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Ancora bianco e nero, ancora Jim Jarmusch.
Questa volta, però, la scelta stilistica del regista non sembra più dovuta all'economicità del suo progetto, visto che tra il cast all stars (Johnny Depp, Robert Mitchum, Alfred Molina, Billy Bob Thornton), gli ambienti di ripresa e la colonna sonora (firmata Neil Young, mica scherzi), il mirino è puntato molto più in alto.
E oltre che essere in alto, è anche parecchio pretenzioso, visto il tentativo (riuscito) di tornare al genere western, interpretandolo e ammodernandolo a proprio modo.
In mano a Jarmusch, tutti questi elementi si fondono così dando vita a un film strano, dalle mille sfaccettature e capace di essere amato alla follia e di diventare un cult.
Come?
E' presto detto: gli attori coinvolti danno vita ad un western atipico, capace di mescolare i cliché del genere unendoli a richiami colti, a un'ironia ricorrente e a sprazzi onirici; gli ambienti si fondono con i protagonisti riuscendo a risultare convincenti e volutamente posticci anche quando ricostruiti; la colonna sonora, con le variazioni improvvisate lungo un tema principale, sottolineano alla perfezione i cambi di scena e di umore del protagonista.
E poi, ovviamente, c'è la storia.
La storia di un uomo qualunque, banale, verrebbe da dire, che per una serie di tragiche coincidenze si trova solo in un paese di frontiera, invischiato in un tradimento dove finisce per uccidere l'uomo sbagliato e costretto così alla fuga. Aiutato da un buffo indiano che lo crede una reincarnazione del poeta William Blake (di cui porta il nome), si troverà inseguito da ben 3 spietati cacciatori di taglie, con la sua vita che cambia in modo brusco: il suo viaggio sarà infatti una lunga scia di sangue, di tappe forzate e mistiche, mentre anche chi lo insegue non disdegna l'uso della pistola.
Caricato di ironia e di momenti non-sense (vedasi la battuta ricorrente sul tabacco o il cammeo di Iggy Pop versione femminile), Dead Man non riesce a far risorgere il genere western, ma gli dà una nuova mano di vernice, lo illumina lateralmente con elementi ed espedienti della commedia nera e del dramma rendendolo così un esempio unico, dove c'è spazio anche per la poesia e per le immagini sacre, visivamente potenti.
Bello poi ritrovare quel Johnny Depp degli inizi ancora credibile e non ancora maschera di se stesso, che si converte e si lascia convertire in un viaggio che ha tutto il sapore della scoperta di sé, delle proprie possibilità e libertà.
Ma Jarmusch va oltre questa semplice riflessione, prendendosi il suo tempo, divagando e aspettando, allungando all'inverosimile il viaggio iniziale, ricorrendo ancora una volta alle dissolvenze in nero che dividono le scene in capitoli, regalando infine un film carico di momenti cult, di un finale filosofico.
Rivoluzionando un genere, creandone uno nuovo.
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