Mauro Biglino è uno studioso di storia delle religioni con esperienza trentennale, ricercatore e scrittore di articoli, libri e prodotti multimediali di carattere storico, scientifico e didattico, ma soprattutto ha una grande conoscenza delle lingue semitiche ed è un apprezzato traduttore di ebraico antico. La sua riconosciuta competenza in questo ambito lo ha portato a lavorare per le Edizioni San Paolo, per le quali ha realizzato la lunga opera di traduzione letterale di 23 libri dell’Antico Testamento, 17 dei quali già pubblicati nella collana Bibbia Ebraica Interlineare.
Nella sua letterale traduzione della Bibbia (nella versione ebraica del Codice Masoretico di Leningrado) si notano molte interessanti differenze con le comuni versioni, che derivano spesso da traduzioni dal greco o dal latino realizzate anche molti secoli dopo l’originale stesura.
Ho incontrato Mauro Biglino al Simposio Mondiale di San Marino su Scienza, Tradizione e Dimensioni del Sacro, con altri numerosi personaggi di fama internazionale ed esperti di alchimia, simboli, archeologia ed ogni genere di disciplina di frontiera; tutti invitati e coordinati da Roberto Pinotti. Devo dire che, al di là delle tante relazioni di grande spessore culturale, ho trovato gli incontri conviviali estremamente stimolanti: nelle pause pranzo degli intensi giorni del Simposio i tavoli dei relatori erano degli autentici e spontanei laboratori di cultura in cui era normale che ci scambiassimo appunti con geroglifici egizi, antichi glifi e monogrammi greci, schemi e diagrammi scarabocchiati perfino sui tovaglioli di carta.
In una di queste occasioni ho avuto modo di conoscere meglio Mauro, la sua appassionata ricerca e le straordinarie, e, per molti aspetti, sconvolgenti, traduzioni degli antichi testi ebraici. Il suo libro Gli Dei che giunsero dallo spazio? - Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia (Infinito Records Edizioni, 2010) è già un testo di successo e sono convinto che avrà presto la stessa popolarità dei libri di Zecharia Sitchin sugli alieni provenienti dal pianeta Nibiru, frutto delle traduzioni delle tavolette cuneiformi dell’autore americano scomparso di recente.
A differenza di quanto aveva fatto Sitchin, però, Biglino rende i lettori partecipi della letterale traduzione degli antichi testi, trascrivendo passo per passo sia il testo ebraico non vocalizzato, sia la traslitterazione secondo la pronuncia italiana, sia la traduzione parola per parola. Da tale rigorosa procedura, a cui Biglino si attiene in modo scrupoloso, emergono informazioni di estremo interesse sui fatti narrati e sui personaggi protagonisti della Bibbia: su tali informazioni ciascun lettore può dare una propria valutazione, perché l’autore, volutamente e coerentemente, si limita a fornire la traduzione, l’analisi diretta di ciò che hanno scritto gli antichi redattori, e delle ipotesi plausibili, lasciando ai teologi le interpretazioni teologiche.
Ho invitato Mauro Biglino a presentare il suo testo al Festival del Libro di Cecina (29-30-31 luglio 2011) in cui il pubblico potrà incontrarlo e porgli quesiti, e gli ho posto alcune domande.
- Poter attingere direttamente agli originali degli antichi testi e tradurli in lingua moderna quali nuovi scenari le ha aperto e quali sensazioni le ha dato?
Per intanto desidero ringraziarvi per l’interesse e saluto con amicizia i lettori ai quali prometto di essere sintetico nelle risposte perché la prima regola è “non annoiare chi ha la pazienza di ascoltarti o leggerti!”
Gli incarichi ricevuti dalle Ed. San Paolo prevedevano espressamente che io facessi una traduzione letterale partendo dal testo della Bibbia Stuttgartensia redatta sulla base del Codice Masoretico di Leningrado. Questo lavoro mi ha fatto scoprire un libro diverso da quello che conoscevo per educazione religiosa e tradizionale: ho trovato un testo concreto, scevro da ogni visone di ordine spiritualista, tutto orientato alla concreta vita materiale che si svolge quotidianamente su questa Terra; un libro in cui non esiste il Dio della religione, non si parla di anima o di aldilà. Ho trovato quindi un testo di storia dotato di tutte le caratteristiche proprie di ogni lavoro storiografico; bisogna quindi considerare che contiene certamente delle verità, ma anche delle falsità, degli errori, delle dimenticanze accidentali o dei nascondimenti voluti; in esso certi eventi sono stati enfatizzati ed altri sottaciuti e i fatti della storia possono essere stati interpretati in funzione degli obiettivi e dei messaggi che l’autore intendeva veicolare…
Insomma, un normale libro di storia non sostanzialmente diverso da quelli che conosciamo anche oggi e i cui contenuti risultano però essere veramente sorprendenti ed anche stravolgenti per chi su quel libro ha costruito delle religioni.
Con questo atteggiamento vanno quindi presi i racconti relativi ai fatti salienti: dalla straordinaria “creazione dell’uomo” alle conseguenze prodotte dal Kevòd (carro) di Yahwèh quando passa vicino agli esseri umani e molto altro ancora…
- “Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia” come ha cambiato le idee dell’Autore e il suo rapporto con la religione? Lei si considera una persona spirituale, religiosa, o altro?
Ho scritto quel libro – ed anche quello che sta per uscire – perché ho scelto di iniziare a raccontare lo stupore personale che è sorto in me negli anni in cui ho svolto il lavoro di traduttore di ebraico masoretico. Non sono una persona religiosa nel senso tradizionale del termine ma non sono neppure un ateo: in altre parole non ho le certezze degli uomini di fede ma neppure le certezze degli atei. Se un giorno si dovesse documentare con certezza che ciò che scrivo corrisponde al vero, questo fatto non negherebbe di per sé l’esistenza di Dio o di un mondo spirituale: magari tutte le vicende bibliche rilette alla luce di quanto scritto potrebbero benissimo essere pienamente ricomprese nel disegno provvidenziale che Dio ha elaborato per l’uomo. Ma di questo devono – e dovranno – parlare i teologi, non io che mi limito a raccontare ciò che leggo: Come dico sempre nelle conferenze “di Dio non parlo mai perché di Dio non so nulla e preferisco che a parlare siano quelli che sanno o dicono di sapere”.
- Se le entità di cui si parla nell’Antico Testamento non erano spirituali, qual è la sua idea di spirito o di anima?
Come detto nella risposta precedente non mi occupo di mondi spirituali e dunque non sono in grado di formulare una risposta motivata a questa domanda.
- Nella copertina del suo libro c’è l’immagine di un’astronave, un UFO: è una sua precisa teoria, una convinzione o una semplice ipotesi?
Si tratta di una ipotesi che trova una sua coerenza nell’insieme dei racconti biblici che narrano della vita, del carattere, degli atteggiamenti, delle scelte e delle prescrizioni dell’Elohìm chiamato Yahwèh. I capitoli del libro dedicati agli angeli, alle esperienze concrete vissute da alcuni profeti o al mezzo (kevòd, ruàch) con il quale essi si spostavano o ancora ai comandamenti che Yahwèh ha impartito… tutti questi elementi sono molto chiari da questo punto di vista e consentono la formulazione di una ipotesi assolutamente motivata. Ogni ipotesi poi deve ovviamente essere sottoposta alle necessarie verifiche ed è per questo motivo che la ricerca e lo studio continuano in questa direzione che è assolutamente affascinante. Va detto infatti che per trovare è necessario cercare avendo la mente aperta e disponibile ad accettare qualunque sorpresa, anche la più sconcertante. Mi ritengo fortunato perché le traduzioni che conduco e che pubblico così come sono, spesso trovano riscontri “a posteriori” in vari ambiti: fisica, biologia ed anche fisiologia, come ho avuto modo di verificare in questi ultimi mesi, dopo che ho reso pubbliche su YouTube e nelle conferenze le mie ipotesi sul piacere che gli Elohìm provavano nel sentire l’odore della carne bruciata.
- Agli Dei piaceva veramente l’odore della carne bruciata durante i sacrifici in loro onore?
Non posso dire solamente che a loro “piacesse”, in realtà pare che ne avessero un “concreto bisogno fisiologico”, e le conferme che ho avuto successivamente sia in ambito medico che dalle tavolette sumere stanno radicando sempre di più il mio convincimento. Nel nuovo libro tutto sarà spiegato e documentato, ora evidentemente non posso anticipare nulla.
- Come è nata la sua passione per l’ebraico antico?
È nata dalla necessità e dalla voglia di accedere direttamente alle fonti senza avere le intermediazioni dei vari interpreti che, come la storia dimostra, hanno fatto dire a quel testo tutto ciò che hanno voluto. In questa incertezza totale e nella volontà di affermare questo o quel dogma, i sostenitori delle numerose verità si sono combattuti nei secoli ed è proprio questo scontro che bisogna evitare: importante è formulare delle ipotesi e sottoporle a verifica. Per questo motivo io pubblico nei miei libri anche i versetti in ebraico e la traduzione letterale che ne faccio: tutti devono potere verificare ciò che dico; metto in gioco le mie idee senza avere la presunzione di possedere la verità.
- Chi sono stati i suoi maestri nella professione e nella vita?
Devo ringraziare soprattutto Giuseppe Tedesco, il mio insegnante di ebraico che è scomparso l’anno scorso: ebreo, uomo di profondissima cultura, fondatore di giornali e di un centro studi. Insegnandomi la lingua mi ha trasmesso anche l’idea della concretezza dei racconti di cui poi ho trovato riscontro nei testi.
- Qual è la più grande curiosità che ancora la spinge a continuare la ricerca?
La risposta qui è semplice: la voglia di sapere e di cercare verifiche o smentite a ciò che leggo. E devo dire che le sorprese non mancano. Inoltre ho riscontrato in questo anno un interesse incredibile da parte del pubblico; il libro ha già visto tre stampe e le conferenze che faccio in tutta Italia sono ogni volta uno stimolo a proseguire e non a caso sto ulteriormente approfondendo lo studio di testi rabbinici ed anche di traduzioni di tavolette cuneiformi che mi giungono da varie parti. Ogni passo compiuto è una sorpresa, una emozione ed i parallelismi con la Bibbia sono talmente tanti che fermarmi sarebbe ormai impossibile.
- Al di là delle traduzioni dei suoi predecessori come Zecharia Sitchin, ha trovato personalmente degli indizi sul luogo di provenienza degli Elohìm, Anunnaki o Anakiti, “Coloro che dal cielo sono scesi sulla terra”?
Io mi sono imposto metodologicamente di rimanere ancorato alla Bibbia e quindi rispondo nel rispetto di questa scelta. Conosco i lavori di Z. Sitchin ma non sono legato alle sue teorie sul pianeta di provenienza. Se anche si verificasse che il famoso pianta Nibiru da lui ipotizzato non esiste, non cambierei di una virgola ciò che ho scritto fino ad ora. Nella Bibbia non ci sono passi che consentano di formulare ipotesi motivate sulle origini dei nostri ipotetici “creatori” e sui motivi per i quali essi sono giunti qui. Nel nuovo libro presento comunque una vera e propria curiosità derivante dal significato aramaico di un termine che la Bibbia riconduce sempre alle figure dei “giganti”: in quel significato, che trova un curioso riscontro nella versione greca della Bibbia dei 70, si trova un cenno ad un possibile luogo di origine. Ma non ne posso parlare qui per ovvi motivi.
- Da quanto tempo gli Elohìm avrebbero abbandonato il nostro pianeta? Se ne ipotizza il ritorno?
Io non so da quanto tempo abbiano abbandonato il pianeta e quindi rispondo con le parole di Giuseppe Flavio, lo storico giudeo-romano che nel primo secolo d.C. ha scritto alcune opere ricche di contenuti interessanti. Cito quindi quanto lui scrive nel suo libro “Guerra giudaica”, un testo che si riferisce alle vicende vissute dalla terra di Israele e culminate nella conquista romana della città di Gerusalemme nel 70 d.C.
Nel Libro VI i versetti dal 296 al 299 recitano così:
“Non molti giorni dopo la festa, il ventuno del mese di Artemisio, apparve una visione miracolosa cui si stenterebbe a prestar fede e in realtà, io credo che ciò che sto per raccontare potrebbe apparire una favola, se non avesse da una parte il sostegno dei testimoni oculari, dall’altra la conferma delle sventure che seguirono. Prima che il sole tramontasse, si videro in cielo su tutta la regione carri da guerra e schiere di armati che sbucavano dalle nuvole e circondavano le città. Inoltre, alla festa che si chiama la Pentecoste, i sacerdoti che erano entrati di notte nel tempio interno per celebrarvi i soliti riti riferirono di aver prima sentito una scossa e un colpo, e poi un insieme di voci che dicevano: “Da questo luogo noi ce ne andiamo”.
Curioso vero?
- Curioso e interessante, anche considerando che Giuseppe Flavio era uno storico serio e informato. Come si immagina che fossero fisicamente Yahwèh, i Malakhìm, gli Angeli e i giganti dell’Antico Testamento?
Rispondo rimanendo sempre legato al testo biblico: non ci sono descrizioni relative a Yahwèh e dunque non sarebbe corretto ipotizzare alcunché. Per quanto concerne i cosiddetti “angeli” non vi sono dubbi che fossero individui in carne ed ossa come noi, anche se il loro aspetto fisico li rendeva distinguibili dai nomali semiti, perché venivano riconosciuti immediatamente. Su un elemento non vi possono essere dubbi: non erano esseri spirituali!
Per quanto concerne i “giganti” la Bibbia ci racconta della loro statura (Nm 13,32-33; Dt 1,28), delle dimensioni del letti in cui dormivano, 4,5 metri di lunghezza e 2 di larghezza (Dt 3,11), e che erano ancora visibili al tempo di chi scriveva; dice inoltre che alcuni di questi avevano sei dita per ogni arto (2 Sam 21,20) ma non ci dice altro sul loro aspetto.
Quindi io, per il momento, mi attengo a questi dati: nei miei lavori futuri mi allargherò tenendo conto anche di descrizioni contenute in testi ritenuti apocrifi.
- Quali riscontri archeologici esistono a conferma delle sue più straordinarie traduzioni?
I riscontri si trovano sostanzialmente nei resti delle costruzioni megalitiche che sono rimaste fino ad oggi in varie parti del modo: dall’Egitto all’India e al Giappone, dal Medio Oriente a Malta, da Stonehenge al continente americano…
Per rimanere però in tema strettamente biblico ricordo che gli scavi condotti sulle rive del Giordano e più in generale nei territori interessati dagli eventi narrati hanno evidenziato come essi fossero controllati, almeno dal IV millennio a.C., da razze forti che hanno prodotto una civiltà megalitica capace di realizzare costruzioni ciclopiche: si pensi all’incredibile sito di Baalbek (nella valle della Bekaa, in Libano), in cui sono stati movimentati monoliti del peso di centinaia di tonnellate cadauno!La stessa archeologia documenta che queste razze sono state progressivamente soppiantate dai nuovi occupanti e la Bibbia ci dà conto di questa graduale sostituzione. Per quanto concerne gli Anaqiti (uomini “dal lungo collo”), essi occupavano il territorio di Hebron e la regione che sarà poi conquistata dalla tribù di Giuda. Di loro si ricordano tre capi – i cui nomi Ahiman, Sesay e Talmay sono di origine aramaica – che furono sconfitti da Caleb, quando a lui si arrese la città di Hebron. Furono quindi distrutti da Giosuè, lasciando loro tracce a Gaza, Asdod e Gat (la città del gigante Goliat).
I Refaìm (cui apparteneva il gigante Og che dormiva nell’enorme letto di cui ho detto prima) occupavano invece la Transgiordania dal monte Hermon fino ad Ammon; come gli Anaqiti, furono sconfitti da Giosuè nel corso delle guerre di conquista, anche se Davide si scontrò ancora con alcuni di loro che vivevano in Cisgiordania (cfr. 2 Sam 21,15-21). Alcuni di loro erano presenti anche in Galaad, e questi ultimi furono annientati dagli Amorrei. Ai Refaìm appartenevano anche gli Zamzummìm, che abitavano nella regione di Amman (Transgiordania) e furono sconfitti dagli Ammoniti che si impossessarono del loro territorio: anche di essi si dice (Dt 2,20-23) che erano popolo di “alta statura”,come gli Anaqiti. Il nome Refaìm era già presente nei racconti cananei antecedenti il periodo della conquista da parte degli Ebrei. L’etimologia è incerta: per alcuni il loro nome rimanda al concetto di “curare”, contenuto nella radice rafah.
Gli Emìm, giganti anche essi, abitavano infine nel territorio di Moab (a est-sud-est del Mar Morto) e furono proprio i Moabiti a chiamarli così, in quanto loro erano altrimenti conosciuti come Refaìm. Secondo Genesi 14,5 furono sconfitti da Kedorlaomer e dai suoi confederati nella pianura di Qiriatàyim; la città fu distrutta e poi ricostruita dalla tribù di Ruben (cfr. Nm 32,37 e Gs 13,19).
Vi sono inoltre tracce dei nomi di questi popoli anche in un riscontro geografico: la “Valle dei Refaìm”, che s’identifica con la pianura di El-Beqa, a sud-ovest di Gerusalemme.
- Quali sono i suoi attuali rapporti con la Chiesa Cattolica?
In pratica non ho rapporti, salvo le amicizie personali che non sono venute meno: almeno quelle che contano. D’altra parte la prosecuzione delle mie pubblicazioni non farà che appesantire la situazione, ma non è e non sarà un problema, ormai la strada è segnata.
Un saluto a tutti da Mauro Biglino.
Giovanni Pelosini