Defendor
di Peter Stebbings
Canada 2009
La realtà si interseca con la delusione nella mente di Arthur Poppington (Harrelson), un'uomo normale che diventa il supereroe Defendor e setaccia le strade della città di notte in cerca del suo arcinemico, Captain Industry. Nel suo tentativo di combattere il crimine e sconfiggere Captain Industry, uno spacciatore di droga e trafficante d'armi che per sbaglio crede essere il responsabile della morte di sua madre, Defendor finisce per diventare amico di una giovane prostituta, Katerina Debrofkowitz (Dennings). Armato di armi non convenzionale di confusione di massa, aiutato dal suo nuovo amico e mettendo la sua vita sulla linea, Defendor dimostra che tutti sono in grado di fare la differenza. (Fonte: http://www.mymovies.it)
Commento
Da qualche anno l'industria del cinema ha riportato in auge i film sui supereroi. Il materiale da cui prendere spunto non manca affatto, e i moderni effetti speciali consentono risultati assai superiori rispetto alle tristi prove del passato (penso al primo Capitan America, o a Hulk con Lou Ferrigno).
Recentemente l'occhio della telecamera sta tentando di dissacrare questi combattenti in calzamaglia, portando all'eccesso il noto motto di Stan Lee “supereroi con superproblemi”. Ci hanno da poco provato con la trasposizione, parzialmente deludende dell'ottima graphic novel Kick Ass. Il suddetto film fallisce laddove si allontana dai toni cinici e drammatici del fumetto, puntando unicamente sul lato commediale del medesimo. Il risultato è una pellicola divertente, ma che diverge dalle tematiche trattate su carta da Romita e Millar.
Defendor, film canadese, non statunitense (forse non è un dettagli da poco) è senz'altro più funzionale nel tentativo di analizzare il fenomeno supereroistico applicato alla vita reale. Arthur Poppington, interpretato da un Woody Harrelson pressoché perfetto, è un operaio con qualche lieve ritardo mentale, solo al mondo e traumatizzato dalla perdita della madre (drogata e alcolizzata) in tenerissima età. Di notte indossa una dolcevita nera, un casco antisommossa, di disegna una “D” sul petto con del nastro adesivo, ed esce nelle strade della città nelle vesti di Defendor, il vigilantes.
Peccato solo che le armi di Arthur suscitino più scherno che paura: biglie scagliate con la fionda, succo di limone per accecare il nemico, vespe imprigionate in vasetti di vetro, nonché una vecchia mazza ferrata della Grande Guerra, ereditata dal nonno. In più ad Arthur, l'unico supereroe dal nome sgrammaticato, manca la prontezza mentale per capire quando il rischio è eccessivo per le sue modeste capacità, complice la sensazione di invincibilità che il costume di Defendor trasmette al nostro eroe di quartiere.
Insomma, Arthur Poppington è una figura più triste che comica. È un disadattato, un ritardato abbandonato da tutti se non da un collega di lavoro che lo ha preso a cuore. La doppia vita di Arthur ricorda tuttavia una versione distorta di quella dei “veri” supereroi: ha un'identità segreta, un nascondiglio, un costume, un trauma che ha condizionato la sua infanzia, e una nemesi, il fantomatico Capitan Industry, a cui il nostro addossa le colpe della morte della madre.
Tutto però è distorto dalla visione distorta del mondo di Arthur: un mondo fatto di buoni e cattivi, di scontri onorevoli in cui si può convincere i “cattivi” a non utilizzare le armi da fuoco perché “da codardi”; un mondo fatto di redenzione e di giustizia al di fuori della legge. Come se non bastasse a Defendor capita tra le braccia la prostituta (nonché drogata) Kat, che lo salva da un pestaggio conseguente a una missione andata male (come quasi tutte quelle intraprese dal vigilantes in nero). Kat è una poco di buono, strafatta di crack, che inizialmente non esiterà a sfruttare Arthur per avere un riparo dove nascondersi e dei soldi facili da spillare all'imbranato supereroe.
Ma è proprio la tardiva ma toccante redenzione di Kat a risultare, alla fine del film, come l'unica, grande impresa di Defendor, il supereroe. Salva una persona e salverai il mondo, si dice (più o meno). Se è così, Arthur Poppington è un eroe migliore di tanti altri.
Come spesso mi capita, prima di scrivere questo articolo ho letto altre recensioni, anche autorevoli, pubblicate sul web. Purtroppo ne ho ricavato una brutta sensazione: credo che spesso i giornalisti scrivano tali recensioni senza nemmeno aver visto il film in questione. O, ipotesi ancora peggiore, non arrivano a comprendere ciò che hanno visto.
Defendor viene definito un film “comico”, e il personaggio interpretato da Harrelson è descritto come buffo e caricaturale. Nemmeno ci trovassimo davanti a una sorta di film di Walt Disney, o a un Kick Ass qualunque.
Defendor, in realtà, è un film triste che strappa qualche sorriso e una certa dose di commozione sul finale. È un film triste perché ci mette davanti a una sgradevole realtà: un ritardato quarantenne, a malapena in grado di badare a se stesso, è la persona più onesta, onorevole e degna di calcare questa terra tra tutte quelle che incontriamo nei cento minuti della pellicola. Poco importa se la maschera di Defendor serve ad Arthur come rivalsa nei confronti del mondo che l'ha sempre trattato con uno scendiletto: i suoi propositi sono nobili, il suo senso dell'onestà encomiabile.
Il risultato finale, in fondo, è solo un dettaglio.