Il sociologo di origini molisane, Domenico De Masi, torna a far discutere con alcune dichiarazioni rilasciate al Corriere del Mezzogiorno riguardo Napoli ed i napoletani.
Nel suo ultimo libro, “Tag” , edito da Rizzoli egli dedica un intero capitolo a Napoli in cui afferma che ogni tentativo di progresso a Napoli fallisce perché la causa di tali sconfitte è la stessa città. La principale critica del sociologo va alla pizza, dopo che ricordiamo fu elogiata dallo stesso in precedenti dichiarazioni. Definisce la pizza “ubertosa e genuina, ma in realtà con la sua mappazza pesante e l’accozzaglia di pasta, mozzarella, olio, sale e pomodoro cela l’inganno della finta sazietà per un popolo affamato che crede di aver cenato e invece si è fatto solo una pizza“. “La Margherita, la pizza più famosa è il frutto del servilismo locale con cui un suddito borbonico volle onorare Margherita di Savoia, proprio come la celebre Torna a Surriento non è una canzone d’amore ma una squallida piaggeria nei confronti del direttore generale delle Poste andato via da Sorrento“.
De Masi parla anche del mancato brevetto dell’alimento divenuto istituzione e simbolo di Napoli: “I pizzaioli napoletani hanno presunto che solo loro avrebbero saputo cucinare in eterno un cibo per sua natura semplice e quindi riproducibile. Il risultato è che non hanno mai brevettato e industrializzato la pizza e ora sono poveri nani in mezzo a concorrenti giganti che vendono pizze napoletane in tutto il mondo“.
“La pizza, – continua – con tutte le canzoni, i film, gli stereotipi, ha creato nel napoletano l’autoconvinzione che i napoletani siano creativi. Così mentre il resto del mondo inventava la plastica e i microprocessori, la pila atomica e i satelliti artificiali, le biotecnologie e i raggi laser, a Napoli insistevano con questa benedetta pizza e con le sue scontate varianti. La fantasia se non si sposa con il concreto non è creativa. Ma nel paese del sole e del mare la fantasia è rimasta nubile“.
Che i napoletani sappiano valorizzare poco le proprie bellezze e il proprio talento è cosa risaputa, ma che non abbiano creatività ed inventiva questa appare più come una balla colossale o come sintomo di invidia, detta da un uomo molisano e che si definisce “napoletano”. Non dobbiamo ricordare noi quello che Napoli è stata capace di partorire ed è ancora in grado di regalare.
E voi come la pensate?