Con 170 voti a favore, 10 contrari e 47 astenuti l’aula del Senato ha approvato il ddl diffamazione che ora torna alla Camera per il via libero definitivo. Tre gli emendamenti approvati ieri: anche le testate giornalistiche online registrate potranno essere soggette a multe fino a 50mila euro; l’interdizione fino a sei mesi dalla professione scatterà solo in caso di recidiva reiterata; il giudice potrà stabilire se prevedere un risarcimento per le persone oggetto di una querela temeraria.
Oltre a estendere l’ambito di applicazione della legge sulla stampa alle testate giornalistiche online e a quelle radiotelevisive e a modificare la disciplina della rettifica – che deve essere pubblicata gratuitamente e senza commento e titolo –, il nuovo testo ridefinisce le sanzioni sulla diffamazione a mezzo stampa eliminando la pena della reclusione. È prevista inoltre la responsabilità del direttore del quotidiano o di altro mezzo di diffusione – se il delitto è conseguente alla violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione – ed è stata eliminata la pena della reclusione per ingiuria, prevedendo la sanzione della multa fino a 5mila euro.
La relatrice Rosanna Filippin del Pd ha respinto le accuse di “legge bavaglio”, affermando che “l’obiettivo principale è l’eliminazione della pena detentiva per i giornalisti, richiesta che ci è stata manifestata in tutti i modi da parte dell’Europa”, che considera ormai questa punizione “arcaica e non più rispondente ai diritti di opinione e d’informazione esistenti nel mondo reale”.
Di parere contrario il senatore Sel Peppe De Cristoforo: “È senz’altro molto positivo – afferma – aver cancellato la pena detentiva per i giornalisti, tuttavia le sanzioni pecuniarie costituiscono un’arma di ricatto forse ancor più temibile, soprattutto per i giornalisti precari e freelance non legati ai grandi gruppi editoriali. È inoltre insensato l’obbligo di rettifica senza diritto di controreplica da parte del giornalista presunto diffamatore”. Il fatto di essere riusciti, continua De Cristoforo, “sia pure in misura non ancora soddisfacente, a inserire nella legge una norma contro le querele temerarie, sempre più adoperate negli ultimi anni come strumento di intimidazione e limitazione della libertà di stampa”, non è elemento sufficiente per dare voto favorevole al ddl.
Il senatore del Pd Vannino Chiti difende invece il ddl, affermando che “Un giornalista non può essere privato della libertà personale per un articolo che ha scritto o addirittura per responsabilità indiretta rispetto a quanto scritto da altri, come nel caso dei direttori di giornale. Andare in carcere per un’idea o un articolo impoverisce la democrazia. È giusto invece, come prevede il testo, che si stabiliscano delle pene pecuniarie e che si imponga l’obbligo di pubblicare la rettifica documentata”.
MC