Magazine Media e Comunicazione
I media rappresentano la realtà. Dunque ne fanno un racconto e come tale non corrisponde mai alla verità, ma è giocoforza una narrazione o, se vi piacciono i neologismi, una fictionizzazione. Se a questo si aggiunge il fatto che i media si propongono (e dunque vengono percepiti) come stimolatori della celebrità, in un ciclo perverso in base al quale se sei famoso vai sui media, ovvero se vai sui media sarai famoso, e che oggi viene persino data agli Utenti la possibilità di autogestire il Media stesso con videocamere, telefonini e You Tube, è difficile meravigliarsi per dei picnic domenicali sui luoghi del delitto, con il plaid scozzese piazzato il più possibile vicino al pozzo, due panini (preconfezionati) e poi via, a farsi le foto di fronte al garage. Sorprende forse di più la reazione ipocrita dei media ufficiali che si scandalizzano di fronte a queste manifestazioni, abbozzano un'autocritica sulla spettacolarizzazione del crimine e del dolore, e poi - pettinata per bene la coscienza - continuano come prima. In fondo una gita ad Avetrana è comandata dagli stessi impulsi di una visita ai cancelli di Neverland. Sentire il profumo di quello che i media hanno mitizzato e, in questo modo, sentirsi parte di quello stesso mito, e magari contribuire a crearlo. Ma anche - perché no? - avere bisogno della conferma di una realtà apparentemente troppo brutta e tragica per essere vera. Eppure tutto questo fa parte del Gioco e degli effetti delle sue regole. Perché dunque stigmatizzare le sue conseguenze, quando la colpa è del Gioco stesso?
I media rappresentano la realtà, ma lo fanno filtrando quello che fa comodo a loro. È come assaggiare un dado da brodo e credere che quello sia il gusto del brodo. Quello che viene offerto dai media è un concentrato di realtà il cui gusto non corrisponde a quello della realtà stessa. Eppure l'effetto è questo - l'amplificazione - e, a dispetto delle proteste e di tutte le possibili autocritiche, è inutile dire che non è giusto. Che è uno schifo. Che la TV del dolore è scandalosa perché strumentalizza la tragedia a scopo di lucro. In realtà tutto quello cui si assiste è solo la conseguenza delle regole del Gioco di quest'epoca, regole globali, che nel corso degli ultimi decenni sono emerse in maniera naturale da questo modello di società, esattamente come una coscienza può emergere da un'intelligenza artificiale. Se dunque vi scandalizzate della televisione, dei media e dei loro spettacoli, allora dovreste scandalizzarvi prima di tutto di tutte le regole del Gioco che fanno sì che quelle manifestazioni conquistino l'attributo di normalità.
Insomma, da quassù sto maturando sempre più la convinzione che anche questa faccenda stia acquisendo lo status di luogo comune, di bandiera da sventolare per sentirsi migliori. L'ennesima ipocrisia liofilizzata e sponsorizzata. D'altro canto voi siete gli Utenti, ovvero uno dei quattro soggetti necessari affinché il Gioco esista, quindi sarebbe sufficiente il vostro agire per farlo crollare. Sarebbe la più grande rivoluzione non violenta della storia. Ma non credo che ce la farete mai perché, anche se non lo ammetterete mai, questo Gioco vi piace troppo.
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