
Dalla Prefazione di Alan D. Altieri Death Economy, Economia della Morte - titolo e oggetto di questo testo - non è, né vuole essere, un neologismo. Per contro è, e vuole essere, l’ipotesi di uno stato di cose. A tutti gli effetti, dall’autunno del 2008 - epoca da più parti autorevoli identificata come inizio del meltdown, dissolvimento - il mondo cosiddetto globalizzato attraversa una crisi epocale. Uno tsunami ad ampio spettro che si è rivelato simultaneamente bancario, finanziario, azionario, fondiario, monetario. Uno tsunami del quale, qui & ora, chiusura anno 2013 - a dispetto di fin troppi proclami ufficiali e/o presunti tali, proclami sempre e comunque in bilico tra umoristico e grottesco - non si riesce neppure remotamente a intravvedere la fine. Death Economy è al tempo stesso un’analisi, un’accusa e un avvertimento. Un’analisi di quello che sta accadendo a tutti noi su base pressoché quotidiana. Un’accusa verso le caste, in quanto di vere e proprie caste - intese in senso alto-medievale - si tratta, che continuano a consentire che accada. Un avvertimento riguardo a quale potrebbe essere il (disastroso) esito finale della crisi di cui sopra. La Death Economy, Economia della Morte - intesa come sistema intrinsecamente distruttivo & auto-distruttivo - È la dominante politico-finanziaria di questo scorcio storico.
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