell’altro. Un grande affresco corale della natura dei rapporti umani, a volte disperati e inquieti, rispecchia la nostra società. Ancora una volta, sottesa e manifesta al tempo stesso, la visione dei tabù e dei desideri della società contemporanea. L’ineluttabilità del corpo arriva, affida il suo riconoscimento allo sguardo intelligente dello spettatore, e tutto si muove in uno stato senza ego che lascia il campo al ritmo, all’evidenza della danza, al qui ed ora della scena. Il finale, per alcuni consolatorio, per chi scrive è risultato esattamente l’opposto, non certo un lieto fine ma il contrario, come se si accasciassero l’uno sull’altro per sfinimento, non come se si abbracciassero finalmente risolti e vicini.
Dave St Pierre, Coreografo Canadese
Il corpo è un problema serio da attraversare più che uno strumento da direzionare a fini dimostrativi. E Dave St Pierre lo reinventa ogni volta per il focus del momento, e la scena si configura come il luogo del “farsi” di queste trasformazioni, evoluzioni e, soprattutto, svelamenti. Il contenuto si dipana in diversi livelli di profondità, necessari per affrontare la metamorfosi e la verità. La sua, certo, ma è lui che si mette in gioco e che sta parlando. Sono molteplici le tematiche affrontate in questa trilogia, differenti linguaggi espressivi che si sommano e si fondono e un serbatoio ricco di immagini, cose, parole, odori spesso. L’architettura complessiva anche di questo spettacolo è complessa, intricata, segnata da forti contrasti stilistici ed espressivi; eppure a essa sono altresì associabili concetti di semplicità ed essenzialità. Come in modo semplice ed essenziale arriva che Foudres è un bel lavoro, ricco, drammaturgicamente intenso. I corpi, i danzatori, gli assoluti protagonisti, i veri creatori del dramma – Marie-Ève Quilicot, Christian Garmatter, Marie-Ève Carrière, Sarah Lefebvre, Nadine Gerspacher, Joannie Douville, Aude Rioland, Susan Davis Paulson, Alanna Kraaijeveld, Natacha Filiatrault, Francis La Haye, Marc-André Goulet, Vincent Morelle, Jérémie Francoeur, Philippe Thibault-Denis, Milan Panet-Gigon, Simon Fournier, Philippe Boutin – sono preziosa materia prima teatrale, e umana. Uno spettacolo da vedere.
Federicapaola Capecchi, coreografa