Decotto prolisso di zenzero

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
Per fare un decotto di zenzero prendo il pentolino. Poi prendo la tazza con su il leone, la riempio d’acqua sotto il rubinetto, quindi verso la tazza (è una metonimia) nel pentolino. Ripeto l’operazione il numero di volte corrispondente alle tazze di decotto che voglio ottenere alla fine. Siccome il pentolino non tiene oltre il litro, non è che posso preparare decotto per mezzo mondo. D’altronde il problema non mi riguarda, poiché di solito lo preparo per due, quindi ci metto due tazze. Calcolando che un po’ d’acqua evaporerà durante la fase di bollitura prolungata (altrimenti stareste leggendo un post dal titolo Tisana o infuso prolissi di zenzero), alla fine aggiungo un po’ d’acqua in più. Metto quindi il pentolino sulla fiamma.
Mentre l’acqua va incontro al proprio inesorabile, turbolento destino, mi dedico alla radice di zenzero. La estraggo dal frigorifero e, sopra un piccolo tagliere, ne taglio alcune fettine. A questo punto a qualcuno potrebbe ronzare la fatidica e noiosa domanda “Ma quanto ce ne vuole?”. Grazie per la domanda: io non ho dosi, manco quando faccio la pagnotta integrale, vado a occhio. Nel peggiore dei casi uno si intossica o corre in bagno a vomitare o a gettare nel water l’esito dell’esperimento. Mica muore nessuno, se non il diretto interessato, il quale è consapevole del rischio cui si espone, perciò, come dicevo, no hay problema.Impariamo a fare tesoro dell’esperienza, ogniqualvolta riusciamo a sopravviverle.
Con un coltellino raschio via la pellicina che contorna le fette di zenzero. Fatto ciò, taglio in almeno quattro pezzetti ogni fettina. Si può anche tagliarle dopo averle impilate sovrapposte, per guadagnare preziosi secondi, poiché l’acqua sta sempre sulla fiammeggiante, rovente graticola. Prendo lo spremiaglio e spremo i pezzetti di radice, stando sopra la tazza col leone, precedentemente utilizzata. In questo modo la parte liquida della radice viene spremuta a freddo e sgocciola nella tazza. Se fa bene a quella delle olive, suppongo che la spremitura a freddo faccia bene anche alle proprietà organolettico-nutritivo-terapeutico-salutistiche della radice di zenzero. O almeno a me piace pensarlo, e anche la positività di una eventuale illusione cognitiva ha di per sé indiscusse, benefiche ripercussioni psichiche.
È importante precisare, che spesso, affiancata alla tazza col leone, ci sta pure quella con la scimmietta rossa, a volte addirittura anche quella con la leonessa maculata di cuoricini. Questo non accade tanto le rare occasioni che devo farne per altre due persone, quanto le frequenti volte in cui preparo abbondante decotto: una tazza la gusterò subito calda, la scimmia (nel caso anche la leonessa) le lascerò raffreddare, pronte per essere riscaldate a temperatura ottimale con unopuntotrenta secondi di microonde. Del resto non è necessario che le tre tazze sappiano i diversi tempi che il destino ha in serbo per loro, nell'appuntamento col mio stomaco. Per ora ad esse basta sapere che nella migliore egual misura spetta a ciascuna un tot di gocce spremute a freddo e un abbondante cucchiaino di miele. Sarà poi la sorte a esprimere diversamente i talenti delle iniziali identiche capacità potenziali: per le incolpevoli tazze dipende dal fortuito caso di un'effigie d'animale, per i cuccioli degli umani dipende dal nascere ugualmente capaci ma diversamente avvantaggiati. Tazze e infanti comunque con la dea bendata a far da balia:  figli d'operaio infreddoliti riscaldati al microonde, figli di notaio predestinati alla calda fiamma della facile ribalta sociale. Io, che almeno per le tazze posso dispensare fortuna e gloria, tendo a favorire il mio adorato leone, ma a volte concedo il sovvertimento delle gerarchie sociali, vuoi alla scimmietta, vuoi alla leonessa. Che anche le due reiette, di tanto in tanto, si godano la prima mescita regale; che anch'esse provino l'emozione fumante del riscatto sociale; che sorseggino caldi i propri sogni, prima che l'entusiasmo si raffreddi.

Esempio di tazza fighetta bancario-notarile.
Diffidate dell'estetica d'apparenza immacolata di certi colletti bianchi.
Sono gli stessi che poi ti fottono con i derivati zen sui mercati asiatici.
Nel dubbio, scegliete sempre tazze rustiche con disegni d'animali o altro.
Di orientale c'è già l'origine dello zenzero: basta e avanza.


L’acqua nel frattempo è giunta a guardare negli occhi il proprio inferno sublimante: è la bollitura. Prendo i pezzetti di radice spremuti e li getto nel pentolino. A questo punto, con accortezza che nulla ha da invidiare a quella esibita dal signor Scott nel regolare la pressione in sala macchine dell’Enterprise, con mano sensibilissima e movimenti impercettibili, regolo la levetta del gas, in modo che l’erogazione alimenti una fiammella congeniale a mantenere l’emissione di bollicine al minimo livello, tale da poter esclamare senza tema di smentita: “Eppur si bolle!”. Come termine naturale di riferimento, vi direi di visualizzare mentalmente le pozze d’acqua bollente intorno ai geyser islandesi, ma siccome non ci sono stato, preferisco suggerirvi di ritenere soddisfacente la peppiatura zenzerica allorché vi ricordi il caratteristico borbottio delle pozze di fango termale della Solfatara di Pozzuoli; qua ci sono stato.
A un moderato regime di bollitura, lo zenzero non si stressa, subendo comunque l’effetto estrattivo della bollitura, mentre l’acqua si consuma il minimo indispensabile, cedendo avaramente solo qualche vapore al regno gassoso. Lascio così bollire per cinque minuti, ma se si vuole si può anche procrastinare. Mentre il decotto bolle, verso nella tazza (come già anticipato pocanzi nell'excursus sulle aspirazioni sociali delle tazze) un cucchiaino colmo di miele. All’inesorabile trascorrere del tempo desiderato, spengo la fiamma, mi munisco di colino, verso il decotto nella tazza. I pezzetti di radice, oramai ammorbiditi, li rovescio sul tagliere. Quindi li rimetto nello spremiaglio, strizzandoli sopra la tazza. Così non va sprecato nemmeno una goccia di decotto.
Ora il decotto è pronto: una vorticosa rimescolata col cucchiaino scioglie il miele. In verità non è che il sapore del miele si senta molto, ma aiuta ad ammorbidire la sensazione di piccante dello zenzero, la quale, a sua volta, non è per niente esagerata. Anzi, la bevanda dona una piacevolissima e caratteristica sensazione di pepato corroborante, che pizzica la gola (con quel gradevole effetto di “accennato bruciacchiamento disinfettante” nella parte profonda della bocca, là dove il palato cede il passo alla faringe per più oscure imprese).
L'eventuale tazza paria di turno, la ripongo sul mobiletto, vicino al macinino del caffè, avendo cura di coprirla, affinché non si disperda l'aroma, con il fenomenale coperchietto in silicone tescoma (io ho quello più piccino, di colore arancione: pochi euro spesi davvero bene). Per inciso: in caso di tisane o infusi, lo stesso coperchietto lo utilizzo per coprire il pentolino durante l'infusione a fiamma spenta.
A questo punto, con un tempo di preparazione inferiore a quello impiegato a leggere questo post (tra i sette e i dieci minuti), il decotto di zenzero è pronto da gustare. Potete berlo da solo durante la giornata, o accompagnarlo a ciò che vi aggrada, per colazione.
K.
Qua trovate la versione ristretta di Ester (mia musa ispiratrice).
Qua afferma che lo zenzero è nemico dei ciccioni e fa bene.
Qua ci sono tante altre robe sullo zenzero.
Qua vi dice pure come coltivarlo sul balcone, senza prendervi il raffreddore.

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