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Davide Foschi LUX IN TENEBRIS – mostra alla Galleria NoA: Genziana Ricci per Milano Arte Expo

Creato il 08 febbraio 2013 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo
Davide Foschi, Io ti proteggo

Davide Foschi, Io ti proteggo

Genziana Ricci intervista Davide Foschi in occasione della prossima mostra - dal 15 al 30 marzo 2013 - alla Galleria N.O.A. di Milano (MAPPA), intitolata LUX IN TENEBRIS, curata da Giammarco Puntelli. Inaugurazione venerdì 15 marzo, alle ore 18.30. - L’artista contemporaneo in viaggio tra luce e tenebra, tra umano e divino, di Genziana Ricci: Davide Foschi è un’artista, o meglio, fa l’artista, affermazione che definisce concretamente il concetto di intraprendere l’arte come una professione, nella quale è necessario mettere in atto una progettualità ed una ricerca approfondite e specifiche. Con questo obiettivo, Foschi sta per avviare un percorso espositivo che, partendo dalla mostra LUX IN TENEBRIS presso la Galleria N.O.A., lo porterà, attraverso altre esposizioni personali, a diffondere la sua ricerca artistica in altre città d’Italia.  >>

Ecco che con questa intervista approfondiamo con Foschi gli aspetti della sua attività e le sue prossime iniziative.

D: Bene. Davide Foschi, artista contemporaneo. Pittore e poeta. Figlio d’arte e uomo che conduce una ricerca interiore continua. Non “è artista”, ma “fa l’artista”. Com’è cominciato il tuo percorso nell’arte e quale ruolo ha nella tua vita quotidiana?

Davide Foschi

Davide Foschi

Sono nato in una famiglia che dell’arte ha sempre fatto una bandiera, sia da parte del ramo materno che paterno, tra letteratura e arti visive. Per me vivere e crescere in questo mondo di strani genialoidi e sperimentatori è stato naturale; iniziai a leggere e scrivere prestissimo e il disegno e i colori erano la mia dimensione già a pochi anni. Non è sempre una cosa semplice avere queste doti fin da bambino, il rischio di essere considerato solo per quello che si fa e non per quello che si è può assumere livelli altissimi; però per me queste abilità non sono mai state un fine ma un mezzo e tutto ciò mi ha aiutato, perché la centralità del mio individuo non è mai stata divorata da ciò che creavo. Il mio Io è sempre rimasto al centro. Crescendo ho cercato di formare la “sostanza” con cui esprimere, attraverso i miei talenti, me stesso. La sostanza l’ho trovata negli studi classici, nelle filosofie, nelle tradizioni occidentali ed orientali, senza dimenticare le passioni scientifiche; in generale, nello scibile con cui l’essere umano nei millenni si è evoluto, in quelle spinte evolutive date da spiriti immensi come Dante e Goethe, Michelangelo e Caravaggio, Steiner e Newton sono state decisive nel mio percorso. Solo giunto al livello che per me ho ritenuto sufficiente, ho reso i miei talenti una professione, mostrando i lavori scritti o visivi al mondo esterno. La ricerca, lo studio e la preparazione sono per me essenziali tanto quanto l’esecuzione dell’opera in sé.

D: Recentemente, hai fondato una nuova corrente artistica, il METATEISMO, alla quale faranno capo tutte le mostre delle quali sarai protagonista da qui in poi. Vuoi parlarci di questo movimento e di come è nato?

Il Metateismo è la corrente artistico culturale con cui ho voluto riassumere quei contenuti e quei princìpi che nel corso degli anni ho sentito come basilari per una giusta ricerca interiore ed una loro manifestazione nei confronti del mondo esterno. La ricerca dell’Origine per dare una direzione al nostro futuro, il Principio Evolutivo del genere umano, la nostra essenza e scintilla divina sono tra i cardini di questo movimento, che vuole essere la risposta ai concetti estremi che da tempo vanno imperando nella nostra società, come il nichilismo e il relativismo, evitando l’assolutismo che la fede cieca propaganda nel tentativo di evitare le domande e i dubbi che l’Uomo si deve porre per dare un senso alla propria esistenza. Le tradizioni antiche non sono codici di dogmi da ripetere a memoria ma linguaggi da decifrare nel loro insieme per comprendere la grandezza che il nostro cammino di esseri umani ha. Riconoscere che il divino è tanto in noi quanto nel prossimo è la chiave per arrivare non solo al rispetto, ma all’amore anche per chi manifesta idee diverse dalle nostre. L’arte puo’ essere il mezzo in assoluto migliore per raggiungere questo scopo: con tutte le sue discipline capaci di cogliere le piu’ sottili sfumature dell’animo umano è un linguaggio che va oltre le credenze, le leggi e le morali che, se vissute in modo scorretto, rischiano di trasformarsi da metodi di convivenza a gabbie del nostro pensiero. Il concetto espresso da Dostoevsky sulla potenza salvifica della Bellezza inizia ad essere finalmente un mantra moderno, verso cui sempre più persone provano un senso di appartenenza e condivisione. Il Metateismo non è quindi solo una corrente artistica ma una vera e propria filosofia di vita, da portare in ogni direzione e in ogni professione. Si cercava un nuovo Umanesimo? Io non ho soluzioni facili ma con il Manifesto del Metateismo ho voluto mettere nero su bianco quei 10 princìpi che il mio spirito ha riconosciuto come le pietre di fondamento di un Io che desidera percorrere il cammino evolutivo dell’Uomo.

D: Mi sembra che questo nuovo anno si prospetti come ricco di iniziative importanti per te. Il tuo “viaggio” partirà il 15 marzo, con la mostra “LUX IN TENEBRIS”, presso la Galleria N.O.A., uno degli spazi più esclusivi di Milano. Vuoi spiegarcene le tematiche principali ed il significato delle opere che la comporranno?

Con il curatore della mostra Giammarco Puntelli ho deciso di attuare non una semplice esposizione di arte visiva, ma un vero e proprio percorso iniziatico. Come nelle antiche cattedrali gotiche i pellegrini seguivano il percorso misterioso dei labirinti raffigurati sulle pavimentazioni, così l’uomo di oggi ha la possibilità, attraverso un Viaggio che è interiore ed esteriore allo stesso tempo, di attraversare le diverse esperienze della Luce e delle Tenebre, assaporando con sensi, sentimento e pensiero le atmosfere delle opere come in una grande sinfonia, per poi giungere alla meta finale, rappresentata da un nuovo e moderno Santo Sepolcro. E’ il pellegrinaggio del nostro spirito, è la nostra essenza a venire risvegliata, non solo i nostri occhi. Se l’Arte riscopre il legame con l’assoluto che ebbe alle origini, la propria potenzialità alchemica, allora sarà in grado di riportarci verso la direzione giusta.

D: Come sarà strutturato il percorso della mostra?

Davide Foschi, MADONNA CON BAMBINO

Davide Foschi, MADONNA CON BAMBINO

Come ho accennato prima si tratta di un vero e proprio percorso inziatico che ha come scopo non solo la visione delle opere ma una vera e propria trasformazione della coscienza dello spettatore. La prima parte di questo Viaggio che è interiore oltre che esteriore è dedicata alla Luce e quindi alle opere catalogate come “Icone Dinamiche”: fondo oro, trasformazione di antiche immagini e temi di tradizioni di tutto il mondo ( Madonna con Bambino, Buddha, etc.), che dalla staticità trovano una nuova dimensione sacra nella dinamicità, ricreando il ponte necessario alle coscienze contemporanee per riscoprire il senso del divino. La seconda parte di questo itinerario sarà dedicata alla serie delle Tenebre, ossia la serie “Ex Tenebris Lux”, dove dalla manifestazione si passa all’origine, quando la Luce trovò i primi spiragli nel buio ancestrale, come in una cosmogonia che in realtà avviene anche in tutti noi, quotidianamente, nel nostro spirito. La terza fase è dedicata all’opera finale, La Pietà, il momento che coniuga Alpha e Omega, morte e rinascita: l’iniziazione puo’ essere portata a compimento.

D: “La Pietà”, un’opera assolutamente unica che ha creato attorno a sé un profondo mistero: non può essere fotografata, ma solo osservata.
Qual è il concetto artistico che sta alla base del concepimento dell’opera e quale effetto vorresti ottenere o ti attendi da chi la osserva?

La Pietà, fin dalla sua prima apparizione, ha destato tanta curiosità: finalmente un’opera che non si puo’ fotografare o riprendere, che non finisce nel marasma di immagini che ci sommergono tutti i giorni. Per vederla occorre esserci, in quel luogo esatto del mondo, in quel preciso istante. L’opera ha un’origine molto particolare e tutto questo si riflette anche negli effetti che riesce a dare. Non ricordo neanche come è nata dal punto di vista esecutivo, ero in una sorta di trance raggiunta dopo una lunga meditazione. Dopo averla terminata mi resi conto d’esser di fronte a qualcosa di completamente diverso rispetto a ciò che avevo visto fino ad allora: le prime persone che la videro reagirono con un’emozione ed una reazione psicofisica che andava oltre ogni immaginazione. La Pietà è un quadro che richiede ascolto, silenzio interiore, intuizione. E’ Luce e Tenebre contemporaneamente; è dinamica al punto che l’osservatore puo’ interpretarla ogni volta in modo completamente diverso, scorgendo qualcosa che la volta prima non aveva visto, perché in qualche modo La Pietà rappresenta l’anima di chi osserva. Ecco perché l’opera stessa non puo’ essere ripresa con alcun mezzo artificiale, né vista collettivamente ma solo da una o due persone particolarmente unite tra loro: è impossibile fotografare l’anima e solo un’altra anima è in grado di scorgerla.

D: “La Pietà”, come tema artistico ma anche umano, suscita nella mente di ognuno di noi immagini diverse, a seconda del nostro vissuto e, perché no, anche della nostra cultura religiosa. Quale pensi possa essere la sua valenza, sia per chi crede, che per chi non crede? E soprattutto, qual è il tuo concetto di fede?

La Pietà, nella storia dell’Uomo, rappresenta un momento preciso, che in qualche modo fa da contraltare, come succede anche nelle mie opere, all’immagine della Maternità della Madonna. Il Cristo è appena stato deposto dalla croce, sua madre ne accoglie il cadavere senza più vita nel suo abbraccio, come faceva quando lui era ancora bambino, con uno spirito completamente diverso da allora. La resurrezione in quel momento è ancora una promessa. Ogni uomo in quel momento si puo’ vedere come carnefice o nei panni della madre che ha tra le braccia l’effetto del peggior sacrilegio possibile: la soppressione di una vita. Tutto questo va al di là dell’aspetto prettamente religioso. Anche per l’ateo che si pone delle domande l’uccisione di un altro uomo deve rappresentare il misfatto piu’ grande. La morte sia che venga sentita come passaggio, sia come fine, è la chiave della nostra esistenza almeno quanto la nascita. Io personalmente non mi pongo in alcuna collocazione tradizionale dal punto di vista religioso. Nella mia vita ho passato alcune esperienze che mi hanno portato all’opinione che le diverse religioni, e così le diverse filosofie, sono semplicemente linguaggi diversi con cui l’Uomo si è posto delle domande sulla propria esistenza. Pur essendo diverse, queste lingue, l’essenza del messaggio espresso è sempre la medesima, se colta nel profondo: la sacralità dell’essere umano. Personalmente posso aggiungere che provo una certa tranquillità pensando alla nostra vita e alla nostra morte: quando a 12 anni mi capitò un incidente che per me sarebbe dovuto essere definitivo nei suoi effetti, provai, in quei minuti in cui restai “in sospeso”, delle esperienze che mi portano tranquillamente ad affermare che esiste qualcosa prima della vita ed esiste qualcosa dopo la vita, sopra di noi e sotto di noi e tutto cio’ si riflette nelle mie opere e nelle mie parole.

D: Puoi spiegarci come sarà inserita l’opera all’interno dell’esposizione ed in quale modo potrà essere vista?

La Pietà, in occasione di questa mostra, troverà collocazione per la prima volta in un vero e proprio Santo Sepolcro, una stupenda installazione creata appositamente dall’architetto e designer Luca Bragante. In questa specie di grande custodia i visitatori, prenotandosi per una delle date delle due settimane di mostra, potranno accedere singolarmente per una meditazione solitaria di fronte all’opera, che garantirà loro la tranquillità necessaria per cogliere l’essenza della rappresentazione.

D: Mi sembra di capire che ci sia un motivo particolare per il quale i visitatori dovranno entrare uno alla volta, che riguarda la concentrazione nella quale vuoi disporre lo spettatore che si trovi a contemplare l’opera. Da questo, puoi dirci quali sono, secondo la tua esperienza  di artista, le principali “problematiche” che si trova ad affrontare un visitatore che visita una mostra?

La maggior parte delle esposizioni di opere visive, anche quelle che più hanno inciso nella storia dell’arte, soffrono di questo problema enorme. La folla che giustamente accorre alla loro visione è disturbata dal numero di persone; non ha quasi la possibilità di cogliere lo spirito della singola opera, tra il rumore di fondo, la difficoltà di stare almeno qualche minuto in contemplazione solitaria di ciò che da tempo aspirano ad osservare da vicino. L’artista non esegue ogni proprio lavoro per finire così, alla mercè della confusione; l’artista in ogni opera mette una scintilla della propria anima e la esegue per costruire un dialogo personale con l’osservatore. L’abitudine al silenzio si è persa e occorrerebbe riscoprirla perché è quella la vera dimensione dell’arte.

Davide Foschi, Buddha apre i chakra

Davide Foschi, Buddha apre i chakra

D: Torniamo ora al concetto di “fare l’artista” ed “essere artista”. Tu fai una netta distinzione tra le due cose. Vuoi spiegarci qual è la differenza tra questi due aspetti, cosa dovrebbe fare un giovane artista e a chi affidarsi per svolgere al meglio questa difficile professione?

Io trovo che sia veramente stucchevole l’uso che oggi si fa del sostantivo “artista”. Si definiscono artisti tutti coloro che dipingono, scolpiscono, suonano, ballano e recitano nel loro tempo libero, come se l’atto creativo in sé legittimasse l’uso di questo termine. E non solo. Si definiscono artisti anche rappresentanti del mondo dello spettacolo, come se l’esibizione dell’aspetto fisico e del nome sui mass media li accreditasse di qualcosa di piu’ della notorietà. Allargando il significato del termine in questo modo oggi abbiamo in Italia circa 10 milioni di artisti… Qualcosa non torna, direi.

La creatività è una dote troppo importante per essere screditata in questa maniera. Io preferisco dire “faccio l’artista” e non “sono un artista”, perché ritengo che occorra rispettare il sacrificio che compie in termini di tempo, economici e di impegno totale chi si dedica alla professione d’artista. Sì, perché fare l’artista è una professione, con rischi enormi, scommesse perse e vinte, successi e insuccessi, investimenti non solo economici, ma vitali. Il verbo “essere” poi.. anche questo richiede un rispetto maggiore nell’utilizzarlo. Io sono io. Semplicemente la mia essenza non è “fare l’artista” ma viene molto prima. L’arte è il mio canale preferenziale di espressione, è quello che il mio talento mi ha da sempre permesso di utilizzare, modellandolo al meglio a seconda di quello che voglio esprimere. Ma per definirmi veramente, interiormente e non solo come “ruolo socialemente condiviso”, non posso utilizzare la locuzione “sono un artista”. Il nostro lavoro, il nostro impegno, anche quello che ci travolge totalmente, è collegato al verbo fare, per natura. E’ anche un modo per nobilitare cio’ che materialmente facciamo nella vita. Nessuno può dire “ sono un impiegato” o “sono un imprenditore” ma “faccio l’impiegato” e “faccio l’imprenditore”: il nostro Io è troppo importante per ridurlo ad uno dei modi che utilizziamo per manifestarci nel mondo. Io sono Io.

Consigli ai giovani artisti ce ne sono vari anche se poi ognuno ha la sua strada, che è irripetibile rispetto a tutte le altre. In generale c’è da tener conto di una cosa: l’importante non è avere la possibilità di esporre e spendere o non spendere per farlo. L’essenziale è a monte: occorre avere una grande preparazione, aver studiato e conosciuto chi ci ha preceduto, avere qualcosa da dire e che tutto questo crei un collegamento con gli altri. Se questo principio è rispettato, allora il come attuarlo viene dopo; si possono anche fare errori ed esperienze negative all’inizio, ma la sostanza c’è e il viaggio puo’ continuare. Altrimenti, dopo poco, tutto sfuma come neve al sole.

D: Quali sono gli artisti e i maestri del passato ai quali ti ispiri?

In realtà mi risulta abbastanza difficile fare dei nomi, è l’intera evoluzione della storia dell’arte (e della storia in genere) nel suo complesso ad emozionarmi ed è da quel bacino immenso di piccoli e grandi passi che attingo di continuo per sviluppare le mie ricerche e la mia espressione. Certo, al di là della mia ferma convizione che la Bellezza sia un paramentro del tutto oggettivo, i miei gusti in quanto soggettivi vanno a mettere in cima del mio Olimpo personale alcuni nomi prima di altri, tutti per diversi motivi: cito Caravaggio, Turner, Van Gogh e Kandisky. Il dinamismo tra luce e tenebra, l’afflato poetico, la visionarietà spirituale e la ricerca di nuovi codici sono i loro grandi e rispettivi insegnamenti che porto sempre con me.

D: Riguardo a questo, dicevi che hai studiato al Liceo Classico e certamente questo ti ha dato la cultura necessaria a strutturare la tua comunicazione artistica. Quanto credi sia importante l’istruzione per un giovane artista che voglia sviluppare un percorso di ricerca ben preciso, sia riguardo ai grandi maestri del passato che in altre espressioni artistiche?

Rendersi conto di continuo dell’attuale livello di conoscenza che del passato hanno tanti cosiddetti “giovani artisti” è un po’ scoraggiante, diciamocelo pure. Oggi si ritiene che essere “originale” sia sinonimo di distinguersi dagli altri, e di qui facilmente si giunge alla provocazione fine a se stessa. Se si comprendesse che essere “originali” significa in realtà andare a riscoprire la propria vera “origine” e saperla manifestare nel modo piu’ appropriato, la situazione sarebbe ben diversa. Ma la storia è un continuo sali scendi di esperienze e fortunatamente la linea sinusoidale dell’evoluzione umana alla fine è sempre in salita, pur con tutte le sue parabole discendenti. Io so che usciremo da questo medioevo culturale. Lo so perché conosco il nostro passato e la dinamica interiore dell’uomo, non perché soffro di manie di grandezza o smanie di preveggenza. Ritengo che conoscere il passato sia la chiave per agire nel presente e comprendere le direzioni future.

D: Spesso insieme al concetto di “Arte”, capita che se ne profili anche un altro: quello di “élite dell’arte”, il che significa che pochi eletti potrebbero accedervi e comprenderla. A me sembra invece che tu stia completamente confutando questo concetto con il tuo approccio al coinvolgimento completo del fruitore dell’opera e soprattutto con una profonda capacità di comunicazione della tua interiorità. Quindi, l’élite dell’arte, secondo te, esiste o è solo uno stereotipo?

Chi si erge su un piedistallo e nella sua elitarietà screma il proprio pubblico per paura di sporcarsi o per mantenere una finta aura di intoccabilità, sbaglia. Sbaglia perché l’arte non è per un’élite, l’arte è per l’Uomo nella sua interezza. Io sono perfettamente consapevole che i temi che tocco e il mio approccio all’arte non sono di base né semplici né a portata immediata, a livello di pensiero, di tutti. Eppure ritengo che se sono sicuro della bontà di ciò che esprimo a livello sensoriale (e questo canale è fortunatamente ancora aperto, nonostante i tentativi della nostra società consumistica di abbassarne le capacità percettive), posso arrivare a tanti. L’esperienza diretta che ho sempre avuto è che i sensi possono essere una porta verso l’inizio del processo di autocoscienza. Spesso è capitato che le mie opere piacessero, oltre a persone molto preparate artisticamente, anche a persone che non avevano avuto fino a quel momento un grande afflato verso l’arte, così, a pelle. Dopodiché, quelle persone hanno iniziato a fare un percorso che li ha fatti entrare in un processo di crescita e consapevolezza. Quante volte capita di vedere persone che non conoscono nulla dei contenuti e dei princìpi di Kandinsky e poi, di fronte alle sue opere, rimangono a bocca aperta e pieni di meraviglia?  Credo sia fondamentale rapportarsi a più persone possibili, non escludere. L’arte è comunicazione. Al principio dei tempi metteva in contatto il divino e l’umano, oggi puo’ mettere in contatto tutti. E’ anche per questo motivo che ho una certa attenzione per i sistemi di comunicazione di oggi: il web, il mio sito e le mie pagine sui social hanno avvicinato migliaia di persone con cui amo comunicare, spiegare ma anche imparare. Bisogna sempre essere nella disposizione d’animo di imparare, sempre e con tutti.

D: Come abbiamo detto, il tuo percorso espositivo, dopo la mostra di Milano, continuerà in altre città d’Italia. Puoi anticiparci quali saranno le prossime tappe del tuo percorso artistico, le tematiche che affronterai ed altri eventuali progetti ai quali stai pensando?

Il 2013 si prospetta come un anno importante per vari motivi. Intanto perché è l’anno in cui presento ufficialmente il Manifesto del Metateismo, la corrente artistica e culturale che ho fondato e che già raggruppa sottoscrittori appartenenti a diverse discipline (non solo appartenenti al mondo dell’arte ma anche imprenditoriale, professionale): ognuno di loro può portare i princìpi esposti nel Manifesto nella propria attività, alla ricerca di un nuovo Umanesimo che possa deviare la parabola discendente della nostra fase storica. Il Manifesto sarà esposto pubblicamente per la prima volta proprio in occasione della mostra “Lux in Tenebris” del 15 marzo a Milano. Di seguito il tour di eventi proseguirà ad aprile a Bologna presso Wikiarte, a maggio al museo di Fivizzano, a giugno a Firenze presso Simboli Art Gallery e a fine agosto, fino a ottobre inoltrato, a Spoleto, con una collettiva che comprenderà vari grandi maestri contemporanei e poi con la mia antologica dal 21 settembre presso l’ex Museo Civico della bellissima città umbra. E’ un cartello molto impegnativo, ma di sicuro sarà fonte di mille esperienze che porterò con me per gli anni futuri. Nel frattempo proseguirà per tutto l’anno il lavoro presso il mio atelier di Milano con gli allievi, giusto perché l’aspetto pedagogico per me è fondamentale, insegnando e imparando in un libero fluire, verso entrambe le direzioni.

D: Qual è il tuo invito a quanti avranno modo di vedere le tue opere, sia alla mostra presso la Galleria N.O.A. che nelle prossime esposizioni?

Credo che il panorama artistico di quest’epoca sia ancora assopito, non solo in Italia. Con il lavoro che sto portando avanti, con il Manifesto del Metateismo, con opere che hanno come obiettivo il risveglio, con La Pietà e la sua potenza che va anche oltre la mia stessa immaginazione, mi sento di poter dire con franchezza che se si vuole vedere qualcosa di nuovo, di nutriente per l’anima, qualcosa di buono negli eventi che sto per presentare si puo’ trovare. Invito tutti, quindi, agli appuntamenti che ho prima elencato, aggiungendo di fare attenzione soprattutto per la presentazione de La Pietà a Milano, per evitare affollamenti inutili: la mostra durerà 15 giorni e il mio consiglio è di contattare il mio ufficio stampa e prenotarsi per tempo, così da poter assistere alla sua visione con tutta la tranquillità che richiede.

Ringrazio Davide Foschi per la sua disponibilità a questa interessante intervista, rinnovandovi l’invito a partecipare all’inaugurazione della sua mostra personale “LUX IN TENEBRIS”, presso la Galleria N.O.A. Di Milano, venerdì 15 marzo 2013 alle ore 18.30.

Genziana Ricci

Davide Foschi LUX IN TENEBRIS Galleria NoA Milano

Davide Foschi LUX IN TENEBRIS Galleria NoA Milano

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Per informazioni:

www.davidefoschi.it

www.metateismo.com

Ufficio Stampa:

Genziana Ricci

Genziana Ricci

Genziana Ricci
Comunicazione e Pubbliche Relazioni

E-mail: [email protected] - www.genzianariccicomunicazione.it

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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia Genziana Ricci per l’intervista a Davide Foschi e le immagini relative alla mostra LUX IN TENEBRIS alla Galleria NoA di Milano.

Milano Arte Expo
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