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Davide Longo: in caso di apocalisse, a cosa serve la letteratura?

Creato il 16 giugno 2010 da Sulromanzo
Davide Longo: in caso di apocalisse, a cosa serve la letteratura?Di Carlotta Susca
Intervista a Davide Longo su “L’uomo verticale”
Colpita dalla profondità di questo libro e dalla qualità della scrittura di Longo, non sono riuscita a formulare giudizio diverso da: “non sembra italiano, sembra un romanzo internazionale”. Giudizio vago e restrittivo: un libro ti può lasciare senza fiato, ma non gli si rende mai un buon servizio, se si accetta l’afasia con la scusa che sia un complimento.Il testo di Longo è ambientato in Italia, ma del disastrato Stivale il nome non compare che una volta; è sempre evidente in quale zona ci si trovi, anche se Longo tende a non esplicitarlo (ecco la perfetta intersezione fra particolare ed universale). Quanto al tempo, si è di poco, pochissimo, nel futuro, ed è avvenuto qualcuno dei quotidianamente annunciati disastri: la Rete è saltata, i paesi sono spopolati, bande di poco raccomandabili vagabondi esercitano il potere che deriva dal terrore. Agricoltura, industria, servizi sono scomparsi. Millenni di innovazione, annullati di colpo, costringono gli uomini ad affrontare la più temuta delle domande: “Sarei capace, io, di costruire qualcuno dei beni di cui usufruisco?”. Siamo agiati, fortunati, ma inetti. Una catastrofe ci renderebbe più vulnerabili dei nostri antenati, che almeno custodivano il segreto della coltivazione.
E la letteratura? Il protagonista, Leonardo, è un intellettuale e scrittore che attribuisce ai libri la causa della sua inettitudine, rimproverata anche da altri: “Non mi interessa che sei professore. Non sai nemmeno accendere un fuoco senza i fiammiferi”.
Alla domanda sull’inutilità dei libri, giudizio prevalente nella prima parte del libro, Davide Longo risponde che “gli intellettuali, in particolare i narratori, quando smarriscono il senso originario, il fuoco che ha generato il gesto di narrare, diventano necessariamente degli intrattenitori e come tali figure superflue, dei soprammobili”. Smarrendo il senso originario della letteratura è snaturato il ruolo dell’intellettuale, “ma – aggiunge Longo – un narratore che recuperi la funzione originale del suo compito è utile alla società quanto un costruttore di ponti, un chirurgo, un insegnante.”
In un primo momento, scoprendosi incapace di proteggere se stesso ed i ragazzi a lui affidati, Leonardo sarà costretto ad appropriarsi di una conoscenza pratica ed utile, e la sua biblioteca verrà abbandonata senza troppo rimpianto. Se l’incapacità di provvedere ai più piccoli è chiaro segno dell’apocalisse, sottolinea Longo, la scelta pragmatica di Leonardo di rifiutare la letteratura assume un valore positivo perché volta a salvaguardare le generazioni future. Infatti maternità e paternità sono tematiche sottese al testo, in particolare “le donne nel libro sono i soli personaggi, oltre al protagonista, che conservano i semi della civiltà. Sono loro che li proteggono aspettando che la cenere che copre la terra sia portata via dal vento e si possa di nuovo seminare. Sono le donne ad avere anticorpi più resistenti contro la barbarie. Non è un caso che siano più spesso vittime che carnefici. La loro incapacità di nuocere le rende delle portatrici di rapporti umani. Questo non in assoluto, ma proporzionalmente più degli uomini”.
Il potere della narrazione avrà modo di essere riabilitato, perché non c’è capacità manuale che possa bastare a far tacere il bisogno di ascoltare storie. Anche la componente magica, tipica dei romanzi sudamericani, si affaccia per mettere in evidenza quante forze sotterranee corrano al di sotto del quotidiano svolgersi della vita. Longo si avvicina alla dimensione magica con diffidenza ma sentendone la necessità: “Adele è il modo in cui ho cercato di dare spazio in questa mia narrazione a ciò che mi era sempre stato estraneo e che sempre avevo guardato con diffidenza. Ciò che non ho mai amato di certa letteratura è proprio la dimensione magica, tuttavia ho pensato che è qualcosa con cui devo fare i conti. Adele, come personaggio, è l’inizio di questo mio confronto. Un tentativo di lasciare spazio anche a ciò che istintivamente avverto lontano, incomprensibile, ma tuttavia presente”.
Rigettata dal protagonista come causa di incapacità pratica, la letteratura è infine riabilitata: è la sterilità della narrativa di intrattenimento a risultare dannosa per il letterato, ma recuperando la funzione primaria della parola, del racconto, si può anche ricostruire la società. Longo evidenzia l’alto valore delle storie: “Ogni civiltà si fonda dal punto di vista delle sue narrazioni su alcune storie portanti, alcuni archetipi narrativi, a cui i narratori successivi continuano ad attingere, con cui continuano a confrontarsi, a cui si ribellano magari, ma sempre avendoli presenti. Quando raccontiamo compiamo una forma di liturgia, il che prevede di ripercorrere dei gesti collaudati, che proprio nella loro ripetitività trovano la dimensione rituale, di condivisione”.Ritroviamo alla fine Leonardo, moderno aedo, nell’atto di veicolare la cultura attraverso la narrazione orale, per rifondare la società.

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