Magazine

Del Sublime (Pseudo Longino)

Creato il 05 giugno 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua

L' ars dicendi, quella particolare attitudine all'espressione, l'abilità nella comunicazione è un dono innato o esistono tecniche per esercitarla e corroborarla? L'opinione dell'anonimo autore del trattato Del Sublime (quasi certamente databile al I sec. d.C.), a lungo confuso con il filosofo e retore Cassio Longino[1], è rassicurante: la capacità di suscitare il sentimento del sublime è in parte frutto di un talento naturale, in parte risultato di uno studio attento delle vette espressive raggiunte dagli autori del passato: un misto fra dono e tecnica. Mi sento di condividere queste osservazioni, e gli argomenti apportati dal misterioso autore che si cela dietro a questo straordinario esemplare di critica letteraria non fanno che rendermi certa della necessità della compenetrazione dei due aspetti nella formazione di un buon comunicatore.

Del Sublime (Pseudo Longino)


Solo ieri mi occupavo del problema dell'attualizzazione dell'antichità, un tema che, come vi sarà parso evidente, mi è molto caro, sia per 'deformazione professionale', che per l'oggettiva constatazione che molto di quanto detto nell'antichità potrebbe ancora oggi essere un valido punto di riferimento in molte categorie di azione e di pensiero. Se mi venisse chiesto: "Quale potrebbe essere la funzione attuale del trattato Del Sublime?", risponderei senza dubbio che si tratta di un testo che qualsiasi aspirante comunicatore (dallo scrittore all'avvocato, dal giornalista al pubblicitario) dovrebbe conoscere.
Dato che, probabilmente, sto già passando per una maniaca dell'antichità pronta a venerare qualsiasi cosa provenga dal passato (ma vi garantisco che so pormi dei limiti), affiderò la dimostrazione delle mie parole allo stesso autore, citandovi i passi che ritengo più significativi.
Riassumo la tesi di fondo del trattato, che è rivolto principalmente agli oratori, ma che, più in generale, poiché richiama esempi espressivi tratti anche da testi poetici, storici e filosofici, è indirizzato a chiunque desideri perfezionare la propria vis comunicativa.

Alla base della possibilità di trascinare l'ascoltatore (o il lettore) c'è la capacità di suscitare in lui il sentimento del sublime, definito come l'eco di un alto sentire (traduzione del greco μεγαλοφροσύνης ἀπήχημα), di trasportarlo, insomma, attraverso gli artifici della parola, da simulare con eleganza e naturalezza, e muoverlo ad un comune stato di pensiero, provocando in lui un intenso flusso di passioni e una forte fascinazione.

Non è forse questo che cerca di fare ogni comunicatore? Per esserne capaci, però, occorrono delle regole, e queste vanno conosciute attraverso lo studio e ed esercitate continuamente per sapere come servirsene - ma anche in quale misura, all'occorrenza, trasgredirle - per rendere efficace un messaggio.
Ma veniamo alle parole dell'autore, riguardo alle quali sono curiosa di conoscere le vostre opinioni.Una prima considerazione muove dagli eccessi stilistici, dalla sostenutezza gonfia e pesante all'eccessiva semplicità; sarà capitato anche a voi di leggere o ascoltare un intervento il cui tenore stilistico risultava eccessivamente magniloquente o, all'altro estremo, infantile, poco curato, eccessivamente semplificato; ebbene, questo difetto era già evidenziato nel libello:

"Lo stile turgido appare essere fra gli errori più difficili da evitare. È naturale, infatti, che tutti quelli che mirano alla grandezza, tenendosi alla larga dall'accusa di uno stile fragile e arido, vengano trascinati, non so come, a codesta gonfiezza, convinti che '"lo scivolare da grandi altezze è malgrado tutto un nobile errore". [...] Lo stile adolescenziale, al contrario, punta diretto all'opposto della grandezza. [...] Scivola in questa forma chi, puntando al prezioso, all'elaborato e alla piacevolezza, va ad arenarsi nella minutaglia e nel cattivo gusto."[2]

Un passo fondamentale è quello della definizione degli atteggiamenti attraverso cui si può raggiungere, nell'espressione, il sublime. Qui vengono elencate le modalità attraverso le quali raggiungere i più alti traguardi nella comunicazione. Non occorrono specifiche conoscenze retoriche per rendersi conto che, in fondo, si tratta delle regole che ci sono state insegnate a scuola e che si trovano in qualsiasi manuale di scrittura:

"Si può dire che ci siano cinque fonti particolarmente atte a generare lo stile sublime[...]: la prima e la più importante consiste nel puntare a pensieri elevati, la seconda è un atteggiamento passionale, vigoroso e pieno di entusiasmo. [...] Le altre sono: una competenza qualificata nel creare le figure di pensiero e di parola, un nobile modo di esprimersi e la collocazione delle parole su di un registro dignitoso ed elevato." [3]

Un discorso terso e capace di trascinare deve essere dunque nutrito di una tecnica raffinata che, però, non deve lasciar intravedere lo sforzo compositivo, la complessità delle figure retoriche: il pathos deve nascere, per così dire, dalla naturalizzazione dell'artificio:

"È allora che l'arte è perfetta, quando sembra esser natura; mentre la natura raggiunge il suo scopo quando presuppone l'arte senza che ce ne accorgiamo."[4]

Infine, dopo aver trattato nello specifico l'uso di alcune figure retoriche, rafforzando le proprie tesi con eccellenti esempi tratti da Omero, Platone, Demostene e tanti altri autori greci, riguardo all'armonia delle parti nella totalità dell'espressione, l'autore si avvia alla conclusione richiamando la necessità di amalgamare ogni parte nella totalità dell'atto comunicativo:

"Ma quel che nel discorso - non diversamente da quanto accade per il corpo - contribuisce in modo particolare alla grandezza è la connessione delle membra: prese una a una e isolate dal resto, di per sé sono prive di valore significativo, mentre tutte quante, ordinate in un insieme, costituiscono un sistema compiuto. Così le espressioni elevate, in questo e in quel luogo isolate le une dalle altre, si portano via, disperdendolo, anche il sublime; ma una volta riunite in un sol corpo, e rinsaldate dai legami dell'armonia, acquistano di sonorità per il giro stesso della frase; e nel periodo la grandezza è la somma di un fitto numero di contributi." [5]

Cosa pensate riguardo ai precetti del nostro misterioso autore?

C.M.

NOTE:
[1] I manoscritti hanno a lungo tramandato l'ipotesi dell'attribuzione a Dionisio Cassio Longino (sulla base del titolo assegnato all'opera nel XVI secolo dal primo editore, Francesco Robortello), per poi rivelare, sulla base del confronto con le fonti indirette, una paternità di Dionigi di Alicarnasso o di Cassio Longino. I filologi, però, riconoscono universalmente l'erronea attribuzione e, addirittura, la possibilità che il Longino a lungo citato non fosse affatto il Cassio Longino cui si pensava inizialmente.
[2] Del Sublime, cap. III. La traduzione è di Francesco Donati.
[3] Ibid. cap. VIII.
[4] Ibid. cap. XII.
[5] Ibid. cap. XL.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog