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De “gli stipendi dei manager pubblici”

Creato il 05 aprile 2013 da Elianigris @EliaFNigris

Siccome penso che in tutto questo chiacchiericcio sul nulla si perda davvero tempo e non si discuta di cose serie mi fa molto piacere che Pippo Civati abbia appena presentato sul suo blog una proposta concreta, insieme Filippo Taddei, e vorrei discuterne (magari anche con loro), perché la politica è, prima di tutto dibattito su queste cose, non tutto quello a cui stiamo assistendo in questi giorni. Quindi, cosa propongono Civati e Taddei?

La proposta è semplice: nessun dipendente pubblico dovrà percepire uno stipendio annuale superiore a quello del Presidente della Repubblica. Il tetto del Quirinale, dove sventolano le nostre bandiere, insomma, non dovrà in nessun caso essere superato. E il tetto non è basso: sono circa 230.000 euro all’anno, una cifra considerevole, che è però superata da numerosi pubblici amministratori e manager delle aziende che lo Stato controlla.

Ecco, io non sono propriamente d’accordo. Penso che questo sia uno dei classici casi in cui una proposta che può sembrare di buon senso e che appare davvero ragionevole in linea di principio, nella pratica non raggiunga gli effetti positivi sperati.

Mi spiego meglio: cosa ci auguriamo noi dalla nostra pubblica amministrazione? Spero (e penso sia un’opinione diffusa e condivisa) che la risposta sia che vogliamo una pubblica amministrazione ben amministrata, e scusate il gioco di parole, quindi che funzioni bene.

Ho avuto bisogno di esplicitare questo concetto perché ritengo che la proposta da loro fatta non ci porti più vicini a quell’obiettivo.

Mi spiego meglio: partendo dal principio che le società private siano libere, volenti o nolenti, di stipendiare i propri manager a proprio piacimento e che mediamente un top manager di una grande società privata prende almeno un ordine di grandezza in più di 230.000 euro annui (qui un grafico recente del Corriere della Sera), penso che se la pubblica amministrazione voglia davvero competere con le società private per i migliori manager in giro, pagar loro al massimo 230.000 euro non le consenta di fare ciò.

Mi rendo conto dell’obiezione più immediata al mio pensiero: i manager più pagati non sono necessariamente i più bravi. Penso che il problema stia tutto nel “necessariamente”: è vero che non è necessariamente così ed è vero che ci sono grandi manager di società private o pubbliche, specie in Italia, che valgono molto poco, ma è altrettanto vero che spesso le cose non stanno così e che se i manager guadagnano tanto è per una semplice legge del mercato legata alla domanda e all’offerta di manager bravi. Per contendere quei manager bravi ai privati, gli stipendi devono essere in linea con il mercato. Altrimenti finisce come quelle squadre di calcio che perdono i grandi giocatori perché all’estero offrono stipendi più alti: quelle squadre non potranno mai ambire a vincere la Champions League.

Esiste, tuttavia, un altro grosso problema con i manager della Pubblica Amministrazione su cui si dovrebbe lavorare ed è quello del numero degli incarichi: penso che lo scandalo vero, molto più che quello legato agli stipendi, sia che esistano numerosi manager della pubblica amministrazione contemporaneamente impegnati anche in dozzine di altri incarichi in società pubbliche o private. Allora mi chiedo, e vi chiedo, non sarebbe meglio lavorare per una norma in tal senso? Qualcosa sulla falsa riga di: “noi vi paghiamo con stipendi competitivi, ma voi potete avere un solo incarico in società pubbliche o private”? Se sei Presidente dell’INPS, per dire, non potrai, da contratto, assumere altri incarichi. Se sei AD di ATM a Milano, per dire, quello può essere il tuo unico “lavoro”. Non garantisce questo migliori possibilità di avere una pubblica amministrazione efficiente rispetto ad una norma per abbassare il tetto degli stipendi?

Io penso di si.


Tagged: Corriere della Sera, INPS, manager, Pippo Civati, Pubblica Amministrazione

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