Uno dei primissimi passi quando ci si appresta a scrivere una storia di fiction è la scelta dei nomi dei personaggi, primari e secondari. Decidere come chiamare i protagonisti, e poi anche le figure che attorno ad essi ruoteranno, rappresenta uno degli aspetti più complessi e insieme affascinanti del processo creativo.
Trovare i nomi più adatti, quelli che già da soli raccontano buona parte della vita e del carattere del personaggio, è un punto di partenza fondamentale che può, già da solo, far prendere al resto della stesura la strada giusta verso un buon compimento o, al contrario, dirottarla su percorsi pieni di ostacoli e di errori.
Spendo sempre delle settimane intere, sulla scelta dei nomi per i miei personaggi; a casa ho almeno un mezza dozzina di dizionari specifici, e negli ultimi anni i siti creati per chi sta per diventare genitore mi hanno dato un’ottima mano.
Tanto per fare un esempio: La Signorina Cuorinfranti, protagonista del mio omonimo romanzo in uscita (credo) fra meno di un mese, è una donna tutta ciccioli, ha un peso che oscilla tra gli ottanta e gli ottantacinque chili e due seni che, per dirla con parole sue, “hanno saziato l’appetito erotico di un buon numero di maschi, ma che garantirebbero un buon sostenimento anche a una piccola mandria di vitelli”. Insomma è un donnone grosso e imponente, ma ha imparato a fare della sua stazza un punto di forza, e a puntare tutto sull’effetto seducente dell’autoironia.
Quando decisi di scrivere un romanzo incentrato su un personaggio del genere, a costruire la sua personalità mi aiutò moltissimo il fatto di trovare quasi subito il nome giusto: Cosetta. Anche al di là del nobile riferimento alla Miserabile protagonista di Victor Hugo, mi sembrava perfetto per sintetizzare l’ego di un donnone che costruisce la propria vendetta estetica trasformandosi volutamente in una ragazza-oggetto (una cosetta, appunto).
Purtroppo, però, nella versione che (forse) troverete in libreria a partire da Luglio, La Signorina Cuorinfranti avrà però un altro nome, perché al promoter il nome Cosetta non piacevaproprio, e in Italia o sei un autore che ha già venduto almeno quattrocentomila copie oppure nel processo creativo del tuo stesso libro sei la persona che conta meno.
Per fortuna, invece, a salire sul palco il prossimo 13 luglio per dare vita all’anteprima nazionale della mia commedia musicale “Tutto Matto” saranno proprio Alice e Sebastiano, i ragazzi degli anni ’80 coi nomi da me scelti fin dall'inzio della stesura. I due si innamoreranno e si confronteranno con gli splendori e miserie del loro tempo, giocando un po’ con la storia, la nostalgia, e con le canzoni dell’epoca.
Il primo pensiero che mi è nato nella testa quando ho iniziato a lavorare al copione è stato che, per avere poco meno di trent’anni nel 1987, i miei eroi dovevano essere nati alla fine dei ’50, e per questo ho cercato tra i nomi che erano popolari all’epoca.
Per la fanciulla – parrucchiera che vive di sogni un po’ semplici sempre a lieto fine – ho dunque optato per un palese richiamo al mondo delle favole; mentre a lui, figlio di genitori operai decisamente “rossi”, è stato automatico regalare un nome che sapesse di PCI, di lotta proletaria, e di tutto quell’universo che - come si racconta nella commedia - negli anni d’oro di Pippo Baudo, della Cuccarini e della tivù berlusconiana stava scomparendo per sempre.
Ma il mio desiderio perverso è un altro. Io vorrei prima o poi trovare una bella storia che possa giustificare un personaggio chiamato Debbborah… Debbbborah con l’acca, come si premuravano di sottolineare vezzose le adolescenti proprio negli anni ’80.
Potrebbe essere un bel romanzo sulla periferia, su una mania esterofila che allora cominciava a dilagare e che, mischiandosi alla bassa cultura suburbana, avrebbe portato a veri e propri esempi di trash anagrafico quali i molto più attuali Maicol, Jonatan e Scianel.
Alla faccia di chi sostiene che non è vero che i nomi dei personaggi letterari raccontano la storia.
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