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Ma, dicevo, l'animalier ce l'avete presente? Ecco, c'è animalier e animalier, anche se io nutro antipatia anche per il giusto animalier. Quando trovate l'animalier più brutto e coatto che possiate immaginare, quella fantasia tipo ghepardo ma con sfondo lilla e macchie rosa, ad esempio, non vi trovate a guardare l'oggetto in questione con insistenza, come se ne foste ipnotizzati? Pensateci. Addirittura vi avvicinate al capo d'abbigliamento mostruoso, lo guardate per osservarlo meglio, lo toccate persino. Ecco, questo, signori miei, è il grandissimo potere del brutto. Sì sì, è il fascino che il brutto ha sulla gente dotata di buonsenso. Proprio quel tipo di fascino che vi fa domandare come sia possibile la contemporanea esistenza di entrambi, voi e l'oggetto muccato rosa shocking, sulla Terra.
E con me, che sono una persona sensibile e dal cuore puro, questo stesso potere ce lo hanno anche i libri. Sono una debole e, per questo, nella lotta – ìmpari mi tocca dire – vince il libro brutto. A quel punto devo necessariamente procurarmelo per approfondire, per capire veramente il motivo per cui entrambi ci troviamo su questo pianeta.
Confesso: a volte li ho anche comprati in libreria – mi riferisco a una libreria fisica e non a uno store online – consapevole che lo sguardo del cassiere che mi chiedeva se desiderassi una busta celava un messaggio, una sorta di consiglio quasi: "non vorrai mica mostrare al mondo che hai appena comprato Uno splendido disastro, vero?". Sì comunque, per chi se lo stesse chiedendo, state pure tranquilli, quando compro lammèrda la nascondo accuratamente. Anni e anni di esperienza nel leggere libri brutti mi hanno fatto affinare la tecnica. Così adesso uso diversi espedienti per non mostrare ciò che leggo, complice la mia fobia per il libro rovinato (anche solo in una delle sue parti) che mi porta a foderare i libri con la scusa, inutile peraltro, che altrimenti si rovina la cover. La follia mi ha portato a comprare anche le fodere di stoffa, ma qui apriremmo un altro capitolo, quello sul mio essere ossessiva compulsiva per quanto riguarda tutte le cose stupide che possono venirvi in mente e quindi... tralasciamo. Dicevamo, il fascino del brutto. Sono contro lo snobismo a prescindere, quello immotivato e supponente, da qualche parte l'ho già scritto, credo. Certo, i miei due mantra sono e per sempre saranno "non l'ho letto e non mi piace" (che applico con molta de lammèrda che si trova in libreria, ché altrimenti davvero sarei sommersa di libri orrendi) e "una risposta a caso non si nega a nessuno" (che applico più o meno sempre, soprattutto con la vecchia – madreh – e 3/4 della gente che mi rivolge la parola alla fermata dell'autobus). Sebbene mi attacchi con molta forza al "non l'ho letto e non mi piace", lo snobismo non fa parte del mio essere Nereia. Capita, quindi, che prima di esprimere un qualsivoglia giudizio, io mi lasci convincere dalle circostanze e da una buona dose di coraggio a leggere, assaggiare, toccare qualcosa prima di dire che mi fa veramente ribrezzo. Questo, più o meno, è ciò che filosoficamente ciarlando si nasconde dietro la scelta di non escludere a priori. Ovviamente, però, non si può trattare solo di questo. Perché una volta letto il primo libro appartenente al genere lammèrda è pressappoco inutile leggerne altri, sai già che non ti piaceranno. Un po' come le cozze, no? Se non ti piacciono nelle linguine allo scoglio, inutile prendere il sautè. Giuro, quando l'ho pensata questa frase suonava meglio nel mio cervello... ma, comunque, il senso è chiaro.È a questo punto, infatti, che entra in gioco – con prepotenza – il sadismo, accompagnato dall'ironia. Il sadismo fa di me una brutta persona, lo so. Ma il piacere che provo quando leggo frasi scritte male o tradotte male, punteggiatura lanciata all'interno del testo in modo così creativo che manco i coriandoli a Carnevale, personaggi così piatti da risultare bidimensionali, trame che La settimana enigmistica ha più cose da raccontare è impagabile. E inspiegabile, me ne rendo conto.
Che posso farci se leggendo il finto lirismo di Cassandra Clare a me viene da ridere? Che posso farci se leggere e poi parlare – malino, male o malissimo dipende dalla bruttura del libro – dei romanzi (??) di Jamie McGuire et similia mi diverte? Non giudicatemi, c'è chi si diverte guardando i cavalli correre! Che vi pensate che sia una cosa che diverte più di ridere fino alle lacrime della Armentrout? Non so voi, ma io non ho mai visto la gente all'ippodromo che si lascia andare a irrefrenabili e grasse risate. Invece ho visto gente, oltre a me s'intende, ridere di romanzi brutti.
E qui l'annosa questione: leggerli, d'accordo, potrebbe anche starci (anche se in tanti non comprenderanno il mio punto di vista), ma recensirli?
Innanzi tutto è bene precisare che sono dell'opinione, che potrà sembrare banale ed essere poco condivisa, che leggere non debba necessariamente essere sinonimo di studiare. Mi spiego meglio. Io leggo perché mi rilassa e mi diverte, soprattutto. Leggere solo trattati di psicologia, per quanto possa interessarmi l'argomento, non equivale a divertirsi o rilassarsi. Certo, non leggo sempre e solo idiozie, qualche saggio o manuale l'ho letto anche io, però preferisco la narrativa. Questo vuol dire che nella mia libreria non troverete solo libri "importanti", ma anche romanzi che non hanno la pretesa di cambiare le sorti del mondo (per intendenderci, non c'è solo ciò che è considerato letteratura).
Alla base di tutto, dunque, c'è il diletto. Diletto che mi porta a leggere i libri brutti e poi, perché no, a parlarne anche. Non ci trovo niente di male. Questo luogo, questo blog, non è niente altro che casa mia. Ogni mio post è una chiacchierata davanti a un caffè, su una panchina, seduti al tavolo della cucina. Nulla è serio qui dentro, come non lo sono io. Ogni post che ho scritto su questo blog, che sta in piedi ormai da tre anni... Ebbene, ogni cosa scritta qui mi rappresenta, è una finestra aperta sulla mia persona, sul mio modo di essere. Non cerco di apparire migliore di quello che sono nella realtà, sono esattamente così come la Nereia che scrive. Quindi, dato che chi mi conosce sa che leggo i libri brutti e ne rido, è bene che lo sappia anche chi mi legge.
E, dato che siamo in clima di confessioni, approfitto dell'evidente stato confusionale in cui mi trovo per dirvi che, questo Natale, ho inserito una sola voce nella mia lista dei buoni propositi per il 2015: da Gennaio dedicherò ai libri brutti la giusta attenzione, l'attenzione e la dedizione che si meritano.
È un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo e io, in fondo, ho una naturale propensione per il brutto.
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