Del Matteo, il Magnifico, e della conversione di Eugenio Scalfari

Creato il 02 marzo 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

di Giuseppe Leuzzi. “Quant’è bella giovinezza\ che si fugge tuttavia,\ chi vuol essere lieto sia\ di doman non c’è certezza”. È un inno alla giovinezza, che Scalfari tesse su “Repubblica”, dove identifica Renzi con Lorenzo il Magnifico? O insinua il dubbio, come era solito non fidandosi del Rottamatore? Non c’è dubbio, è una lode. E non della giovinezza ma del giovane Renzi – perfino più del Magnifico, che morì a 43 anni.
Sdilinquirsi per Renzi si può, avrà il suo fascino. Se non che a Scalfari è sempre stato indigesto. Anche trasformarsi: è meglio che perire – e non siamo qui tutti a celebrare la fenice, che splendida invenzione? Ma c’è modo e modo, e quello di Scalfari mette a disagio. È anche bene ricredersi, se ci sono ragioni valide. Scalfari né si ricrede né dà ragioni valide. Anzi, ne trova solo di non valide: confusione, vaghezza, superficialità, seppure condite da entusiasmo.

È uno sberleffo, scritto in forma di elogio? E perché – non lo capisce nessuno? No, sembra una retractatio, di quelle che sottoscrivevano i reprobi dopo il carcere duro, i Campanella. Ma qui nessuno ha tenuto Scalfari in ceppi – non che si sappia. No, è una conversione: la fede è cieca.

Featured image, il mitico Eugenio Scalfari quando era deputato.


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