Dead Man Down - Il sapore della vendetta

Creato il 14 marzo 2013 da Veripaccheri
Dead Man Down - Il sapore della vendetta
di Niels Arden Oplev
con Colin Farrel, Noomi Rapace, Isabelle Huppert
Usa 2013
durata, 117
Le conseguenze del successo talvolta hanno risvolti paradossali. Prendiamo un regista come Niels Arden Oplev, diventato famoso per aver diretto un best seller internazionale come "Uomini che odiano le donne" (2009), inizialmente pensato per la televisione e poi spinto nelle sale dal traino di un libro che diventò un caso letterario. A quel punto il regista danese aveva due opzioni: continuare a lavorare nel suo paese, usufruendo della spendibilità ottenuta con il peso di quell'impresa, oppure seguire l'esempio di illustri colleghi ed emigrare negli Stati Uniti, accettando i guadagni, le possibilità ed anche le restrizioni di un cinema infinitamente più ricco. Il risultato è stato questo "Dead Man Down", prodotto con capitali americani ed interpretato da un cast di star eterogeneo, con Colin Farell coadiuvato da una coppia d'attrici del calibro di Noomi Rapace ed addirittura Isabelle Huppert.
La trama del film non si discosta di molto dalle atmosfere dell'opera precedente ma questa volta a determinarle è una contaminazione di generi e filoni che mischiano thriller, noir, blockbuster ed addirittura il pulp, sfiorato ad intermittenza per alcuni eccessi di violenza parossistica. Al centro della scena un uomo ed una donna in cerca di vendetta, e sullo sfondo, un'oscura macchinazione che ha per oggetto il boss malavitoso a cui l'uomo fa da guardia spalle. Quando la situazione precipita, rivelando i motivi di quel rancore, Victor e Beatrice inizialmente costretti a frequentarsi per puro opportunismo, si ritroveranno a condividere una lotta per la vita che ne determinerà le scelte emotive.
Riassunta in questo modo l'intreccio lascerebbe pensare ad uno sviluppo lineare, ed invece, "Dead Man Down" cambia spesso in corsa, rovesciando le aspettative del pubblico, dapprima coivolto da un incipit in stile Hitchcockiano, richiamato dalla conoscenza dei due protagonisti allestita come una versione aggiornata de "la finestra sul cortile"(1954), o se volete del Brian De Palma di "Body Double"(1984), poi messo alle strette dagli accenni di cinema intimista insito nelle riflessioni sul dolore che Victor e Beatrice si confessano, e nei brevi siparietti familiari in cui sembra  farsi largo per poi perdersi, il motivo di un rapporto tra madre/Huppert e figlia/Rapace, foriero di chi sa quale traumi, infine, nella seconda parte, sbalordito da un action movie nudo e crudo, in cui Victor trasformato in un Rambo metropolitano (un Colin Farell che sembra appena uscito dal remake di "Total Recall", 2013), tiene a bada la moltitudine criminale che lo vuole morto. Ed allora è chiaro il paradosso a cui accennavamo in apertura, perchè Oplev invece di buttarsi anima e cuore nel progetto, dimenticando per un attimo le proprie origini, cerca di far convivere sguardo d'autore e grossolanità commerciali. Per farlo però ci vorrebbe un mestiere più scafato, capace di metterlo in guardia le grossolanità che per adesso non gli impediscono di attribuire a Victor una biografia poco plausibile (per non dire ridicola), incapace di leggittimarne il bagaglio super omistico, e neanche di fare a meno di un attrice come la Huppert, presenza nobile ma sfruttata in malo modo, con un ruolo simil cameo, ed una parte senza capo ne coda, congelata su un sorriso sornione, ed indecisa sulla scelta di un registro drammatico oppure ironico. Ambientato in una NY di glaciale luminosità e smaltata di colori dalle tinte esasperate, "Dead Man Down"è un' opera spuria, che entusiasma nel mistero delle cose non dette e degli sguardi rubati, nelle maschere di una finzione necessaria a salvare la vita, ma inadeguata a leggittimare la realtà della storia nel momento in cui bisogna tirarne le fila. Un film diviso a metà quindi, come l'anima di personaggi, eternamente sospesi nei volti smarriti degli attori, forse increduli di quello che gli sta succedendo. Per Oplev invece, un apprendistato necessario in vista del passo successivo.

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