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Definizione della settimana: Avanzo primario

Creato il 20 novembre 2014 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

L’avanzo primario si ottiene quando la differenza fra le entrate e le uscite di uno Stato, senza contare gli interessi sul debito pubblico, è positiva. Però, la presenza di un avanzo primario non è sufficiente a far diminuire il debito: se gli interessi pagati per finanziare il debito pubblico sono maggiori dell’avanzo primario, il debito pubblico aumenta.
Proviamo a fare un esempio pratico paragonando i conti dello stato all’economia domestica: se una famiglia guadagna 2.000 euro al mese e per vivere spende 1.900 euro, a fine anno genererà un avanzo primario di 1.200 euro (100 euro al mese); se per sostituire la vettura chiederà a inizio anno un finanziamento che comporta il pagamento di 200 euro mensili (tralasciamo in questo caso il valore dell’auto acquistata) si troverà a pagare 2.400 euro. A questo punto la spesa per interessi sarà superiore all’avanzo primario e la famiglia avrà due possibilità: 1) intaccare una parte del patrimonio, se disponibile 2) aumentare il debito, finanziandosi ulteriormente; questa seconda ipotesi è proprio quella che riguarda l’Italia.

L’”avanzo primario”, come lo chiamano in gergo gli economisti e il Governo, è la differenza tra le entrate dello Stato e la spesa dello Stato, una volta esclusi gli interessi sul debito pubblico. Per esemplificare, poniamo il caso di un’impresa privata che a fine anno abbia dei ricavi e dei costi: se, nel corso dell’esercizio considerato, il totale dei ricavi supera il totale dei costi nello stesso periodo, si dirà che l’azienda ha un “avanzo d’esercizio”. Allo stesso modo se nel corso di un anno le entrate di uno Stato (essenzialmente pari alle tasse) superano le uscite (cioè la spesa pubblica), quello Stato registra in quell’anno un “avanzo primario”.

AVANZO PRIMARIO PER ABBATTERE IL DEBITO PUBBLICO. Il concetto di “avanzo primario” è importante, specie in uno Stato ad alto debito pubblico come il nostro. Il debito pubblico, come abbiamo scritto, è la somma dei deficit accumulati con il passare degli anni. Uno Stato che ipoteticamente, fin dalla propria fondazione, avesse accumulato nel corso della sua storia soltanto “avanzi primari” e quindi nessun deficit, avrebbe oggi un debito pubblico pari a zero. Un’altra ipotesi, pur sempre estremamente semplificata, è quella di uno Stato appena nato e quindi con debito di partenza pari a zero. Nel primo anno successivo alla sua fondazione, poniamo che tale Stato decida di ridurre le imposte di 1 miliardo di euro per un anno, lasciando invariata la spesa pubblica. Alla fine di quell’anno, dunque, il debito dello Stato sarà pari a 1 miliardo. Per rimborsare l’intero debito nell’anno successivo, il governo deve produrre un avanzo primario pari a 1 miliardo più il costo degli interessi sul debito accumulato (che fissiamo pari a 0,1). Produrre un avanzo primario di 1,1 miliardi equivale a dire che le entrate dovranno essere superiori alle uscite di 1,1 miliardi. Se lo Stato raggiunge quest’obiettivo nel secondo anno, il debito viene estinto. Come si evince da questo secondo esempio, se uno Stato registra un avanzo primario, il debito pubblico diminuisce.

Prima di analizzare scenari più realistici, si può già osservare che l’esistenza di un avanzo primario certifica esclusivamente che le entrate dello Stato sono maggiori delle spese di quello Stato, ma non ci dice nulla su come esso viene creato. Infatti, se l’avanzo primario è uguale a “T – S”, cioè la differenza tra tasse e spesa pubblica, esso si può ottenere in due modi: sia tramite un aumento delle tasse (cioè facendo crescere T) sia tramite una riduzione della spesa pubblica (cioè facendo diminuire S).

PERCHE’ NON BASTA L’AVANZO PRIMARIO PER FAR SCENDERE IL DEBITO. Passiamo ora a quel che accade ai nostri giorni, in cui non esistono Stati con debiti pari a zero come quelli degli esempi di cui sopra. E’ davvero sufficiente per un Paese registrare un avanzo primario al fine di ripianare i vecchi debiti o di non accumulare altro debito pubblico con il passare del tempo? No. Il debito pubblico, come abbiamo scritto (si veda la definizione di debito pubblico), è la somma dei deficit accumulati ogni anno da uno Stato. Il deficit non è dato soltanto dalla differenza tra uscite (spesa per beni e servizi) ed entrate (tasse), ma anche dal peso degli interessi che lo Stato deve pagare ai creditori sul debito pregresso. Detto altrimenti: nell’anno X, uno Stato può benissimo registrare un avanzo primario, cioè avere entrate maggiori delle sue uscite, e tuttavia essere costretto a pagare interessi significativi sul debito pregresso. Se questi interessi sul debito sono elevati e superiori alla differenza tra entrate e uscite nette, lo Stato potrà rimanere in deficit per quello stesso anno X, anche a fronte di un avanzo primario. Spieghiamoci con qualche numero.

IL (TRISTE) CASO DI SCUOLA DELL’ITALIA. Si prenda il caso dell’Italia. Nel 2013, secondo l’ultima Relazione annuale della Banca d’Italia, il nostro Paese ha realizzato un avanzo primario di tutto rispetto, al livello della “rigorosissima” Germania. Le entrate dello Stato hanno infatti superato le uscite di 34,7 miliardi, pari al 2,2 per cento del prodotto interno lordo (anche se l’attesa del Governo, nel 2012, era perfino superiore: si attendeva un avanzo primario di 79,9 miliardi, pari al 4,9% del Pil). Se però alla voce “spese” aggiungiamo quanto l’Italia ha sborsato per pagare gli interessi del suo enorme debito pubblico, oltre 90 miliardi di euro nel 2013 e cioè una cifra che ammontava a circa il 5,3% del Pil, ecco che le spese complessive tornano a superare le entrate. Alla fine dei giochi, ecco cosa c’è dietro il deficit (si veda la definizione di deficit) complessivo di bilancio dello scorso anno pari al 3,0% del Pil. Il debito pubblico italiano, dunque, continua a crescere.

Ecco spiegato perché, in presenza di un debito elevatissimo come quello italiano che oggi supera il 130 per cento del prodotto interno lordo (Pil), ottenere un avanzo primario a fine anno non basta di per sé ad alleggerire il fardello del debito. Guardare alle serie storiche dei conti pubblici italiani è la dimostrazione di ciò. Nel 1991, in Italia, le entrate per la prima volta dopo molti anni furono maggiori delle uscite per lo 0,2% del Pil; nel 1997 addirittura l’avanzo primario arrivò al 6,7%; se si esclude il 2009, anno in cui scoppiò la crisi, negli ultimi 20 anni i conti pubblici italiani sono stati caratterizzati sempre da avanzi primari.

COME E’ POSSIBILE USCIRNE. E’ vero dunque, contrariamente a quanto si potrebbe pensare in base a molti dei pregiudizi in circolazione, che l’Italia negli ultimi 20 anni ha gestito in maniera decisamente oculata il saldo tra spese ed entrate. Guardare alla sola differenza tra entrate e uscite, però, vuol dire perdersi una parte importante della storia. I Governi che si sono succeduti, infatti, hanno ottenuto una lunga serie di avanzi primari alzando le tasse (entrate) più che riducendo la spesa (uscite); e questo ha depresso la crescita e l’occupazione, già prima che scoppiasse l’ultima recessione globale, facendo comunque salire il rapporto tra debito pubblico e Pil.

Infatti, se invece di badare al solo “livello” del debito pubblico teniamo conto del più importante “rapporto tra debito pubblico e Pil”, c’è pure un’altra variante che entra in gioco: secondo gli economisti, quando il tasso d’interesse reale – da pagare sul debito pregresso – è maggiore del tasso di crescita del pil reale, il debito pubblico tende comunque a lievitare. E considerato che dall’inizio della crisi abbiamo perso oltre 10 punti di Pil, il rapporto tra debito pubblico e Pil non può che continuare a crescere (visto che il denominatore di questo rapporto diventa più piccolo).

Per invertire la rotta, dunque, all’Italia non basterà inanellare altri “avanzi primari” uno dietro l’altro: essi andrebbero ottenuti tagliando in maniera sistematica spesa pubblica e tasse, cioè il contrario di quanto fatto finora, in modo da rilanciare la crescita; se il Pil aumenta, si riduce progressivamente anche il rapporto tra debito pubblico e Pil.

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