Prima un dialoguzzo. Tra virgolette l’assessore alla cultura De Bona, gentile signora, e senza virgolette (ahimé) chi scrive.
“E abbiamo organizzato un convegno sui dieci comandamenti, i valori fondanti della nostra società, in particolare due: onor il padre e la madre e non desiderare la donna d’altri”
Ma come, quelli dell’Antico Testamento? In questa società! E gli atei, e le altre religioni?
“C’era un rabbino, c’erano altri esponenti di altre religioni, dovevi venire”.
Mea culpa. Ma i comandamenti non sono il fondamento della società, saranno semmai i princìpi della Costituzione! Qui siamo in Comune, non in chiesa.
“Lo Stato è laico, ma io parlo dei valori fondamentali, duemila anni di cristianesimo ci hanno segnati! E’ la nostra storia!”
Ereditiamo la tradizione e poi ci assumiamo la responsabilità di decidere. Siamo liberi.
“Ecco perché uno di destra non potrà mai andare d’accordo con uno di sinistra!”
E perché? Io dico che la società si fonda sul fatto che due persone con idee diverse si incontrano e ragionano insieme!
Ma sono a tu per tu con l’assessore De Bona e bisogna parlare di bilancio delle politiche culturali, non della coscienza cattolica o laica, anche perché inizia a guardarmi storto e mi preoccupo.
Quindi aggiungo un altro dialoguzzo su PubliAeventi.
“Il nostro maggiore problema è la promozione, lo sappiamo. Come lo risolviamo? Qui c’è solo il giornale La Provincia. Se ci fosse un altro massmedia della stessa diffusione o un’alternativa ragioneremmo, ma non c’è scelta”.
Così si mette al centro il giornale, non il Comune: è una concentrazione di poteri troppo forte.
“Hanno stravolto il contenuto che gli abbiamo dato?”
Gli hanno messo il loro marchio, se ne sono appropriati.
“Loro sono dappertutto, è vero, lo sanno tutti: a me interessava che questo contenuto andasse in evidenza sul giornale La Provincia, che cos’altro potevo fare oggi?”
Resta almeno una domanda, oltre a quelle già poste sui costi, il palco, la contrattazione: e se La Provincia avesse putacaso detto di no? Se per incredibile ipotesi al posto del compiacente cartaceo ci fosse stato un cartaceo truce, pervicacemente riottoso a collaborare con il Comune?
E’ la caratteristica domanda bonaliana.
L’assessore Irene Nicoletta De Bona
L’assessore infatti, bisogna proclamarlo senza scrupoli, ha un grattacapo molto serio: quel professore di lettere dello Sraffa di Crema, ma cittadino cremonese, che non la lascia mai in pace. Critiche in continuazione: “Ma si informi quel Bonali, non è mai venuto qui, non ha preso un documento, come fa a parlare se non si documenta prima? E che storia è che non facciamo niente? E che io devo andar via? Ma se mi dò da fare tutto il giorno! Ecco che cos’abbiamo fatto, è tanto, guarda!”. Grazie! E mi porge un plico di 24 pagine di relazione del bilancio previsionale 2012 (cliccare qui per leggere la relazione).
Il bilancio di un Comune è sempre rispettabile: è del Comune, è autorevole, l’opposizione ha il suo compito, dico all’assessore, che ribatte: “Non parliamo di Bonali per favore, e tu che lo sostieni poi!!!”
Ma sono qui apposta per ascoltare, gentile assessore. E si parte dai dati dei discussi civici musei.
“No, questi non sono dati gonfiati – continua De Bona – lo erano quelli di prima, quando li faceva l’Apic. Ora è una società privata che segna le presenze: dovrebbe segnarne di più per pagare più tasse? Ma scherziamo? Gonfiare le presenze? Ma si rende conto che critica è? E provate a chiedere al bar qui sotto: lavora di più, guarda caso”. La grinta all’assessore alla cultura Irene Nicoletta De Bona non è venuta mai meno, malgrado asperrime critiche.
Intanto, nel suo ufficio di palazzo Affaitati, tra museo e biblioteca affollata da ragazzi e ragazze che preparano gli orali, mentre qualche loro compagno di classe se n’è andato a studiare…. al mare, De Bona mostra una tabella che riporta le statistiche dei musei civici. La passione le accende lo sguardo: sembra una tigre, eppure ha qualcosa di dolce. Se la prende col proprio carattere, vorrebbe dominarsi di più. Non c’è Daniele Bonali, ma è come se ci fosse. Toni forti, occhiatacce, poi un sorriso distensivo e un sospiro. “Ma guarda, qui si vede bene: 91.881 presenze nei musei civici nel 2011 e 75.511, o 76.178, e non sono comprese le scolaresche, che stanno su quest’altro foglio”.
“Quanto alle iniziative abbiamo preso le nostre scelte: gli eventi sono numerosi e frequentati, la gente è venuta” continua con orgoglio.
Dunque, l’assessorato ha fatto le sue legittime scelte. Il centrodestra ha vinto le elezioni e De Bona è al suo posto per pieno diritto. Decido di non criticare e di ascoltare. E prometto come sempre che in futuro sarò più buono (mi ha condizionato sorella Irene? Il suo nome, in greco, vuol dire pace).
La prima pagina della relazione esordisce spiegando la complicazione creata dalla legge sul federalismo, che ha cambiato “la mission dei Comuni: cultura, turismo, sport, politiche giovanili e commercio. Queste funzioni, dunque, non sono più considerate ‘prestazioni essenziali’ che i Comuni sono tenuti a garantire ai cittadini, ma un ‘di più’ che potrà essere eventualmente concesso una volta soddisfatti altri bisogni. Pur non condividendo questa nuova impostazione (ricordiamo, ad esempio, che i nostri Musei cittadini sono Musei civici, e dunque, ricadono assolutamente nelle competenze del Comune)” e così via.
E di conseguenza “ci sono spese vincolate, come la vigilanza: tolte quelle restano 140mila per le iniziative culturali, e Berneri ne aveva 120mila”. Nota interessante dell’assessore: “E poi ci si mettono le associazioni che non vanno d’accordo tra di loro. Vengono qui non per organizzarsi ma per litigare: ma come si fa?”
Però qualcosa non funziona.
Rispettando le scelte compiute, rappresentative di un certo modo di pensare che non si può censurare (le iniziative culturali rese popolari, portate fra la gente, tramite l’intrattenimento), c’è una contraddizione. Non ci può lamentare della mancanza di soldi e poi fare cultura. Bisogna promuoverla. Con un po’ di onesta sussidiarietà. Ed è quello che diceva il consigliere del Pd. Promuovere. “Promozione ne facciamo”.
L’assessore sfoglia le pagine della relazione: “Guarda, guarda” elenca le iniziative, tante, è vero, “visto che l’abbiamo fatto, ci siamo, non è una città povera di cultura, di attività, di eventi, al contrario” e spiega in breve ogni attività, e ne va coriacemente lieta.
“C’è anche il Cambonino, ne parlo qui, c’è anche il museo Archeologico, ecco qui” e via, altro che critiche.
“Hai scritto che abbiamo una visione ottocentesca? Ma l’anno prossimo è il duecentesimo di Verdi!” esclama De Bona congiungendo le mani come se pregasse.
Appunto, pieno Ottocento!
“E tu? Che avresti fatto? Ci avresti riempito la testa di musica classica! Così non veniva nessuno!”
Ahimè, io ho solo scritto questo pezzo.
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