Carceri. Alla fine le sorsate di urina di Pannella non sono servite a tanto. “Serviva un’amnistia! Non un decreto svuota carceri!”
Era già chiaro prima che i Radicali fossero coerenti con la loro perenne scontentezza. Il verme dell’incoerenza del partito è insito nelle scelte politiche (vedi salvare Cosentino dalla galera). Proporre un’amnistia avrebbe fatto rizzare i capelli al fautore della certezza della pena, il buon vecchio Cesare Beccaria, che ha sprecato il tempo a pensare a come risolvere la matassa intricata dei carceri. Bonino accenna a un’amnistia come a una riforma strutturale, che “svuota le carceri, ma svuota anche le scrivanie dei magistrati dai piccoli reati”. Cosa davvero inverosimile, visto che non punire chi ha sbagliato per sfoltire la fila nei tribunali mi sembra una cosa campata in aria. Per questione di giustizia su chi ha subito un torto, prima di tutto. E in secundis, per impedire un aumento di criminalità con la liberazione di uomini con fedina penale sporca. Questo lo dico senza il minimo pregiudizio, ma con la certezza che il carcere serva a reintegrare nella società chi è colpevole di aver sbagliato.
E’ terribilmente vero che le carceri italiane sono uno scempio. Nel vero senso della parola. Grazie alle immagini frutto di un’interrogazione parlamentare sui carceri italiani, siamo consapevoli che molte cose sono da cambiare.
Lasciando perdere se sia giusto o sbagliato il ddl del governo, la riforma strutturale non può essere partendo da un’amnistia, ma da una riforma delle carceri. Faccio mie parole di Beccaria: “perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev’essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata a’ delitti, dettata dalle leggi.” ‘Necessaria’, per far giustizia. Una pena è dovuta, basilare, per tenere salda la giustizia sociale e la fiducia nelle istituzioni giuridiche. Riformiamo le carceri, ampliamo gli istituti. E stabiliamo pene giuste, ma soprattutto pene adeguate. Ed è chiaro che “non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa”.