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David Foster Wallace nella Casa Stregata: la Fine è il mio Inizio

Creato il 17 settembre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
David Foster Wallace nella Casa Stregata: la Fine è il mio Inizio

Nota propedeutica al lettore: questa non è una recensione.

La saggistica quasi sempre è noiosa. E questo è il primo fatto. Ogni tanto esce un saggio che non è noioso. E questo è il secondo fatto. Raramente, invece, escono saggi che sono anche dichiarazioni d’amore incondizionato ed eterno. E questo è il caso presente: David Foster Wallace nella Casa Stregata di Carlotta Susca, edito da Stilo Editrice nella collana “Officina” curata da Daniele Maria Pegorari.

Avvertenza: questa recensione recensisce un testo (postmoderno?) che parla di un autore definito postmoderno (a ragione?) e quindi vuole essere postmoderna.

L’autrice, pugliese, al suo primo saggio, non teme giudizi; e così non ha paura di

  1. schierarsi, di chiarire a tutti la sua collocazione;
  2. portare argomenti a favore delle proprie idee e a detrimento di molte altre riflessioni, ritenute palesemente errate.

E questo non è forse ciò che dovrebbe fare ogni saggista, o aspirante tale?

David Foster Wallace, autore americano di culto, morto prematuramente (è importante come?) è il perno dell’opera, e ciò sia inteso letteralmente: il saggio di Susca è un tentativo, non si può dire non riuscito, di compenetrare l’universo dell’autore facendo la spola ossessivamente tra opera e scrittore. Interessante il sottotitolo, di cui poi ampiamente si disserta: Una scrittura tra Postmoderno e Nuovo Realismo. Posto che ormai per qualche verso anche il mio gatto può essere definito “postmoderno”, Carlotta Susca parte proprio dalla dicotomia di cui al sottotitolo, e prova a scioglierla.

Ma sono (dopo la digressione su Wallace/Barth vale a dire tutto ciò che avreste voluto sapere sul parricidio letterario ma non avete mai osato chiedere, che però tra loro è inserita) i lunghi capitoli dedicati alle due “opere-mondo” di Wallace, Infinite Jest e Il re pallido (la seconda incompiuta) a costituire il fulcro di questo volume: analisi da studiosa ma, prima ancora e cosa più importante, da appassionata. E un finale geniale, affettuoso, citazionistico nell’anima.

una immagine di Carlotta Susca 620x465 su David Foster Wallace nella Casa Stregata: la Fine è il mio Inizio

Tutte cose, assieme ad altre naturalmente, che, per citare l’indice di David Foster Wallace nella Casa Stregata, sono «tutto ciò che rende un libro ciò che un libro dovrebbe essere, cioè qualcosa che vien voglia di leggere».

Ci sarà dunque perdonato se, in chiusura, la nostra fine è il nostro inizio; ma non solo: siccome siamo accorti, la nostra fine, citazionistica anch’essa, è anche l’inizio, giustissimo, di David Foster Wallace nella Casa Stregata, in particolare la postmoderna (e viene spiegato anche questo) Una prima nota al lettore, quando dice:

«I testi saggistici sono noiosi. Nella maggior parte dei casi, perlomeno, è così. A volte sembra che il clima accademico imponga l’adozione di uno stile che inevitabilmente allontana il lettore. Perché si dovrebbe leggere un saggio?».

Carlotta, perché secondo te i cosiddetti “colti” non scrivono solo di ciò che piace loro?

«Non la porrei in questi termini… le persone colte in genere sono interessanti qualunque cosa dicano. Io credo che il problema spesso si ponga nelle pieghe deteriori dell’Accademia, quando si è costretti a produrre dei testi, quando l’argomento viene assegnato e non negoziato, quando si è obbligati a scegliere fra una rosa di autori imposti o quando, semplicemente, non si ha passione per la letteratura. E comunque nei primi tre casi, se l’autore di cui ci si deve occupare non è talmente insignificante da non poterne cavare nulla di buono, se ne potrebbe comunque parlare in maniera interessante e offrire un servizio al lettore. Credo che il problema principale siano i testi compilativi, quelli che dietro involute circonlocuzioni cercano di nascondere l’assenza di contenuti. Quando leggo certe espressioni (diamine, spero di non averle usate senza accorgermene!) mi infastidisco: ‘una questione altra’, per esempio. Ma poi ogni espressione credo sia nata per una esigenza, poi si diffonde e perde ogni legame con il motivo per cui era stata inventata, e si finisce con l’usarla a sproposito. Del problema dell’uso deteriore del linguaggio tratta egregiamente Vonnegut ne La colazione dei campioni. Ma ora mi sto allontanando dalla tua domanda, quindi la smetto».

Su una scala da 1 a 100, quanto ti piace David Foster Wallace? E dopo il tuo libro, ti piace di più o di meno?

 «Dai, non farmi queste domande. Io adoro Wallace, per me è una presenza quasi costante, su di lui misuro tutto quello che leggo (e nessuno ne esce benissimo). Dopo il libro non cambia il mio amore smisurato, anzi, rileggerei e rileggerei Wallace, visto che i suoi testi dialogano fra di loro e ogni lettura illumina nuovi aspetti. Ma per evitare di diventare monomaniacale sto programmando le mie letture a partire da lui: Eugenides e la Egan perché lo citano, Vonnegut perché potrebbe averlo influenzato…».

Trovi che la “passione per un autore” sia una categoria sciocca?

«Spero di no! No, io cerco sempre di non dimenticare una cosa fondamentale, e cioè che si legge per passione. Molti leggono per darsi un tono, ad altri piace dire di leggere e neanche lo fanno, e lavorando in campo editoriale, per me leggere è anche un lavoro. Ma mentre si dice che il barista non beva caffè a casa, io finisco di correggere bozze o impaginare e poi vado a casa e leggo per piacere (e ricerca personale). Da quando leggo cercando qualcosa in particolare, poi, mi sembra di farlo in maniera più seria».

Tre cose indispensabili per scrivere un buon saggio.

«Un saggio che a me possa piacere deve essere scritto in maniera non accademica, deve essere chiaro e deve essere impaginato bene (ma questo non dipende dallo scrittore). Un buon saggio, invece, deve essere anche affidabile, cioè non dovrebbe contenere falsità».

La prima domanda ti sembra colta?

«Vuoi essere ricorsivo? (E qui ci starebbe una faccetta sorridente, ma non è accettata come norma editoriale. Fai finta che ci sia).

Grazie!».

una immagine di Copia di Copertina di David Foster Wallace nella Casa Stregata Stilo Editrice 2012 620x933 su David Foster Wallace nella Casa Stregata: la Fine è il mio Inizio

 


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