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Del disinteresse diffuso per la lettura e di altre riflessioni (tra cui mia madre)

Creato il 30 maggio 2014 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
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Leggo su twitter: la libreria Modus Vivendi è piena, a parlare un professore di filosofia che una schiera di laureandi segue con interesse e poi… e poi finita la presentazione nessuno di questi ragazzi si trattiene, nessuno acquista, sfoglia, si incuriosisce per questo autore o quella copertina. Nessuno.

E allora la domanda sulla validità dei progetti per avvicinare alla lettura, alla presenza di un così palese disinteresse, si fa fondamentale. I lettori latitano, questo si sa, ma perché? La complessità di una situazione che vede grida di giubilo per la riuscita del Salone del libro di Torino, con numeri da record, a fronte di un mercato che invece vede l’editoria in un calo costante di vendite è palese e aberrante. Mi sono chiesta quando si diventa lettori e, fatte le dovute eccezioni, tenuti presenti i distinguo e le particolarità, credo che la maggior parte di noi abbia cominciato ben presto. Con mani piccole a leggere libri tanto grandi, con la pila nascosta sotto il cuscino pronta ad illuminarsi appena fuori dal controllo dei genitori. Ma perché noi sì e tutti gli altri no? Un caso? Non per me.

Io ho cominciato a leggere perché stimolata in famiglia, perché il libro era considerato un dono prezioso, incartato con cura e reso allettante. Ma non è stato mica facile. Ero diversa, un poco strana, mi piaceva versare fiumi di lacrime sulle storie degli orfanelli, giocavo a pelota come gli altri ma nei pomeriggi d’estate tra un pic nic e l’altro (sì, sono stata fortunata a stare in campagna, poi che mi è successo, non so) amavo tenere un libro con me, leggere, sfogliare, desiderare.

Alle scuole elementari nuovo colpo di fortuna: la mia maestra faceva gare di lettura e tabelline i cui premi erano libri. Non compiti o obblighi, ma doni, appunto. Ma niente è rose e fiori. Insomma, i libri la maestra li comprava di tasca sua, la scuola aveva qualche testo in condizioni pietose riposto in qualche scaffale che osava chiamare biblioteca. Controsenso puro.

Ancora oggi mia madre, insegnante di scuola dell’infanzia, non ha la carta igienica in classe, figuriamoci libri. E così una stoica insegnante di qualsiasi ordine e grado può solo suggerirli questi benedetti testi, assegnare letture sperando che i ragazzi non vadano poi a leggerne la trama su wikipedia. Nei licei i più fortunati hanno qualche laboratorio tecnico, forse in qualche scuola c’è persino qualcosa che a una biblioteca assomigli, ma non basta. La scuola non è l’unico luogo in cui si forma un individuo, non c’è dubbio, ma è il luogo d’elezione in cui l’individuo si esprime in un contesto sociale: se leggi e sei strano come avrai sempre la forza di distinguerti? Io ce l’ho fatta, ma non perché fossi forte o particolare, questo è stato un caso sì.

Chiedere alle istituzioni di formare dei lettori bambini non è un capriccio, è chiedere che sia il luogo del sapere a insegnare la bellezza del sapere stesso, di formare cittadini capaci di ragionare e apprezzare il bello nella forma più etica di questo. Non di sole nozioni si vive, ma di amore, passione e gioia. E leggere è questo, non un esercizio a cui dare un voto. E scaricare tutto su insegnanti che ricevono stipendi inadatti e frustranti non è certo la logica che uno si aspetterebbe in un sistema decente. Affidiamo le generazioni future nelle mani di persone che poi non sosteniamo. Proviamoci noi a essere propositivi e felici divulgatori con le tasche vuote. Non è semplice, non è facile ma è un dato di fatto.

Diventare lettori da adulti è difficile, non impossibile, ma se invece si partisse dal principio? La letteratura per ragazzi è l’unica in un trend positivo perché nonostante tutto i giovani sono curiosi, amano esplorare e sono disposti ad essere educati nel senso letterale del termine: condotti. I lettori non sono meglio degli altri, ma sono senza dubbio persone più capaci di scandagliare la realtà e interpretarla. Leggere forma adulti consapevoli e se non è questo il ruolo della scuola, allora ditemi voi qual è.


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